La mummia di Similaun ci parla attraverso un romanzo - Famiglia Cristiana

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sabato 25 maggio 2024
 
libri
 

La mummia di Similaun ci parla attraverso un romanzo

08/05/2024  Risale a oltre 5 mila anni fa. Lo scrittore Piero Lotito ha voluto immaginarne la vita attraverso la trama romanzesca di una storia mozzafiato

Piero Lotito.
Piero Lotito.

Tutti conoscono la mummia di Similaun, il cadavere risalente a 5 mila anni fa rinvenuto nel 1991 ai piedi del monte altoatesino, a 3.213 metri, in condizioni straordinariamente integre, tali da svelare numerosi dettagli su com’era la vita degli uomini all’età del rame. Quel mucchietto di pelle e ossa di tredici chili è il reperto antropologico, oggi ospitato nel museo archeologico di Bolzano, meglio custodito e più studiato della storia dell’uomo. Ma l’essere umano non è solo costumi e abitudini: quel che mangiava, come cacciava, dove abitava, chi frequentava, di che utensili disponeva. C’è una sostanza immateriale, che è anche materia dei sogni – direbbe il Bardo – che nessuno scienziato può spiegare: paure, gioie, desideri, emozioni, rimpianti, affetti, amori. Ed è qui che subentra l’arte e la letteratura. Piero Lotito, giornalista e scrittore (La notte di Emil Vrana, San Paolo, il pugno immobile, Aragno, il recente Lo zio Aronne somigliava a Jean Gabin, Ares) nel suo ultimo romanzo Di freccia e di gelo (Mondadori) attraverso lo strumento del romanzo e della narrazione riempie di carne e sangue quel mucchietto di di 13 chili, ridandogli vita, quella vera, privilegio della finzione, immaginando la sua storia. Se è infatti vero che non c'è nulla di più romanzesco della realtà vale anche il contrario, non c'è nulla di più vero e realistico dell'immaginazione.

Una storia ancestrale di vento, gelo, neve quella di questo guerriero-cacciatore, ambientata in una natura anora selvaggia incastonata in paesaggi quasi lunari e solitari, a migliaia di metri di altitudine, tra cime impervie e arcigne, con scenari  popolati più da ombre pronte a manifestarsi come hobbit più che di esseri umani. Così come Otzi (il nome della mummia datogli dagli scienziati) maneggia abilmente arco e frecce, Lotito scocca gli aculei della narrazione attingendo a una notevole faretra di voci lessicali dalle precise sfumature. Chi lo ha conosciuto da cronista metropolitano della Milano tutta cemento, nebbia e onicidi noir (e che cronista) rimane sorpreso dalla capacità di descrizione di una natura ostile e incontaminata. Lotito ci porta dentro una trama lenta e al contempo avvincente, tra la neve e il fuoco, da assaporare come si gustano con la lingua i cristalli di ghiaccio, e a ogni pagina proviamo brividi di gelo lungo la schiena. Lettura gradevolissima e accattivante, direi indispensabile per tutti coloro che intendono visitare Otzi al museo di Bolzano: dopo aver letto Lotito chi scruterà dietro la teca di cristallo quella piccola grande mummia saprà esattamente (o quasi) chi si trova adavanti. E probabilmente inizierà a intrattenersi con lui, come se lo conoscesse da 5 mila anni, tra la sorpresa degli altri visitatori.

 

 
 
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