Ciccio Ingrassia, i 100 anni dell'uomo che diresse quel capolavoro de 'L'esorciccio' - la Repubblica

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I 100 anni di Ciccio Ingrassia, l'uomo che diresse quel capolavoro de 'L'esorciccio'

I 100 anni di Ciccio Ingrassia, l'uomo che diresse quel capolavoro de 'L'esorciccio'
Il 5 ottobre del 1922 nasceva "l'altra metà" della premiata ditta Franchi&Ingrassia. Le origini umili, gli inizi in teatro poi il successo al cinema e nella tv in bianco e nero. E quella parodia de 'L'esorcista' che rasenta il sublime
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Soprassediamo. Anzi, no, non soprassediamo affatto. Che razza di anno è stato il 1922? Alti e bassi clamorosi: da un lato la Marcia su Roma, dall’altro la nascita di una sfilza di geni probabilmente irripetibile. Pasolini, Gassman, Tognazzi, Lizzani, Luciano Salce, Bolognini, Adolfo Celi, Luigi Squarzina, Raimondo Vianello, Damiano Damiani, Franco Brusati, Raffaele La Capria, Francesco Rosi (è uno dei prossimi festeggiati, il 15 novembre), Enzo Barboni in arte E. B. Clucher (il regista dei Trinità), due su quattro del Quartetto Cetra (Felice Chiusano e Tata Giacobetti)… E ci limitiamo al cinema, per non citare Enrico Berlinguer e Margherita Hack; e al cinema italiano, altrimenti dovremmo ricordare Arthur Penn, Judy Garland, Gérard Philipe, Ava Gardner… Ma oggi non soprassediamo (era una loro famosa gag televisiva, poi ne parliamo) e festeggiamo Ciccio. Sì, Ciccio Ingrassia, nato a Palermo il 5 ottobre 1922.

Dire Ciccio significa dire subito anche Franco. Franco Franchi, vero nome Francesco Benenato, era più giovane, essendo nato nel 1928. Franco e Ciccio sono stati, senza alcuna discussione, gli attori italiani più popolari degli anni 60 e 70. Come dite? Sono gli anni di Sordi, Tognazzi, Manfredi, Gassman? Certo. Ma andate a confrontare il successo di Franco e Ciccio con quello degli altri. Nel 1964, anno in cui escono nei cinema venti loro film (sì, avete letto bene: venti! Quasi due al mese) incassano circa 7 miliardi e 300 milioni di lire, il 10% del box office nazionale. È un dato acclarato: il cinema italiano vive il suo periodo d’oro soprattutto grazie a loro due. E allora vale sempre la pena di ripercorrere la loro storia, che è molto istruttiva.

Franco e Ciccio in paloscenico

Negli anni 40 e 50 sia Franco sia Ciccio seguono percorsi teatrali diversi, fino a incontrarsi nel 1954. Franco, nato poverissimo, è un comico di strada. Suona la grancassa nelle vie di Palermo, fa imitazioni, nel ’45 entra in un gruppo chiamato “Gli striscianti”. Sono artisti della “posteggia”, una forma di teatro popolare che alterna numeri comici e canzoni. Nel ’48 lavora, per un breve periodo, in un circo. Ciccio, nato appena un po’ meno povero, fa mille lavori (soprattutto il calzolaio), milita nel Trio Sgambetta e nel tabarin ma subito dopo la guerra lo troviamo al Nord in compagnia con Gino Bramieri. Quindi, quando si incontrano, il più che trentenne Ciccio è già un attore consolidato mentre il più giovane Franco è ancora un disgraziato. La coppia funziona subito a meraviglia, esibendosi in sketch comici in teatrini popolari. La svolta arriva con gli anni 60. Li mette sotto contratto Domenico Modugno, e con lui fanno il leggendario sketch “Tre briganti e tre somari”, nella commedia musicale di Garinei & Giovannini Rinaldo in campo. Successo strepitoso, mesi e mesi di repliche. Nel frattempo, arriva il cinema.

Una coppia da cinema

Centotrentadue film in coppia, quasi tutti negli anni 60. Il primo è Appuntamento a Ischia (1960) di Mario Mattoli. Sono tutti brutti, come sosteneva la critica di allora che assegnava alla coppia il minimo dei voti (una stellina) probabilmente senza nemmeno vederli? Neanche per sogno. Vogliamo sfatare subito una leggenda (quella secondo cui i loro film erano diretti da registi di serie Z)? Già nel 1961 il loro quinto film è Il giudizio universale di Vittorio De Sica, un film corale nel quale sono bravissimi. Negli anni successivi lavorano spesso con Lucio Fulci, Camillo Mastrocinque, Sergio Corbucci, Luigi Scattini, Steno, Giorgio Bianchi, Mario Bava: il meglio del cinema popolare di allora. Due marines e un generale, dove hanno l’onore di lavorare con Buster Keaton, è un piccolo gioiello. Alcune parodie (002 agenti segretissimi, Due mafiosi nel Far West, Due mafiosi contro Goldginger, I due figli di Ringo, Le spie vengono dal semifreddo) incassano più degli originali. E poi, già negli anni 60, arrivano gli incontri con i grandi autori.

Franco e Ciccio e l'incontro con i maestri

Le loro due migliori prove in coppia sono probabilmente due incontri con la grande letteratura italiana: Kaos di Paolo e Vittorio Taviani li vede alle prese con Pirandello, mentre Luigi Comencini ha la folgorante intuizione di affidar loro il Gatto e la Volpe nel suo Pinocchio televisivo. Sembrano nati per fare i due ribaldi creati da Collodi, ma in realtà erano nati anche per dar vita agli immortali personaggi di Cervantes: purtroppo Don Chisciotte e Sancio Panza di Giovanni Grimaldi (1968) è un’occasione perduta, e pensare che avrebbe dovuto intitolarsi Don Cicciotto e Franco Panza, volete mettere? Sono invece meravigliosi in Capriccio all’italiana, l’episodio Cosa sono le nuvole diretto da Pier Paolo Pasolini dove hanno l’occasione di lavorare accanto al loro mito, Totò, in una delle sue ultime apparizioni.

Ciccio, però, dà il meglio di sé in alcune interpretazioni da “solista”, dopo la separazione da Franco avvenuta nel 1972. È ovviamente memorabile lo zio pazzo di Amarcord, quello che sale su un albero gridando “voglio una donna!”. Come sempre nel cinema di Fellini, Ciccio è però doppiato, anche perché occorre parlare in romagnolo: le sue (poche) battute vengono recitate da Enzo Robutti, popolare comico bolognese diplomatosi al Piccolo di Milano. Ha invece la propria voce, Ciccio, nella strepitosa performance in Todo modo di Elio Petri, dove è l’onorevole Voltrano: un ruolo drammatico con insospettabili punte di perversione mistica, forse la miglior prova dell’attore assieme ai suddetti ruoli per Comencini e Taviani.

Il successo in tv

Per chi era bambino negli anni 60 Franco e Ciccio erano anche due adorati volti della Rai in bianco e nero. La parola da cui siamo partiti, “soprassediamo”, era una gag televisiva (probabilmente ripresa dai loro sketch teatrali, che in tv trovavano una seconda vita). Nel corso di un dialogo Ciccio diceva, appunto, “soprassediamo” e Franco, fraintendendo come sempre, gli balzava in braccio. Un po’ come quando Ciccio ordinava “chiami Francoforte” e Franco urlava “Francooooo!”. Furono i protagonisti di un Carosello indimenticabile, e citiamo pure anche lo sponsor: alla fine di uno sketch in cui Franco veniva riempito immancabilmente di mazzate, Ciccio gli diceva: “Però! Nonostante tutte le botte che hai preso hai sempre una buona cera”, e Franco ribatteva: “Ottima direi, è cera Grey!”. Li si vedeva a Canzonissima, a Partitissima, al Disco per l’estate, fino alla storica puntata di Domenica in (nel 1980) in cui Pippo Baudo fece loro far pace in diretta.

La regia e quel capolavoro de L'esorciccio

Ciccio Ingrassia ha diretto due film, Paolo il freddo nel 1974 (con Franco protagonista) e L’esorciccio nel 1975. Il secondo, diciamolo a chiare lettere, è un capolavoro. Ovviamente è una parodia di L’esorcista di William Friedkin, e a tal proposito il figlio di Ciccio, Giampiero Ingrassia (ottimo attore soprattutto di musical teatrali), racconta: “L’idea della parodia nacque ancora prima che il film uscisse in Italia. Se ne parlava moltissimo, in America stava avendo un successo enorme. Mio padre chiese di poterlo vedere in anteprima e gli organizzarono una proiezione privata nella sede dell’Anica, l’associazione dei produttori. Pensando, ignaro, che fosse un film 'di paura' come tanti altri, portò tutta la famiglia. Io avevo 12 anni. Ho ancora oggi gli incubi”.

A parte lo shock del piccolo Giampiero, L’esorciccio si basa su alcune idee formidabili. La prima è che Ciccio interpreti, appunto, l’esorcista del titolo, spingendoci al folle pensiero che non avrebbe sfigurato nella parte che, nel film di Friedkin, tocca a Max Von Sydow. La seconda è di affidare il ruolo di protagonista a un Lino Banfi al top della forma comica. La terza è di buttarla in politica. La didascalia iniziale ci informa che l’amuleto diabolico al centro della trama viene rinvenuto durante gli scavi in “Iraq, centro sinistra”, e subito dopo l’amuleto va a sconvolgere la vita della famiglia di Pasqualino Abate, sindaco di una cittadina del Sud. La satira politica è di grana grossa, ma incredibilmente sferzante ed efficace, e tocca il colmo quando l’Esorciccio tenta di scacciare il maligno brandendo il Libretto Rosso e invocando in un’unica frase Mao e Maometto. È un film che, dietro la comicità sfrenata e scorrettissima, indaga sulle superstizioni dell’Italia profonda, mette in piazza la corruzione dei politici e gioca su allusioni sessuali talmente offensive e potenti da rasentare il sublime.

Ultimo tango a Zagarol, un film da recuperare

Solo due anni prima Franco – da solo – aveva interpretato Ultimo tango a Zagarol, il film che Bernardo Bertolucci mai volle vedere per la paura – più volte confessata, e scherzando fino a un certo punto – che fosse “molto, ma molto più bello di Ultimo tango a Parigi”. Sono i due film da recuperare per capire come le parodie del cinema italiano, almeno quando c’erano di mezzo Franco e Ciccio, avessero una forza ancestrale, quasi apotropaica: e fossero il ritratto più veritiero dell’anima popolare del paese.

E comunque, sia in L’esorciccio sia in Ultimo tango a Zagarol c’è, fra gli interpreti, Jimmy il Fenomeno, nome d’arte di Origene Luigi Soffrano. E quinci sian le nostre viste sazie.