‘The apprentice’, il giovane Donald Trump e l’avvocato del diavolo: a Cannes l’ascesa rapace del miliardario e l’ombra nera del suo legale - la Repubblica

‘The apprentice’, il giovane Donald Trump e l’avvocato del diavolo: a Cannes l’ascesa rapace del miliardario e l’ombra nera del suo legale

Una scena dal film 'The apprentice'. Nella foto, Jeremy Strong e Sebastian Stan che interpreta Trump
Una scena dal film 'The apprentice'. Nella foto, Jeremy Strong e Sebastian Stan che interpreta Trump 

In concorso il film dell’iraniano Ali Abbasi che ripercorre gli inizi dell’ex presidente e soprattutto il rapporto con Roy Cohn, l’uomo che lo “creò”, a suon di ricatti e giochi sporchissimi

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CANNES — Regola numero 1: attaccare, attaccare, sempre attaccare. Regola numero 2: negare sempre tutto. Regola numero 3: mai ammettere la sconfitta. Anche se questo implica spedire una mandria di buzzurri a invadere Capitol Hill e a contestare la vittoria elettorale di Joe Biden. Le tre regole appena enunciate (la considerazione sulle elezioni americane è nostra) sono quelle che l’avvocato Roy Cohn, il legale più spregiudicato e corteggiato di New York, insegna a un giovane Donald Trump che gli ha chiesto aiuto per un progetto immobiliare realizzabile solo ottenendo sgravi fiscali mai visti nella storia d’America. E se il giudice che deve prendere questa decisione recalcitra, basterà tirar fuori alcune foto in cui se la spassa con dei ragazzini: Roy Cohn ha un sacco di trucchi nel suo repertorio, può ricattare chiunque in America da Nixon in giù. Cohn e Trump sono i protagonisti di The apprentice, in concorso a Cannes (li interpretano, magnificamente, Jeremy Strong e Sebastian Stan): si racconta in che modo un biondino dalla faccia tosta ha costruito mezza New York ed è diventato presidente degli Stati Uniti. È la storia, molto istruttiva, del “giovane Trump”.

Il cast di 'The apprentice' a Cannes
Il cast di 'The apprentice' a Cannes (afp)

Il titolo riprende quello del reality show andato in onda sulla Nbc dal 2004 in poi, e che per anni è stato condotto dallo stesso Trump. Era una sorta di “talent” per imprenditori: nessuno meglio di Trump poteva giudicarli — a condizione che il gioco fosse truccato. Perché quello che scopriamo vedendo il film è che Trump ha sempre giocato sporco: sia che si trattasse di convincere il sindaco Ed Koch a lasciargli costruire la Trump Tower, sia che si trattasse di corteggiare la bella modella Ivana, Trump ha sempre barato.

Bisogna ammettere che è stato uno dei più bravi, in questo sport. Ma ha avuto un grande maestro, Roy Cohn, sul quale sono stati realizzati numerosi documentari e reportage. In America il personaggio è famoso e famigerato. Nato nel 1927 e morto di Aids nel 1986, è stato nel 1951 (a 24 anni) il viceprocuratore federale nel processo che ha mandato i Rosenberg sulla sedia elettrica; e subito dopo, tra il ’53 e il ’54, è stato il consulente capo del senatore McCarthy nei giorni più feroci della caccia alle streghe. Ossessionato dai bei giovanotti e dai comunisti, ha praticamente “creato” Trump. Nel 1986, poco prima che morisse, è stato radiato dall’ordine degli avvocati per condotta non etica.

Vi sembra di averla già sentita, questa storia? Un imprenditore venuto (quasi) dal nulla che grazie ad avvocati rapaci e alle giuste conoscenze riesce prima a diventare il re dei palazzinari, e poi a governare un paese? Vedendo The apprentice si nota quanto la parabola di Trump somigli a quella di Berlusconi. E se in Italia un film come Loro, di Paolo Sorrentino, è oggi pressoché invisibile non dobbiamo stupirci se per realizzare The apprentice c’è voluto un regista iraniano che si chiama Ali Abbasi e che oggi vive in Danimarca, con passaporto danese. Abbasi è un esperto di Paesi poco democratici: in Iran su queste cose non si scherza, e qui a Cannes vedremo anche il film di un regista, Mohammad Rasoulof, che si è fatto anni di domiciliari e ora è riuscito a scappare dagli ayatollah in maniera rocambolesca.

Abbasi ha girato The apprentice grazie a una coproduzione tra Usa, Canada, Danimarca e Irlanda. Non sappiamo quale sarà il destino del film negli Stati Uniti. Sappiamo però che un film del genere ci pone domande impegnative sulla forza del cinema. Se il mondo fosse giusto, tutti i cittadini americani dovrebbero vederlo e Trump, in novembre, non prenderebbe nemmeno un voto. Invece Trump sarà molto probabilmente il prossimo presidente degli Stati Uniti. È un bene che un film come The Apprentice esista. È un peccato che i film non votino.

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