Red Canzian, pillole di vita di un ex Pooh
Fonte: DM Produzioni

Aver fatto quasi sessant’anni di storia della musica italiana e musical, molti dei quali sbarcati anche oltreoceano, a Red Canzian non risulta sufficiente, non basta alla propria autostima, non basta al proprio humour, non basta per sentirsi soddisfatto appieno.

Ciò che veramente occorre è mettersi a nudo, senza censure, senza la paura di essere giudicato, raccontare e raccontarsi, svelando i segreti più reconditi della propria duratura carriera e della propria persona.

L’umorismo e la simpatia del celebre musicista, ex Pooh, traspaiono in questa intervista in cui ha parlato di sé, con estrema disinvoltura e sincerità, e delle proprie opinioni riguardo un mondo, quello della musica che, fin da lunghissimo tempo, sente suo.

Come hai iniziato la tua carriera, che tu stesso definisci sconsiderata?

«La voglia di fare musica è stata fin da sempre dentro di me, diciamo che è venuta fuori quando, in tenera età, una bambina aveva fatto ascoltare a un Red Canzian in miniatura un CD degli allora esordienti Beatles; me ne sono innamorato, decisi che la mia vita sarebbe stata fare canzoni. All’inizio, non avendo di che vivere e poca esperienza alle spalle, cominciai a suonare la chitarra in un complesso musicale trevigiano formato da amici di infanzia, i Prototipi. Successivamente, a causa del servizio di leva, alcuni componenti della band, con la quale avevo inciso il mio primo disco, sono stati costretti a lasciare il gruppo. È nel lontano 1973, a seguito dell’abbandono di Riccardo Fogli, che è iniziata la mia avventura con i Pooh. Ancora oggi mi chiedo, per quale motivo abbiamo scelto proprio me, visto che, prima di allora, non avevo mai imbracciato un basso.»

Come era la generazione della quale fanno parte Roby Facchinetti, Dodi Battaglia, Red Canzian e Stefano D’Orazio? Quali erano gli ideali dei Pooh?

«La nostra era una generazione di curiosi, generazione che si affacciava a qualcosa che non c’era, la categoria “giovane” prima non esisteva. I genitori avevano perso la guerra, avevano creduto ad illusioni lontane che, col passare del tempo, sono diventate delusioni. Era cambiato il modo di raccontare la vita, non più attraverso storie, ma attraverso le canzoni e la ribellione. La musica stessa, che faceva dire ai nostri genitori “cos’è ‘sto rumore?”, era il segno di un qualcosa che si era rotto, che un divario generazionale stava iniziando. I giovani, da che non esistevano, erano diventati una categoria sociale, era tutto fatto per e dai giovani; tuttavia, nessuno ci spiegava come si doveva fare; abbiamo fatto tutto da soli, si osava tutto.»

Red, qual è il tuo parere in merito le generazioni odierne? Credi che prevalga ancora la facoltà di saper osare?

«Oggigiorno prima si diventa popolari, poi bravi. Nessuno ti mette veramente alla prova, tutto è ingigantito dai mass media. Prima mica c’era la comunicazione che c’è oggi, solo le radio che andavano giorno e notte; per il resto, c’era da alzarsi le maniche da sé.»

Quindi, secondo l’opinione di Red Canzian, prima bisogna ottenere popolarità, poi si può cercare di essere se stessi?

«Esattamente! È lo stesso principio con cui si va al Grande Fratello: ce ne ricordiamo cinque di persone famose di tutte quelle passate sul teleschermo. Ripeto: prima raggiungi la popolarità, poi fai vedere se sai fare qualcosa. Il grande giocattolo della televisione, oggi, cerca uomini e donne d’appeal, uomini e donne fatti su misura. La cosa drammatica è che, poi, quando finisce il sogno i ragazzi non tornano più ad essere quelli di prima, non riprendono la loro vita. Purtroppo, una cultura sbagliata come la nostra dà spazio all’apparenza, non alla sostanza.»

Red, tu che ha vissuto il celebre “Sessantotto”, anno della ribellione e della rivoluzione, cosa ne pensi di continuare a portare la politica e la satira in contesti inerenti il mondo della musica e dello spettacolo?

«A mio parere, la satira non è rendere ironico ciò che è politico, la satira è essa stessa politica! I politici sono satirici, sono già comici di loro, più di Pulcinella. Si è verificata, ahimé, in questo Paese, una contaminazione tra mediocrità e sensibilità; il che porta ad orientarti da una parte all’altra. Qui in Italia abbiamo un problema di realismo, la verità è spacciata in maniera comica. Coloro che fanno satira non dicono cose molto diverse da quelle che dicono i politici. È facile affermare che tutto è bello, il problema sta nel pensare realmente ad un’alternativa, a non buttarsi nel populismo. La mia generazione ha sbagliato per prima perché voleva cambiare il mondo, ma lo ha solo distrutto. Ora, anche se in maniera più lieve, stiamo andando di pari passo.

Cosa possiamo ancora aspettarci da Red Canzian?

«Diciamo che, tuttora, ho l’incoscienza di osare, avventatezza che mi ha sempre contraddistinto. Finché potrò, continuerò ad osare, arricchendo, giorno per giorno, la mia vita sconsiderata!»

Vincenzo Nicoletti

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