Belgrado dedica un museo a “Draža” Mihailovic, generale filonazista giustiziato dai titini - Il Piccolo
il caso

Belgrado dedica un museo a “Draža” Mihailovic, generale filonazista giustiziato dai titini

Polemica all’inaugurazione della struttura espositiva del leader dei “cetnici”

stefano giantin
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Il generale Draža Mihailović

 

BELGRADO Il passato, quello recente ma anche quello più remoto, continua a dividere, nei Balcani. E operazioni quantomeno controverse lo confermano. Operazioni come quella osservata a Belgrado, capitale di quella Serbia che, sulla carta, continua a guardare alla Ue, ma dove un nucleo duro di nazionalisti ha avuto mano libera per onorare una figura sicuramente divisiva.

È quella di Dragoljub "Draža" Mihailovic, generale jugoslavo giustiziato nel 1946, a cui è stato dedicato un museo con annesso grande monumento nel quartiere di Zvedara, in quella via Bregalnicka dove un tempo sorgeva la casa di quello che i sostenitori chiamano ancora affettuosamente «Cika Draža».

L’apertura è stata annunciata da mega-poster con la scritta «Belgrado può». Ma chi era, Mihailovic? Generale dell’esercito jugoslavo, fedele monarchico e nazionalista, Mihailovic fu il fondatore e il leader del cosiddetto movimento dei cetnici, dalle molte sfaccettature, all’inizio dell’occupazione nazista della Jugoslavia schieratosi contro i tedeschi, ma già alla fine del 1941 i cetnici iniziarono anche a collaborare con gli occupanti, in chiave anti-comunista e nazionalista.

Catturato dopo la guerra, Mihailovic fu sottoposto dal regime di Tito a un processo sommario e giustiziato nel luglio del 1946, per poi essere riabilitato, tra enormi polemiche, da un tribunale di Belgrado nel 2015, che definì il processo nei suoi confronti «politico e ideologico» e dunque non valido. Ma anche prima della riabilitazione, per decenni - e ancora oggi - Mihailovic è stato considerato un eroe da molti, in Serbia e fra serbi di Bosnia, non certo fra i bosgnacchi e croati, che ancora ricordano le milizie paramilitari degli Anni Novanta, molte ispirate proprio alle azioni dei cetnici.

Comunque la si veda, centinaia di fan di Mihailovic si sono riuniti di fronte al museo belgradese per la sua inaugurazione, tra bandiere nere dei cetnici, con la scritta «per il re e la patria - libertà o morte», con il teschio ben in evidenza e tricolori serbi, un’iniziativa dell’associazione «La nostra Drina», organizzazione di reduci serbi e serbo-bosniaci e del politico socialista serbo Igor Braunovic. «Mihailovic è tornato a casa», come «noi siamo tornati alla fede e alla nazione», ha arringato la folla Braunovic.

Il generale fu uno dei grandi «martiri» serbi e mai «collaborò con gli occupanti», ha assicurato da parte sua l’accademico Matija Beckovic, fra i sostenitori dell’iniziativa.

«La Serbia attendeva da più di mezzo secolo un monumento a mio nonno», ha detto anche Voijslav Mihailovic, nipote del generale e presidente del Movimento per la restaurazione della monarchia, sette seggi al Parlamento serbo, che ha ribadito che «Cika Draza» è stato pienamente riabilitato e merita dunque tutti gli onori. «Draza vive», hanno risposto dalla folla. Non la pensano così in molti.

«Ciò che sappiamo è che Mihailovic fu non solo un criminale di guerra, ma a lungo anche un collaborazionista», ha attaccato Marko Milosavljevic, della Youth Initiative for Human Rights. Mihailovic fu «simbolo» dell’occupazione della Jugoslavia e si macchiò di tradimento e l’apertura del museo è «un tentativo di cambiare la storia, negare le vittime» e una mossa «di segno politico dell’attuale regime» a Belgrado, ha rincarato anche lo storico Milivoj Belsin.

Su tutte le furie anche i comunisti dello Skoj, mentre il Partito democratico, all’opposizione, ha stigmatizzato il fatto che il museo sarebbe stato aperto violando le regole. Nel frattempo, a Belgrado ignoti hanno vandalizzato un murale dedicato proprio a Mihailovic, ricoprendolo di vernice rossa e firmando «antifa», mentre anche in Bosnia si sono levate voci di protesta - su una questione destinata a lungo a far discutere.

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