Don Giovanni | Markus Werba |
Donn'anna | Aleksandra Kurzak |
Don Ottavio | Marlin Miller |
Donn'elvira | Carmela Remigio |
Leporello | Alex Esposito |
Masetto | Borja Quiza |
Zerlina | Irina Kyriakidou |
Il Commendatore | Attila Jun |
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Direttore | Antonello Manacorda |
Regia | Damiano Michieletto |
Scene | Paolo Fantin |
Costumi | Carla Teti |
Luci | Paolo Barettin |
Regia Video | Luca Scarzella |
M° del Coro | Claudio Marino Moretti |
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Orchestra e Coro del Teatro La Fenice |
Il broccato ora dilavato in un pallido ed incerto celeste, un tempo, invece vivido dell'azzurro caro al Rococo austriaco, ricopre le incombenti, claustrofobiche pareti del palazzo ove Don Giovanni compie i suoi misfatti che vanno ben oltre il semplice libertinaggio, vittima e complice delle sue vittime. Le pareti, nelle quali si susseguono file di porte verniciate di marmorina biancastra, richiamo di lastre tombali, ruotano in continuazione, si intersecano, danno vita ad ambienti sempre nuovi eppure sempre eguali. È un palazzo vivo ed inquieto; gli arredi in stile Direttorio richiamano echi dell'ormai trascorsa Rivoluzione; il letto torna sempre, imperioso, luogo di piacere e di tormento.
Nel movimento delle pareti, ora lento, ora concitato, sta l'essenza stessa del Don Giovanni secondo Damiano Michieletto, il quale, con l'apporto determinante dello scenografo Paolo Fantin, un vero gigante, di una costumista elegante, Carla Teti, di uno splendido direttore e di uno straordinario cast di cantanti-attori, scrive una pagina di teatro in musica di eccezionale valore.
I personaggi sembrano usciti direttamente da un trattato di psicopatologia: Don Giovanni è un borderline dominatore e sadico, oltreché frettolosamente sessuomane, Leporello, invece, è un caratteriale con tendenze autistiche; Donna Anna è chiaramente masochista, irresistibilmente attratta da Don Giovanni, come Donna Elvira, paranoica nel suo impossibile tentativo di salvare il libertino e tendenzialmente ninfomane. Don Ottavio, paladino a parole, è un gregario ignavo, il Commendatore un povero vecchio; solo Zerlina e Masetto sembrano in certa maniera immuni all'influenza di Don Giovanni, ma ne restano comunque vittime: a lui non si sfugge, non si può sfuggire.
Michieletto, complici le scene ed un disegno di luci crepuscolare ed altamente evocativo, opera di Fabio Barettin, con le ombre dei protagonisti che si proiettano sulle pareti, fa del Don Giovanni una immensa seduta psicoanalitica nella quale tutti i desideri e tutte le paure dei protagonisti emergono con forza prepotente in una sorta di continuo, estenuante psicodramma che non lascia né scampo né respiro. Don Giovanni è sempre presente, ogni cosa dipende dal suo esserci, senza di lui gli altri non hanno senso.
Tutto è geniale nella regia di Michieletto, ma alcuni momenti sono quasi incomparabili: il “catalogo” delle belle trasformato in una valigia piena di lettere scritte dalle sterminate amanti di Don Giovanni e nella quale Elvira fruga spasmodicamente alla ricerca delle proprie. Straordinario il recitativo che precede l' “Or sai chi l'onore”, nel quale Donna Anna rivive fisicamente la violenza subita, vittima di un Don Giovanni evocato e presente, come straordinari il turbinare delle pareti nel “Mi tradì quell'alma ingrata”, con Elvira trascinata in una sorta di tempesta di passioni, e “Il mio tesoro intanto”, con Don Ottavio incapace di aprire le porte che gli consentirebbero di volare a vendicar i torti. Grandissimo anche il banchetto, trasformato in un'orgia nella quale le donne, ubriache come Don Giovanni e Leporello fungono da pietanze in un delirio di aberrazione. Logica la conclusione, col protagonista che riappare alle spalle delle sue vittime, le quali celebrano, ingenuamente, la fine del loro incubo e che, invece, ad un gesto di Don Giovanni, crollano a terra come bambole di stracci sulle note finali dell'opera.
Perfettamente in linea con l'idea registica e scenografica anche la musica.
La direzione di Antonello Manacorda vibra di dinamiche stringenti, di scelte agogiche volte a sottolineare una volta di più l'atmosfera disperatamente nevrotica che costantemente incombe. Le linee melodiche sono nitidissime nel loro nervosismo, i tempi serrati, talora convulsi, risultano perfettamente appropriati. Ottima la prova dell'orchestra.
Magnifica la compagnia di canto, oltretutto bella e giovane.
Markus Werba non possiede la nota notturna che dovrebbe contraddistinguere Don Giovanni, ma, nell'occasione, è perfetto. Werba recita benissimo, si piega duttile al dettato registico, interpreta prima ancora di cantare. La voce è bella, ben emessa, il fraseggio è incisivo. Per lui un successo pieno.
Da manuale il Leporello balbuziente nei recitativi ma sontuosamente eloquente nelle Arie di Alex Esposito. Del giovane basso bergamasco, la cui voce si va ulteriormente scurendo e tornendo, colpiscono la ricchezza del timbro, la duttilità della linea di canto e la consumata arte scenica.
Splendida l'Elvira di Carmela Remigio, dalla voce cristallina ma capace di trovare colori drammatici nel contesto di un'interpretazione intensa e fisicamente assai impegnativa.
Ottima anche Alexandra Kurzak, Donna Anna di buon spessore vocale, limpida nel fraseggio, precisa nelle agilità, convincente nella recitazione.
Buono il Don Ottavio una volta tanto virile nella voce di Marlin Miller, splendido fraseggiatore, preciso nell'intonazione, intenso nella recitazione.
Del tutto convincenti il giovanissimo Borja Quiza, Masetto di bella presenza e di buon spessore vocale, e Irina Kyriakidou, Zerlina di bel piglio e dalla linea di canto pulita. A posto il Commendatore, forse un po' tonitruante, di Attila Jun.
Bene il coro, come al solito ben preparato da Claudio Marino Moretti.
Successo pieno di pubblico, accompagnato da prolungate e meritate ovazioni all'indirizzo di tutti gli esecutori.
Alessandro Cammarano