Hamas accetta il cessate il fuoco, Israele non si fida ma va a vedere. Tutto può succedere - HuffPost Italia

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Hamas accetta il cessate il fuoco, Israele non si fida ma va a vedere. Tutto può succedere

Prima l’ordine di evacuazione da parte dell’esercito israeliano a Rafah. Poi Hamas che annuncia di accettare la proposta di accordo egiziana. Quindi Israele che sostiene che quella proposta sia per lui “inaccettabile”, ma comunque decide di studiarla. Nel giorno della vigilia del settimo mese di guerra mediorientale, accade di tutto.

Le Forze di Difesa israeliane (Idf) cominciano ad evacuare i civili palestinesi che risiedono nell’area orientale di Rafah per prepararne la presa. Poi, proprio nel momento in cui l’accordo per il cessate il fuoco a Gaza sembra un miraggio, la milizia dice di aver accettato la proposta di accordo formulata dall’Egitto congiuntamente ad Israele, ma con alcune modifiche apportate successivamente. Proprio queste modifiche non andrebbero bene ad Israele, che parla di una proposta “inaccettabile”, ma poi, contraddicendo questa opinione, sostiene di voler analizzare la proposta di Hamas. Il primo ministro Benjamin Netanyahu e i ministri del gabinetto di guerra terranno stasera una consultazione telefonica dopo che la squadra negoziale avrà finito di esaminare la risposta di Hamas. Secondo il gabinetto di guerra l'ultima offerta di tregua di Hamas è "lontana dalle richieste ritenute fondamentali da Israele". Ma Israele invierà una delegazione per tenere colloqui con i mediatori nel tentativo di trovare un accordo che soddisfi le sue richieste. Anche il Dipartimento di Stato Usa annuncia che discuterà della proposta di Hamas con gli alleati nelle prossime ore. È la giornata che può portare ad una svolta nella guerra mediorientale - perché comunque Hamas ha accettato, per la prima volta da novembre, una proposta di accordo formulata da un mediatore. Ma è anche la giornata che potrebbe aprire ad una nuova fase di stallo nei colloqui per la tregua.

La milizia di Gaza stava studiando la proposta egiziana da giorni e solo pochi minuti fa sembrava la volesse respingere. L'agenzia di stampa del Qatar Al-Araby Al-Jadeed, non più di due ore fa, annunciava che la milizia aveva tutte le intenzioni di sospendere i negoziati. Mentre il Wall Street Journal rivelava che Hamas non aveva ancora confermato la presenza di una delegazione al Cairo, domani, per riprendere i colloqui. Poi in un totale ribaltamento di prospettiva, la milizia ha affermato che ora l’accordo è nelle mani di Israele. “Ora la palla passa nel campo di Israele” ha annunciato un alto responsabile di Hamas. "Attendiamo una risposta da Israele" ha confermato Basem Naim, dell'ufficio politico di Hamas. Non si conoscono ufficialmente i dettagli della tregua, ma una fonte della milizia  fa sapere che Hamas ha concordato un cessate il fuoco di sei settimane. 

Si fa strada ora l’ipotesi che l’ordine di evacuazione emanato dall’Idf stamane nella parte orientale di Rafah fosse davvero un atto strategico da parte israeliana per esercitare ulteriore pressione su Hamas e ottenere altre concessioni in vista di un accordo. D’altronde Israele ha fatto capire che l’operazione potrebbe cominciare nel giro di breve tempo, ma non l’ha ancora iniziata. I tank israeliani sono raggruppati al confine di Rafah, mentre l’Egitto rinforza le difese di sicurezza. Insomma, l’operazione è incombente, ma potrebbe anche non essere messa in atto, nonostante sia arrivata l’approvazione da parte del gabinetto di guerra israeliano. Dopo l'annuncio che Hamas ha accettato la proposta di cessate il fuoco, ci sono state scene di giubilo e spari in aria a Rafah, come ha riferito un corrispondente sul posto. "La gente piange di gioia, ringrazia Allah e spara in aria per festeggiare”.

È altrettanto probabile che Israele, invece, voglia veramente intraprendere l’operazione a Rafah nel giro di breve tempo. Israele fa sapere infatti che sta studiando la proposta, ma che intanto intende entrare a Rafah. "Il gabinetto di guerra israeliano ha deciso all'unanimità di andare avanti con l'operazione a Rafah per esercitare pressioni militari su Hamas con l'obiettivo di fare progressi nella liberazione degli ostaggi e per altri obiettivi di guerra" ha sottolineato in una nota l'ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu, secondo quanto riportano i media dello Stato ebraico. "Anche con i recenti sviluppi, Israele si sta preparando alla possibilità dell'operazione di terra a Rafah" ha detto il portavoce militare Daniel Hagari. 

Il presidente degli Usa Joe Biden, a soli dieci giorni dall’ultima telefonata con il premier israeliano, richiama il primo ministro dell’alleato mediorientale - un colloquio a sorpresa di circa 30 minuti, ma in una giornata simbolo per Israele, lo “Yom HaShoah”, il Giorno della Memoria dell’Olocausto - per redarguirlo su Rafah. Il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby fa sapere che l'ok di Hamas alla proposta egiziana è arrivato proprio dopo la telefonata tra Biden e Netanyahu. Hamas dice di aver accettato dopo aver saputo dai mediatori che gli Usa si fanno garanti dell'attuazione dell'accordo. 

. L’Egitto - che tra l’altro sta rinforzando la linea di confine con la Striscia per evitare l’esodo nelle sue terre di milioni di palestinesi - lancia un appello a Israele affinché mantenga il massimo della moderazione ed eviti un’ulteriore escalation, e chiede ad Hamas che una sua delegazione domani sia al Cairo per negoziare. Urge ricordare che Hamas oggi ha accettato la proposta di accordo formulata dall’Egitto, ma solo ieri ha lanciato un pesantissimo attacco contro le Forze armate israeliane al valico di Kerem Shalom. Un attacco che ha provocato la morte di ben tre soldati israeliani, mentre nove militari sono rimasti feriti da colpi di mortaio. E secondo i mediatori questo attacco ha fatto allontanare Israele dall’ipotesi di concedere un cessate il fuoco prolungato nella Striscia di Gaza.

Quello che si evidenzia altresì nella giornata di oggi è un’enorme frattura in quei legami diplomatici che ancora, fino ad ora, nonostante tutto, si reggevano in piedi. Gli Usa, per la prima volta dal 7 ottobre, pochi giorni fa hanno bloccato una spedizione di armi destinata all’esercito israeliano, con tutta probabilità proprio perché si aspettavano che Israele avrebbe cominciato di lì a poco l’operazione a Rafah. Il Consiglio per la sicurezza nazionale americana ha precisato che "la politica di sostegno ad Israele non cambia”, ma è evidente che Biden, sotto la pressione delle enormi proteste contro Israele nelle principali università americane, sta cercando di dare un segnale. E il segnale, assolutamente nuovo, è che gli Usa non solo non sono più disposti a sostenere diplomaticamente Israele a tutti i costi e in qualsiasi condizione, ma potrebbero anche non sostenerlo più dal punto di vista militare. Si tratta di un enorme cambio di paradigma.

La telefonata tra Biden e Netanyahu di oggi, in occasione del “Giorno della Memoria dell’Olocausto”, è la chiara rappresentazione della grande difficoltà vissuta dal leader Usa. Biden ha sì sottolineato a Netanyahu l’impegno comune nella lotta contro l’antisemitismo, ma ha ribadito, per l’ennesima volta, che la sua posizione su Rafah è “chiara” e che non cambierà mai. Ha detto che il cessate il fuoco è il modo migliore per proteggere la vita degli ostaggi. Da Netanyahu però Biden non ha ricevuto alcuna rassicurazione su Rafah. Il premier israeliano ha unicamente assicurato a Biden che riaprirà il valico di Kerem Shalom, il principale valico per il passaggio degli aiuti umanitari israeliani nella Striscia di Gaza, chiuso ieri da Israele dopo che è stato preso di mira dai razzi lanciati da Hamas.

Gli Usa ora si trovano di fronte ad un’operazione diplomatica, se possibile, ancora più complessa rispetto al passato. Perché devono convincere Israele ad accettare una proposta di accordo che di fatto era già stata accettata, nei suoi termini iniziali, dall’alleato mediorientale e che ora Israele deve accettare anche per non risultare, agli occhi della comunità internazionale, come l’attore che non vuole un accordo che porti alla fine della guerra. Come sottolinea il Wall Street Journal, per gran parte delle ultime due settimane, gli Stati Uniti hanno dipinto Hamas come un ostacolo ad un accordo. E invece ora potrebbe diventarlo Israele. Il capo della Cia Bill Burns stasera arriva in Israele per parlare proprio di questo con il capo del Mossad David Barnea e soprattutto con Netanyahu. Intanto migliaia di sfollati stanno fuggendo da Rafah per il timore che presto Israele possa far entrare i suoi carri armati. Tutto può succedere, niente può succedere. 

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