Un film sul cinema: "La finestra sul cortile" di Alfred Hitchcock (l'analisi)

Un film sul cinema: “La finestra sul cortile” di Alfred Hitchcock (l’analisi)

Come dice Francois Truffaut, ma non è l’unico ad affermarlo, La finestra sul cortile “è un film sul cinema”, ed aggiungerei che ci parla della visione cinematografica e del suo spettatore ideale.

Nella famosa e lunghissima intervista con Truffaut, divenuta libro col titolo Il cinema secondo Hitchcock, il maestro del brivido descrive il suo film con queste parole: “Abbiamo l’uomo immobile che guarda fuori. È una parte del film. La seconda parte mostra ciò che vede e la terza la sua reazione. Questa successione rappresenta quella che conosciamo come la più pura espressione dell’idea cinematografica”.

La femminista Laura Mulvey e il famoso teorico Christian Metz hanno analizzato, nei loro studi, il processo dell’identificazione spettatoriale e, soprattutto Metz, ha paragonato lo spettatore cinematografico a due tipologie: il sognatore e il voyeur. Tralasciando la prima categoria, che in questo caso non ci interessa, ci soffermiamo invece sulla seconda: quella del voyeur.

La finestra sul cortile potrebbe essere, sicuramente lo è, una metafora dello sguardo spettatoriale all’interno dell’inquadratura cinematografica e quindi uno sguardo sul suo contenuto filmico, il piacere visivo che ci viene dato dalla visione spettatoriale ha delle affinità con il voyeur che spia attraverso il buco della serratura. Questo piacere per il voyeur è dato dal fatto che lui può introdursi indisturbatamente nell’intimità dei suoi oggetti dello sguardo e quindi oggetti del proprio desiderio. Il fatto che ad egli non venga restituito lo sguardo dall’oggetto del desiderio e quindi non venga guardato e scoperto, e il fatto che tra di loro ci sia una distanza “di sicurezza” che permette ciò, sono due fattori fondamentali per il soddisfacimento del proprio piacere sessuale. Niente di diverso da quello che accade a Jeff (James Stewart), che con il suo binocolo osserva indisturbato e da lontano, dalla sicurezza della propria abitazione, gli inquilini negli appartamenti del palazzo di fronte. Questo binocolo rafforza la sua figura di voyeur prolungando il suo sguardo fin dentro gli appartamenti, essendo quindi una chiara metafora dell’effetto “buco della serratura” che caratterizza proprio il voyeur. Non bisogna dimenticare poi che il protagonista è un fotografo che a causa di un incidente è immobilizzato su una sedia a rotelle, come lo spettatore nella sua poltrona. Il fatto che sia un fotografo chiaramente punta maggiore enfasi sulla sua attitudine a guardare e ad osservare, rafforzando ancora il paragone con lo spettatore.

La finestra che dà sul cortile può essere vista quindi come uno schermo cinematografico (e questo viene confermato dalla sua forma rettangolare e lunga, anziché stretta ed alta come le più comuni finestre), dunque uno schermo dal quale lo spettatore Jeff guarda il suo film, o meglio i suoi film, nei diversi altri schermi rappresentati dalle finestre del palazzo di fronte. Hitchcock in questo modo anticipa anche la nascita dello split screen, tecnica con la quale lo schermo cinematografico o anche televisivo viene letteralmente diviso in più finestre per permettere allo spettatore di vedere diverse scene contemporaneamente e quindi favorendo la sua interattività. In un gioco di schermi dunque, o di finestre se si preferisce, lo spettatore del film non può che identificarsi con il protagonista Jeff, a sua volta spettatore di più film.

Trasportando il tutto sul piano del voyeur la finestra di Jeff può essere vista anche come una porta “chiusa” il cui buco della serratura è costituito dal binocolo del protagonista, che, proprio come il buco gli permette di vedere nei minimi particolari le cose che accadono negli appartamenti di fronte senza essere visto. Questo però fino a un certo punto, fino al momento in cui Lars Thorwald, l’assassino, ricambia il suo sguardo e si accorge di essere guardato. In quel momento si ha l’interruzione del piacere voyeuristico e viene scatenato un sentimento di terrore perché il fatto di essere visto dall’attore del suo film per lo spettatore Jeff significa che l’oggetto guardato adesso, e mai prima, ha la possibilità di annullare la distanza, scavalcando l’inquadratura e andando ad ucciderlo. Quando Thorwald arriva in casa sua, il buio della stanza ci suggerisce che quella simboleggia la sala cinematografica, e non è un caso che il nostro Jeff si difenda abbagliandolo con dei colpi di flash, proprio perché il suo sguardo ricambiato è l’unica cosa che gli ha consentito di entrare in casa di Jeff. Il finale ironico, con adesso non una ma ben due gambe ingessate, ci dice che Jeff, nonostante abbia imparato la lezione, non smetterà di guardare e fotografare ma continuerà ad essere ancora metafora dello spettatore cinematografico. Infine scende il sipario sulla finestra-schermo suggerendo che lo spettacolo è finito.

Voto: 10