Recensione: O'Sullivan - these are not songs, they are stories
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O’Sullivan – these are not songs, they are stories

2023 - Autoproduzione
songwriting

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Tracklist

1. I/O
2. Born in the Rain
3. Devils, Pt. 1 & 2
4. Love & Death
5. Dig Gold
6. Could you be the Breeze
7. these are not songs, they are stories
8. Quiet Noises
9. Little Bird
10. have you guys heard about the future? (Short)
11. the modern man
12. Walls
13. O/I


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Alzi la mano chi conosce Ian O’Sullivan. No, non il pluripremiato chitarrista hawaiano che compare nelle prime ricerche di google. E nemmeno il giovane scienziato, o il soldato, o il vicino di casa che si affaccia alla finestra ogni volta che metti piede fuori dall’abitazione.

Ian O’Sullivan è un musicista e cantautore irlandese che da diversi anni vive e opera in Ungheria. Nel 2015 frequenta l’università di medicina nel sud dell’Ungheria quando incontra i suoi due futuri compagni di band, che insieme a lui formeranno il trio Mongooz and the Magnet, a suon di blues, chitarre grintose e ritmi orecchiabili. I tre suoneranno in giro per Ungheria, Germania, Polonia, Korea, Estonia, Romania, finché decideranno di dividere le proprie strade.

E così Ian lascia gli studi di medicina per dedicarsi anima e corpo alla musica. Alla sua musica. Siamo in piena pandemia e pubblica il primo singolo solista dal titolo Little Bird, di cui uscirà anche una versione in lingua ungherese che suonerà dal vivo in un’ospitata a Pécs On Stage, una realtà ungherese che spinge giovani ed emergenti band, produttori, DJ, potenziali artisti internazionali.

A proposito del singolo citato poc’anzi che, tra l’altro, è contenuto nel suo primo disco, e a proposito della rispettiva traduzione, è lo stesso Ian a dire: “Volevo davvero creare una canzone che venisse dal mio cuore e mostrasse quanto amo la lingua ungherese – che rispetto e temo allo stesso tempo – e penso che la gente capisca che questa canzone viene davvero dal cuore. Finora, il 99% delle volte ho ricevuto parole molto buone e gentili, solo l’1% mi ha chiesto “che diavolo?”. Qualcuno una volta mi ha detto che quando hai il primo hater, dimostra che hai raggiunto un certo livello”.

E l’eclettico musicista ha raggiunto davvero un certo livello, dopo tre anni di pubblicazioni di singoli brani e dopo alcune collaborazioni ed esibizioni dal vivo nell’est Europa, portando avanti il progetto solista che prende il nome di O’SULLIVAN. Il 17 marzo 2023 pubblica finalmente il suo primo album solista dal titolo “these are not songs, they are stories”, autoprodotto e autogestito, registrato nel suo piccolo studio di Budapest. Oltre ad essere l’autore dei testi, suona quasi tutti gli strumenti che sentiamo nell’album, registrando anche fino allo sfinimento per ottenere esattamente i suoni e le melodie ricercate da lui stesso.

D’altronde, qualche lato positivo nel fare operazioni del genere in solitaria deve pur esserci, no? “Fare una registrazione in studio è come imparare un altro strumento. Quindi, invece di andare in uno studio e pagare qualcuno un sacco di soldi, ho costruito il mio piccolo posticino in cui potevo entrare ogni giorno e lavorare senza alcuna pressione o ansia. Questo mi ha permesso di realizzare 1000 versioni e di esplorare davvero e cambiare idea 100 volte, e mi ha aiutato a trovare la versione di ogni canzone che volevo realizzare. In questi giorni come artista c’è un po’ di pressione per rimanere produttivo, e penso che a volte l’attenzione sia eccessiva sulla quantità. Volevo fare qualcosa che potesse durare a lungo…che se domani venissi investito da un autobus possa continuare a vivere e raccontare qualcosa di me, che ho dato un contributo a questo nostro piccolo e strano mondo”.

Insomma, l’obiettivo principale di Ian è quello di lasciare una traccia, qualcosa che somigli ad una capsula del tempo in cui sono racchiusi racconti, ricordi, confessioni, note, e nel farlo prende ispirazione da un’artista che ammira in modo incondizionato, il cantautore statunitense Rodriguez. Ma non è la sola influenza, almeno in campo musicale. Se dovessimo divertirci a spulciare nel suo profilo spotify  –da bravi disadattati quali siamo che si divertono a fare queste cose noiosissime- noteremmo che c’è davvero di tutto e di più. Ian infatti ascolta moltissima musica, dal blues al gypsy jazz, dal pop all’elettronica, e cita Hozier, James Vincent McMorrow, Bon Iver, Ry X, Paolo Nutini e, ovviamente, Rodriguez, tra gli artisti da cui si sente musicalmente più ispirato. Non importa cosa, come, dove e quando. Il motore principale della sua ricerca è l’onestà, nella musica e nell’arte.

Nell’essere sinceri quando si compone e si scrive, si entra in connessione con sé stessi e con gli altri e solo a quel punto si riesce a trasmettere qualcosa. “Non so come scrivere una canzone su un sentimento d’amore o di tristezza che in realtà non esiste… Penso che questo manchi nella musica pop di oggi, le persone cantano solo di personaggi di fantasia e perdono la possibilità di essere onesti. È solo quando ci apriamo e mostriamo la nostra vulnerabilità che possiamo vederci per quello che siamo veramente. E vediamo che alla fine siamo tutti uguali. Indossa la tua debolezza come un’armatura”. “these are not songs, they are stories”, si apre e si chiude con due tracce l’una specchio dell’altra. Immagini sonore speculari e visionarie, i cui titoli simboleggiano il passaggio di un interruttore di luce da acceso a spento. Ian si è lasciato ispirare dal cantautore australiano Ry X per alcuni suoni, ma gran parte delle idee nei due brani provengono da combinazioni di suoni organici ed elettronici, un banco di prova che inizialmente il nostro cantautore ha sperimentato per capire in che modo rendessero quei suoni nell’album.

Un album variopinto e multiforme, che passa dalla leggerezza di brani più indie/pop come Born in the Rain e Dig Gold, all’etereo crescendo elettronico di Could you be the Breeze (ascoltatelo subito, ora, immediatamente), giungendo ad atmosfere malinconiche e strumentali della title track e riprendendo direzioni eleganti e curiose con Quiet Noises e al tempo stesso anche spumeggianti con the modern man.

Ian O’Sullivan porta così a termine la missione momentanea di immortalare frammenti veri di vita, riscoprendo dentro se stesso una certa sensibilità e facendola riscoprire anche a chi è in ascolto.Per chi ama la sincerità, l’audacia e la classe, questo è il disco che fa per voi. 

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