MARIA AMALIA d’Asburgo Lorena, duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla in "Dizionario Biografico" - Treccani - Treccani

MARIA AMALIA d’Asburgo Lorena, duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 70 (2008)

MARIA AMALIA d’Asburgo Lorena, duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla


Nacque a Vienna il 26 febbr. 1746 dall’imperatore Francesco I di Lorena e da Maria Teresa d’Asburgo. Maggiore di Maria Carolina e di Maria Antonietta, M. sposò per procura a Vienna, il 27 giugno 1769, Ferdinando di Borbone, duca di Parma e Piacenza, più giovane di lei di cinque anni.

La diplomazia europea guardava in quegli anni al Ducato, che giocava un ruolo di primo piano nella situazione internazionale: le nozze di Isabella, sorella di Ferdinando, con il futuro imperatore Giuseppe d’Asburgo Lorena avevano dato inizio a una serie di matrimoni tra gli Asburgo e i Borbone, confermando l’alleanza avviata nel 1756 sul piano dinastico dal cancelliere W.A. von Kaunitz.

Naufragate le nozze di Ferdinando di Borbone con Maria Beatrice d’Este, erede del Ducato di Modena, poi con l’arciduchessa Maria Elisabetta d’Austria e infine con una principessa d’Orléans, l’Austria riuscì a imporre sul trono ducale la più ribelle delle figlie di Maria Teresa, che era decisa a non lasciarsi sfuggire l’occasione per ampliare la sfera d’influenza in Europa dopo l’unione di Maria Carolina con Ferdinando IV di Napoli e il previsto matrimonio di Maria Antonietta con il delfino di Francia.

L’imposizione del matrimonio – M. aveva ceduto alla ragion di Stato rinunciando alla passione per un altro pretendente – e le difficoltà da parte di Ferdinando di adempiere ai doveri coniugali per tre mesi (al proposito, nelle lettere del re di Francia Luigi XV non si lesinavano consigli al nipote) fanno comprendere la freddezza di M., pur accolta all’arrivo a Parma (24 agosto) da straordinari festeggiamenti. I contrasti tra i due facevano presagire non pochi problemi: Ferdinando, educato da L.-F. Guynement de Keralio ed É. Bonnot de Condillac, era dedito a pratiche religiose che rasentavano il bigottismo e timoroso della moglie al punto da non contrastarne i capricci; M., poco colta, esuberante, sensuale, era orgogliosa al punto da far pensare che il suo comportamento umorale e volubile rispondesse alle direttive austriache. Vivace, sprezzante dell’etichetta, appassionata di musica e dedita alla caccia, mostrava la sua joie de vivre nella frequentazione di feste e spettacoli che allietavano la corte, ma anche in una familiarità eccessiva con le guardie ducali e il personale di servizio.

La sua stravagante condotta preoccupava le corti di Vienna, Madrid e Parigi, e la presenza a Parma del barone K.L. von Knebel, inviato straordinario di Maria Teresa per avviare a una tranquilla gestione il Ducato, non sortì l’effetto sperato. Alla fine del 1769 il marchese B.-L. de Chauvelin giunse in missione a Parma nel tentativo di far rispettare le disposizioni di Luigi XV e del primo ministro E.F. de Choiseul (riduzione dell’organico di palazzo e dell’amministrazione, consolidamento dell’autorità del primo ministro G. du Tillot), di attenuare l’infatuazione religiosa di Ferdinando e di affiancare a M. qualcuno che ne sapesse moderare gli impulsi, evitando così la minacciata sospensione delle pensioni versate da Francia e Spagna al Ducato.

La promessa formale di condurre un ménage dignitoso durò poco: la nascita, nel 1770, di Maria Carolina Teresa, seguita da altri figli (Ludovico, Maria Giovanna Giosefa, Carlotta Maria, Filippo e Maria Luisa), non riuscì a cementare l’unione: i due conducevano vite separate, il duca a Colorno, M. a Sala, nel rifugio edificato da P. Petitot e divenuto il suo soggiorno preferito. Molto popolare tra i sudditi, che la chiamavano «la Matta», M. mostrava la sua alterigia nei confronti dei nobili e una grande generosità per gli umili: era sempre disponibile ad aiutare i sudditi in caso di bisogno, a visitare i colpiti dal vaiolo esponendo al contagio se stessa e la famiglia.

Nutriva stima e devozione per la madre imperatrice e uno smisurato affetto per i figli, che si estrinsecava in un’attenzione alle loro necessità. Fu in particolare attenta all’educazione di Ludovico, affidata al cappuccino A. Turchi e all’aio P. Manara, dai quali pretendeva rigidità nei metodi «perché se non si piega la pianta quando è tenera non si può ripiegarla quando è grossa» (Stanga, 1932, p. 83). Quando era in attesa del figlio, nel 1772, gli aveva dedicato un libretto in tedesco e in francese, Sept prières pour les femmes enceintes.

Divenuta ben presto il vero reggitore dello Stato, avversò la politica riformatrice del ministro G. du Tillot – che si era opposto al suo matrimonio – giungendo ad accusarlo di ammirare Voltaire, e utilizzò il suo fascino per ottenere l’appoggio del cardinale J.-R. de Boisgelin, inviato nel 1770 dal re di Francia per appianare le divergenze tra i coniugi. Ma la crisi di Versailles e la caduta in disgrazia alla fine del 1771 di Choiseul favorirono le trame occulte di M. e la fazione ostile a du Tillot, segnandone inevitabilmente il destino politico: sospeso il 7 settembre e sostituito il 3 novembre da L. de la Vrillière, du Tillot lasciò il Ducato controllato da M., che relegò al Pantaro la «cameriera maggiore» Anna Malaspina della Bastia, che di du Tillot era intima amica.

Il licenziamento, nell’ottobre 1772, del nuovo ministro, il marchese J.A. de Llano y Quadra, e la sospensione delle pensioni aggravarono la situazione dello Stato. Invano nell’aprile Maria Teresa aveva inviato le «Regole di condotta», ventitré istruzioni recanti nella prima colonna le regole imposte e nella seconda le giustificazioni di Maria Amalia.

L’imperatrice ricordava a M. non solo i doveri di moglie (stare vicina a Ferdinando, non lasciandolo con vari pretesti e non abusando dell’ascendente che aveva su di lui), ma anche l’osservanza del protocollo di corte, la non ingerenza nel governo e nell’amministrazione del Ducato, la deferenza verso i ministri, la prudenza nel parlare, la parsimonia nelle spese, il divieto di protezione a persone malviste dal ministro, al quale dare dimostrazione di stima in pubblico e in privato e accordare «un po’ di confidenza».

Tali consigli non attecchirono nell’animo di M., che continuò a vivere in piena libertà e lontana da un marito sempre più insofferente. La crisi finanziaria del Ducato non le impedì di sollecitare il ministro G. Sacco a nuove imposizioni, utilizzate per il rifacimento di strade, gli incoraggiamenti alle industrie, i regali ai soldati; arrivò perfino a farsi prestare danaro dalla servitù, a rastrellare le mance elargite ai domestici dal granduca Leopoldo di Toscana e da Maria Carolina regina di Napoli, a impegnare in un momento di difficoltà i diamanti della Corona. In pochi anni il Ducato passò dalle riforme al ritorno al passato, con il ripristino dei privilegi ecclesiastici, la riapertura dei conventi soppressi, la riammissione dei gesuiti, il ristabilimento delle manomorte e delle esenzioni ecclesiastiche, il mantenimento dei dazi commerciali e dei vincoli sulle esportazioni.

I contraccolpi della Rivoluzione francese e, successivamente, la campagna d’Italia e l’arrivo di Napoleone spinsero Ferdinando alla neutralità e a un oneroso trattato che gli consentiva di conservare il dominio, occupato militarmente dopo la battaglia di Marengo (14 giugno 1800) per assicurare i collegamenti delle truppe tra la Repubblica Cisalpina e il mare attraverso il passo della Cisa. Tuttavia il rifiuto opposto nel 1801 all’offerta di Napoleone, che assegnava a Ferdinando la Toscana (trattato di Lunéville), lo privò del suo Stato a favore della Francia (trattato di Aranjuez) che nominò amministratore M.-L.-É. Moreau de Saint-Méry. La debole reggenza di M. per il figlio Ludovico, ora re d’Etruria, seguita alla morte di Ferdinando a Fontevivo (9 ott. 1802), durò tredici giorni.

Con il passaggio degli Stati parmensi al Dipartimento del Taro, a M. non rimase che lasciare Colorno e, dopo una sosta a Venezia, raggiungere Praga, dove morì il 18 giugno 1804.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Parma, Casa e corte borbonica, bb. 25, f. 11; 26, ff. 1-6; 27, ff. 1-3, 5; Arch. di Stato di Torino, Materie politiche per rapporto all’estero, Corti estere, Parma Piacenza e Guastalla, mm. 1, 8; Simancas, Archivo general, Consejo de Estado, Reino de las dos Sicilias, ff. 335, n. 33; 5892, n. 5; 6101, n. 39; Vienna, Österreichisches Staatsarchiv, Haus-, Hof- und Staatsarchiv, Ministerium des k.k. Hauses, c. 13; Handarchiv Kaiser Franz, c. 23; Ältere Zeremonialakten, cc. 79-80; Familienakten, cc. 50, 55; Brescia, Biblioteca Queriniana, Mss., L.II.6: Relazione a s.m. il re di Sardegna del conte Duranti… sopra la corte e lo Stato di Parma l’anno 1771; Maria Teresa d’Austria, Consigli matrimoniali alle figlie sovrane, a cura di A. Frugoni, Firenze 1989, pp. 79-112; L.-É. Moreau de Saint-Méry, Historique. états de Parme, 1749-1808, a cura di C. Corradi Martini, Reggio Emilia 2003, ad ind.; per le nozze fra M. e Ferdinando cfr. Felice da Mareto, Bibliografia generale delle antiche province parmensi, II, Parma 1974, p. 152. Si vedano inoltre: I. Affò, Storia della città di Parma, I-IV, Parma 1792-95, ad indices; C. Nisard, Guillaume du Tillot, Paris 1879, ad ind.; A. von Arneth, Geschichte Maria Theresias. Maria Theresias letzte Regierungszeit 1763-1780, IX, Wien 1879, ad ind.; Id., Briefe der Kaiserin Maria Theresias an ihre Kinder und Freunde, Wien 1881, III, pp. 3-16; IV, ibid. 1881, pp. 67-80, 91-93; C. Pigorini-Beri, La sixième fille de Marie-Thérèse, in Revue internationale, V (1888), t. 18, pp. 569-588, 689-707; C. Fano, I primi Borbone a Parma, Parma 1890, pp. 27-191; C. Pigorini-Beri, La corte di Parma nel sec. XVIII, in Nuova Antologia, 16 maggio 1892, pp. 266-294 (poi in Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, 1731-1860, a cura di G. Guadalupi, Parma 1996, pp. 59-109); T. Bazzi - U. Benassi, Storia di Parma, Parma 1908, ad ind.; O. Masnovo, Le nozze di don Ferdinando di Borbone, in Aurea Parma, I (1912), 3-4, pp. 55-66; Id., Un capitolo ignorato della politica dei matrimoni nel sec. XVIII, in Riv. d’Italia, I (1922), 3, pp. 11-23; N. Musini, Un amministratore privato di casa Borbone e un inedito carteggio di M.A. e di Luisa Maria, Parma 1930, pp. 3-6; I. Stanga, M.A. di Borbone duchessa di Parma (1746-1804), Cremona 1932; Id., Donne e uomini del Settecento parmense, Cremona 1946, pp. 336-435; M.A. in alcuni episodi inediti di cronaca, in Aurea Parma, XLII (1958), p. 133; Felice da Mareto, Bibliografia…, cit., pp. 654 s.; C. Artocchini, Le padrone di Parma e Piacenza, Piacenza 1975, pp. 63-69; H. Bédarida, Parma e la Francia (1748-1789), a cura di A. Calzolari - A. Marchi, I-II, Parma 1986, ad indices; E. Kovács, Die ideale Erzherzogin. Maria Theresias Forderungen an ihre Töchter, in Mitteilungen des Instituts für Österreichische Geschichtsforschung, XCIV (1986), pp. 49-80; A.V. Marchi, Parma e Vienna, Parma 1988, pp. 158-177; J. Balansò, La familla rival, Barcelona 1994, pp. 57-65; F. Weissensteiner, Die Töchter Maria Theresias, Wien 1994, pp. 125-150; Il Ducato di Parma nella relazione del conte Duranti (1771), in Aurea Parma, LXXXI (1997), 1, pp. 73-87; C. Biondi, La Francia a Parma nel secondo Settecento, Bologna 2003, pp. 82 s.; B. Mazohl-Wallnig, Tra politica imperiale e politica dinastica: Maria Teresa, Giuseppe II, in Un Borbone tra Parma e l’Europa. Don Ferdinando e il suo tempo (1751-1802). Atti del Convegno..., Parma... 2003, a cura di A. Mora, Reggio Emilia 2005, pp. 25-32; P. Mörtinger-Grohmann, Les debuts de Marie Amélie à Parme à travers les sources autrichiennes de Haus-, Hof- und Staatsarchiv, ibid., pp. 39-50; A. Mora, Un principe da sposare. Il giovane Ferdinando nella descrizione di un funzionario austriaco, ibid., pp. 299-302, 308.

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