The Stud - Lo Stallone - Cineraglio

The Stud – Lo Stallone

The Stud – Lo Stallone
The Stud – Lo Stallone

Jackie Collins nel 1969 scrive il romanzo intitolato The Stud, 9 anni dopo esce nelle sale il film omonimo diretto da Quentin Masters ed interpretato da Joan Collins, sorella maggiore (di 4 anni) di di Jackie. Forse non esattamente il ruolo che si consiglierebbe alla propria sorella, vista la caratura erotica della storia e le qualità morali non esattamente immacolate di Fontaine Khaled, il suo personaggio, ma Joan ha fatto della sua carriera un bouquet di donne spesso e volentieri ciniche, ambiziose, intelligenti e talvolta crudeli, quasi mai guidate da un'etica troppo integralista e non di rado disposte ad usare la propria femminilità per ottenere traguardi, risultati e ricompense. Fontaine è un personaggio calato su misura sul volto ed il corpo di Joan Collins e chissà che la sorella non lo abbia pensato e descritto proprio avendo Joan come musa ispiratrice. La Collins inizia la carriera al cinema nel '51 con Nuda Ma Non Troppo, il decennio va alla grande e in quello successivo si affaccia anche sui set italiani (con Ettore Scola nel '65 per La Congiuntura e nel '69 in L'Amore Breve di Scavolini). Anche nei '70 frequenta l'Italia tra film con Buzzanca (L'Arbitro), Rosalba Neri (Il Pomicione), Maurizio Merli (Poliziotto Senza Paura), tuttavia sul finire di quella decade gira quasi in sequenza - a distanza di appena un anno - l'uno dall'altro, The Stud e The Bitch (che è il sequel de Lo Stallone), mandando di traverso l'apericena ai critici benpensanti. Ritenuti filmetti di serie B di scarso valore, quei due titoli mettono in cattiva luce la Collins che viene retrocessa insieme ai film ad attrice di "serie B". Anche da questo inciampo nasce il suo "ripiegamento" sulla tv con serial come Dynasty, che in realtà portò un gran lustro alla Collins e per il quale vennero spesi persino i nomi di Sophia Loren ed Elizabeth Taylor (anche se entrambe rifiutarono). In fin dei conti il personaggio di Alexis Colby non è poi così distante da quello di Fontaine in The Stud, si tratta pur sempre di una donna oltre la quarantina (oggi si direbbe una "cougar"), aggressiva, orgogliosa, sfrontata, col fiuto per gli affari, capace di tener testa a chiunque, in primis agli uomini, indipendente, dalla sessualità libera e piuttosto esigente, usata consapevolmente anche come merce di scambio. Joan Collins ha finito con l'essere associata tout court a quello stereotipo femminile, che in The Stud è ritratto plasticamente.

Forse per le tematiche poco cerebrali, forse per gli ammiccamenti erotici, magari per snobismo congenito, questa pellicola di Masters (che in carriera dirigerà appena quattro titoli tra il '72 e l'83) è stata sin troppo sottovalutata, a mio parere. Si tratta di un ottimo film, gradevolissimo per la fluidità e la naturalezza con le quali la vicenda si dipana e viene offerta agli spettatori. Tutto molto effimero ed upper class, ma allo stesso tempo ritratto con gusto e mestiere, tanto a livello di regia che di interpretazione del cast. Lo stallone Tony Blake è l'anglo-svizzero Oliver Tobias, naturalmente col physique du role e la mascella prominente da maschio alfa per interpretare l'oggetto del desiderio delle donne (visto tra l'altro nel film di Patroni Griffi, Addio Fratello Crudele, del 1971). Un robusto John Travolta meno spensierato e cinico quanto la Collins, ma senza l'apporto della danza. Danza che tuttavia ha un ruolo importante nell'economia del film (La Febbre Del Sabato Sera è del 1977), dato che le scene di ballo collettivo nei locali notturni della Londra di fine '70 si ripetono, restituendo uno spaccato della atmosfere del periodo e della voglia di praticare un edonismo, se non sfrenato, quantomeno il più soddisfacente possibile.

La Collins è titanica nel suo dar voce (ma soprattutto epidermide) ad una femelica virago che non si ferma davanti a niente. Attorno a questa coppia di cavalli di razza ruotano il marito di Fontaine, Benjamin (Walter Gotell), la figlia di lui/figliastra di lei, Alex (Emma Jacobs) e la compagnia di scorribande erotiche di Fontaine, Vanessa (Sue Lloyd), la quale chiede apertamente alla Collins di poter fare un giro sullo stallone. Il tutto verrà organizzato durante una vacanza natalizia a Parigi. Si tratta forse del vero climax del film, una lunga scena incorniciata da una location mozzafiato, una sorta di giardino acquatico dalle mille ed una notte, fatto apposta per esaltare la libido. Vi si ritrovano due coppie, Fontaine e Tony da una parte, Vanessa e suo marito Leonard (Mark Burns) dall'altra. Tre su quattro sono perfettamente consapevoli del perché avviene il rendez-vous, Tony è l'unico a non sapere a cosa stia andando incontro (mentre parallelamente tesse una pericolosa relazione con la giovane Alex). Tony viene drogato ed "abusato", fino a ritrovarsi persino oggetto delle attenzioni di Leonard. Tutta questa parentesi bucolico-acquatico-erotico-decadente è visivamente ricchissima, con la Collins che si dondola nuda su altalene floreali sospese a filo di piscina (e non si limita solo a dondolarcisi sopra....), mentre musiche esotico-psichedeliche ottenebrano ogni razionalità, ed i corpi si cercano e si cibano l'uno dell'altro. Un'affresco carnale ai limiti del cinema hard, che la Collins affronta con un'audacia ed una spudoratezza encomiabili. Bellissima e terribilmente sensuale nel pieno dei suoi 45 anni, un vero sogno erotico ad occhi aperti.

Nell'epilogo della storia ogni personaggio avrà come ricompensa ciò che, come artefice del proprio destino, avrà saputo creare, nel bene e nel male. Decisamente iconica l'ultima scena, con un primo piano sul volto di Tobias che la dice lunga su quanto accaduto (e provato) dal personaggio sin lì. Molto accattivante la regia di Masters, priva di virtuosismi ma assolutamente a fuoco, calibrata, elegante, lucida, nonostante un'evidente patina glamour della pellicola. E del resto, non poteva essere altrimenti. Fantastiche le musiche, radicate nel decennio che ospita la storia, posta all'apice dell'esplosione della discomusic. Adulterio, ninfomania, gigolò, immoralità, vendetta, lusso, lotta di classe (elemento questo appena accennato e che poteva invece essere sviluppato un po' di più), The Stud mette insieme il meglio (ma soprattutto il peggio) di un microcosmo fatto di potere ed avere, un universo nel quale nessuno ha né il tempo né la voglia di soffermarsi a riflettere e fare bilanci, una corsa a perdifiato verso la cime della montagna in nome di un benessere tutto materiale e scevro da scrupoli di coscienza. C'è spazio anche per qualche parola di italiano (la si sente chiaramente nel film in lingua originale), visto che al club gestito da Tony - ma di proprietà di Fontaine - le maestranze sono italiane (ed infatti il braccio destro di Tony è il viareggino Franco De Rosa). Al botteghino fu un grande successo, incassando a livello internazionale 20 milioni di dollari a fronte dei 600 mila dollari di budget. Oliver Tobias non ha un buon ricordo del film poiché a suo parere quel ruolo ha finito con lo screditarne la carriera, inchiodandolo ad uno stereotipo di personaggio (che poi è ciò che sostanzialmente è accaduto anche alla Collins). Segnalo l'edizione definitiva del film a cura di Screenbound Pictures, finalmente integrale, finalmente in bluray (un dittico che comprende anche The Bitch), con tonnellate di materiale fisico (poster, cartoline, booklet enciclopedico di 40 pagine) e digitale (trailer originali, interviste, making of).

Trailer ufficiale

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