Wyclif (o Wycliffe), John in "Dizionario di filosofia" - Treccani - Treccani

Wyclif (o Wycliffe), John

Dizionario di filosofia (2009)

Wyclif (o Wycliffe), John Teologo, pensatore e riformatore inglese (Hipswell o Wiclif, 1330 ca


Lutterworth 1384).

La vita e l’opera di riformatore

Originario dello Yorkshire, entrato nell’ordine dei francescani, divenne junior fellow nel 1356 nel Merton College di Oxford; acquisito nel 1360 il grado di magister artium, fu master del Balliol College, e nel 1361 rettore della parrocchia di Fillingham nel ­Lincolnshire. Nel 1363 intraprese gli studi di teologia nel Queen’s College. Nominato nel 1365 guardian del Canterbury Hall dall’arcivescovo di Canterbury Simon Islip, dopo la morte di questi, avvenuta nel 1366, venne allontanato (nel 1370) dal successore, il monaco benedettino Simon Langham. Tornato a Oxford, vi acquisì il titolo di dottore in teologia nel 1372-73 con la dissertazione De benedicta incarnacione, commento alla trattazione dell’incarnazione di Pietro Lombardo. Peculiaris clericus del re Edoardo III (ossia scrivano al suo servizio) già verso la fine degli anni Sessanta, si adoperò negli anni 1374-77 a Londra per la difesa del primato del potere civile contro i diritti di tassazione e di concessione detenuti dalla Chiesa, provocando la condanna nel 1377, da parte del papa Gregorio XI, di 18 sue proposizioni. Risalgono agli anni 1373-76 le sue opere De dominio divino, De civili dominio, De mandatis divinis, De statu innocentiae. Protetto dalla corona, particolarmente da Giovanni di Gand, figlio di Edoardo III, tornò alla fine del 1377 a Oxford, dove compose gli scritti De veritate Sacrae Scripturae (1377-78), De ecclesia (1378-79), De officio pastorali (1379), De officio regis (1379), De potestate Papae (1379), De eucharistia (1380), e promosse il ritorno della Chiesa alla povertà e semplicità originarie. Difese la lettura diretta da parte di ogni credente del testo biblico tradotto nelle lingue volgari, la disobbedienza all’autorità ecclesiastica nel caso di indegnità di questa, un’interpretazione dell’eucarestia che nega in essa la transustanziazione del pane in corpo di Cristo dopo la consacrazione. Nel 1381 tale interpretazione venne condannata da una commissione nominata dal cancelliere dell’univ. di Oxford William Barton. A questa condanna seguì nel 1382 la condanna di tesi di W. giudicate erronee da parte dei domenicani londinesi. W. fu inoltre considerato l’ispiratore di una rivolta di contadini, avvenuta nella primavera del 1381, violentemente repressa. Nell’ottobre 1381 si ritirò in Lutterworth dove attese ad altre sue opere di tono antimonastico e ­antigerarchico, a commenti della Scrittura, a modelli di prediche.

Il pensiero

Nei testi filosofici e teologici composti negli anni Sessanta, W., richiamandosi all’agostinismo (tendenza diffusa nell’Università di Oxford) contro l’empirismo di Guglielmo di Occam, sostiene la realtà degli universali: questi non sono soltanto concetti o parole, ma idee che hanno un’esistenza reale al di là della coscienza umana; le idee, provenienti da Dio, si manifestano nelle cose concrete e attraverso le idee, gradualmente, dalla più bassa alla più alta, l’uomo giunge fino allo spirito divino. Negli anni Settanta, nel suo commento alla Bibbia e in De veritate Sacrae Scripturae, W. afferma di aver scoperto tale realismo meditando sui testi biblici, i cui insegnamenti, compresi però soltanto da coloro che si avvicinano a essi con umiltà e pronti all’espiazione, sono eterni: questi testi contengono anche le regole della grammatica e della logica alle quali la mente umana dovrebbe obbedire. Ispirato appunto dal realismo degli universali, W. oppone, negli scritti degli anni Ottanta, una Chiesa ideale di coloro che sono destinati alla salvezza alla Chiesa che è nella storia: il rapporto tra i singoli e Dio, essendo immediato, non ha bisogno di un clero che funga da mediatore; tuttavia, la Chiesa può esercitare una funzione di mediazione se, come ai tempi di Gesù e degli apostoli, si libera di ogni ricchezza e potere mondano, a essa concessi nel 4° sec. da Costantino. A questa epoca W. fissa la datazione della decadenza dell’istituzione ecclesiastica, che può essere arrestata solo da una ripresa dei temi e dei motivi presenti nei Vangeli.

La ricezione

Dopo la sua morte W. fu con sempre maggiore veemenza accusato di eresia, dapprima in Inghilterra (il re Riccardo II stabilì nel 1395 una commissione che condannò alcune sue tesi; nel 1407 l’arcivescovo di Canterbury Thomas Arundel diede ordine alle università di far esaminare i suoi scritti prima di permetterne la lettura; nel 1411 alcune sue opere furono bruciate a Londra); poi a Praga (furono condannate 45 sue tesi nel 1403); a Roma (il Concilio del 1412 proibì il possesso e la lettura dei suoi libri); a Costanza (il Concilio che condannò Hus, suo seguace, al rogo nel 1415 condannò anche W.: le sue ossa furono riesumate nel 1428 in Lutterworth, bruciate e disperse). Da lui trassero forza, nella seconda metà del 15° sec. e nella prima metà del 16° sec., in Inghilterra, il movimento dei lollardi e la Riforma promossa da Enrico VIII; in Germania la Riforma di Lutero. Nei secc. 19° e 20° gli studi sulla figura e gli scritti di W. sono stati condotti anche da un punto di vista storico-filologico e storico-religioso: la Wyclif Society ha pubblicato negli anni 1884-1922 la sua intera opera, in 35 voll., e vari autori hanno ricostruito la sua biografia e il suo tempo.

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