Tina, il documentario sulla mitica Turner, esce l'8 luglio: la recensione

Tina, il documentario dedicato alla mitica Turner

Tina, il documentario prodotto da HBO e realizzato dai registi premio Oscar 2011 Daniel Lindsay e T.J. Martin, è disponibile in digital download, blu-ray e dvd dall’8 luglio.

Presentato in anteprima durante il Festival di Berlino 2021, Tina sembra il canto del cigno dell’ottantunenne leggenda del rock internazionale, la sua personale maniera di salutare il pubblico dei fans ma anche di coloro che, pur non essendo tra i suoi aficionados non possono fare a meno di ammirare il talento e la forza di questa grande donna.

Tina - locandina
Tina – locandina

Tina

Tina ripercorre le tappe essenziali della vita di Anna Mae Bullock – il suo vero nome – soffermandosi in particolare su quelle che le hanno permesso appunto di creare quella leggenda del rock che è poi diventata.

Diviso in cinque parti, il documentario si snoda tra le parole della stessa Turner, in parte prese da un’intervista del 2019 appositamente realizzata, in parte da interviste precedenti (in particolare quella audio per People del 1981, in cui per la prima volta parlava delle violenze subite dall’ex-marito Ike).

Filmati di archivio, pezzi di concerti, altre interviste, foto, video si susseguono a partire dalla prima parte, intitolata Ike & Tina, passando per Family, che si concentra sulle brutalità di Ike e termina con lei che scappa, con giusto qualche vestito e lasciando all’ex-marito praticamente ogni cosa a parte il suo nome, per mantenere il quale lotta con unghie e denti.

E poi ancora, Comeback, il ritorno, quando, dopo un periodo difficile in cui si era ridotta ad esibirsi in cabaret show a Las Vegas per sbarcare il lunario, viene “salvata” dal manager Roger Davies e torna alla grande ai clamori della ribalta con il successo dell’album Private Dancer.

Infine The Story, in cui si parla della sua autobiografia, scritta in parte per smetterla di sentirsi chiedere sempre “E Ike?”, scritta probabilmente per lasciarsi alle spalle il passato, e che alla fine ha fatto sì che quello stesso passato gli fosse ributtato davanti, quando la vita intera le scorre davanti su di uno schermo nel film tratto dal suo libro, What’s love got to do with it, con Angela Bassett nei suoi panni.

Per concludere con la standing ovation alla prima del musical a lei dedicato nel 2019, nella quinta e ultima parte, Love. Lei settantanovenne, al braccio del secondo marito, il suo vero e unico amore, con lei dal 1986. Lei ancora splendida, sopravvissuta a abbandoni, violenze, tentativi di suicidio (uno, nel 1968, l’unico, perché una volta ripresasi, si disse che se era ancora viva era perché doveva vivere) e al dolore della perdita del figlio maggiore (per, ironia della sorte, suicidio). Lei che conclude cantando You’re simply the best, probabilmente a sé stessa, alla sua più grande creazione: alla leggenda Tina Turner. Applauso, inchino, si chiude il sipario.

Tina – official trailer

Un canto del cigno potente ed elegante

Tina guarda dritto negli occhi la telecamera, e con la sua voce ci porta per mano attraverso i capitoli della sua storia.

Diretta come il suo sguardo, esordisce mettendo le mani avanti, perché sia chiaro fin da subito ciò a cui si sta per assistere: la storia della sua vita, sì, che però non è stata una “bella vita”. Ci sono stati delle buone cose, certo, ma il buono non ha superato il brutto. Il dolore. La violenza.

Spiazzante, come premessa. Così come spiazzanti sono molte non tanto delle rivelazioni, che gli aspetti toccati si conoscevano già tutti in linea di massima – gli abusi di Ike, l’abbandono prima della madre poi del padre, la povertà iniziale. Più che altro spiazzanti sono le sue reazioni, il montaggio che le esplicita senza renderle manifeste, quella specie di controcanto che le sue espressioni dichiarano senza davvero dirlo. Le contraddizioni. Che non riescono a non notarsi eppure sono lasciate scivolare, con nonchalance, come se non si volessero sottolineare.

Tina - immagine repertorio
Tina – Tina Turner

La donna e la cantante

Fin dalla prima dichiarazione: un documentario su di sé, su ciò che, orgogliosamente, si è creato, su “Tina”, la tua creatura, lo pseudonimo che ti ha affibbiato il tuo ex-marito quando non lo volevi e che poi hai lottato per mantenere, ché a quel punto, dopo le botte, dopo gli abusi, dopo che eri riuscita a salvarti e a fuggire, dopo che pure avevi dovuto lasciargli tutti i soldi – tu che, perfettamente lucida, avevi ben capito che ti menava per impedirti di andartene perché eri diventata il suo distributore di denaro contante -, dopo tutto questo, almeno il nome che avevi contributo a far crescere, conoscere e diventare grande, quello te lo sei voluta tenere. E per introdurre questo documentario – su cui, è evidente, la Turner ha avuto un forte controllo – la prima cosa che dice è che il male ha avuto un peso maggiore del bene nella sua vita. Il contrario di ciò che direbbe chi sta realizzando qualcosa per autocelebrarsi.

Parla di Ike – di come sia stata lei a cercare in tutti modi di attirare la sua attenzione perché voleva cantare con lui, di come lui si sia meravigliato del suo talento, di come, mano a mano che, grazie a lei, ottenevano sempre più successo la loro relazione cambiasse e lui cercasse di tenerla sempre più in suo potere, dal trattarla come la sorellina al diventarne marito e poi padrone. E poi, nella parte chiamata “Famiglia”, parla di come lui l’abbia iniziata a picchiare mentre lei era incinta, di quando, mentre era in ospedale per il suo tentato suicidio, lo sentisse sibilarle nell’orecchio “dovevi morire”, di come sia riuscita finalmente a scappare. Della frustrazione nel non essere mai stata amata, abbandonata dalla madre, poi dal padre. Picchiata dal marito. Insomma, di tutto il contrario del comune concetto di “famiglia”.

Poi si lamenta di quanto, una volta che era riuscita a tornare a galla, sulla cresta dell’onda e anche più, ai vertici delle classifiche internazionali, nonostante tutto tutti le chiedessero sempre di Ike. Come se Ike&Tina fossero sempre una cosa sola. E intanto lei stessa passa tre quarti del suo documentario comunque a parlarne. Ma ci mette i fuori onda delle interviste in cui le pongono queste domande, e vediamo i suoi occhi, e vediamo quanto le pesi. Però poi ci scrive un’autobiografia, da cui viene tratto un film. Che lei non può vedere, perché la fa soffrire rivedere il suo passato doloroso. E intanto lo presenta a Venezia. Di nuovo una cosa e il suo contrario. Di nuovo la vita, la sua, come quella di tutti, con le sue infinite contraddizioni.

Tina – un documentario da non perdere

Tina è il film in cui Anna Mae Bullock ci fa vedere quanto le sia costato creare Tina Turner. Quanta fatica, quanto dolore ci sia stato dietro. Come – nonostante tutta questa fatica, tutto questo dolore – lei abbia continuato, tenace, a lavorare per riuscire a farla arrivare dove voleva. “A riempire gli stadi come gli Stones”. “A farsi amare”. Davvero, come merita. Come tutti meritano. A far diventare una delle sue hit più famose una canzone che manco le piaceva, anzi detestava (e guarda caso il titolo, Che ha a che vedere l’amore con questo, sarà anche quello del film ispirato alla sua autobiografia).

Tina è il documentario con cui lei risponde a una delle questioni che si chiede ad alta voce, all’inizio, quando parla all’intervistatore, ma forse anche a chi la guarda, a chi la segue, a chi la ama: “come ci si ritira lentamente, dolcemente… si va semplicemente via?” Che in inglese ha ancora più senso, perché usa “bow out”, ritirarsi ma anche inchinarsi. Come si saluta? Come si esce di scena? Probabilmente così, questa è la sua risposta. Una summa, un breviario di ciò che l’ha resa lei, una sbirciata dietro le quinte, perché sia chiaro che non è stata una passeggiata, un finale in cui tutti si alzano ad applaudirla nel musical che è un tributo in vita al mito che è diventata. Che ha saputo confezionare contro tutti e contro tutte le sventure che le sono piombate addosso.

Uno sguardo dritto in camera come all’inizio. E poi la canzone, The best. Con cui Ann saluta Tina e Tina saluta i fan. E pure gli altri, che non bisogna essere fan per apprezzare questo documentario. E piano, con la sua risata, se ne va.

Lasciando i curiosi a chiedersi perché non ha detto di più, i morbosi a crucciarsi perché non l’ha fatto, gli appassionati di musica con la voglia di sentir ancora qualche canzone. Insomma, tutti con quella sensazione di non essere sazi che è il modo migliore per andarsene, essendo ancora un po’ desiderati.

Tina - Tina Turner in Svizzera
Tina – Tina Turner nel 2019 a Zurigo

Bilancio finale di Tina

Positivo. Bel documentario, grande donna lei. Fa venire voglia di saperne di più e sicuramente fa stimare ulteriormente la Turner, mai ce ne fosse bisogno.

One Response

  1. Herbert

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