Alessandro Gassmann: «Papà mi ha insegnato cos’è la stanchezza. Quando parlava di sé stesso mi vergognavo di lui»- Corriere.it

Alessandro Gassmann: �Pap� mi ha insegnato cos’� la stanchezza. Quando parlava di s� stesso mi vergognavo di lui�

di Valerio Cappelli

Sar� a Venezia con Il silenzio grande� , di cui � regista, una storia sul non detto che riguarda ogni famiglia, �anche la mia�. �Rispetto a Vittorio, con mio figlio sono molto presente: Leo ha potuto avere pi� sicurezze, io ero un pacco che viaggiava da un padre a una madre�

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Vittorio Gassman e il figlio Alessandro al Festival d’Annecy nel 1986. Il “Mattatore”, soprannome dovuto all’omonimo spettacolo televisivo che Vittorio Gassman condusse nel 1959, � morto a Roma nel 2000, a 77 anni

Alessandro Gassmann � un attore molto popolare, figlio di un gigante del teatro e del cinema. Alessandro ha fatto aggiungere una “n” nel cognome, non per distinguersi da suo padre, Vittorio Gassman, a cui era molto legato, ma per recuperare le radici familiari: suo nonno era l’ingegnere tedesco Henrich Gassmann. Padri e figli: come il tema del nuovo film di Alessandro, Il silenzio grande, con Massimiliano Gallo e Margherita Buy, che l’8 settembre porta come regista alle Giornate degli autori, sezione autonoma della Mostra di Venezia.

Di cosa si tratta?
�Di una fortuna dilapidata, di uno scrittore che vive chiuso in casa in una bolla, tra i suoi libri che (come dice Maurizio De Giovanni autore del testo e della pi�ce teatrale da cui � tratto) sono l’arredamento della mente, i mobili che contengono i sentimenti, i cassetti delle emozioni. La vita dei suoi cari gli scorre accanto senza scalfirlo. I figli si sono alleati con la madre, contro di lui, per vendere la villa sontuosa avuta in eredit� che non possono pi� permettersi�.

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Il cast de Il silenzio grande, regia di Alessandro Gassmann. Da sinistra, Massimiliano Gallo, Marina Confalone e Margherita Buy con i piccoli Antonia Fotaras e Emanuele Linfatti

Sembra Cechov.
�Me l’ha gi� detto un amico e la cosa mi inorgoglisce, perch� il mio primo lavoro da attore fu La domanda di matrimonio di Cechov. Il film nasce dal successo avuto con l’omonima pi�ce che ho portato a teatro. I temi sono importanti: i silenzi piccoli e grandi nelle famiglie, il non detto, che poi riguarda sia la storia di Maurizio De Giovanni che la mia�.

Cio�?
�Tutte le visioni del protagonista sono mie, il lato onirico, la possibilit� di uscire dalla realt�, il velo di distacco. � il film che mi somiglia di pi��.

Lo scrittore � un padre ingombrante, come forse � stato Vittorio per lei. �Ingombrante in modo piacevole, anche non volendo, ma per la qualit� del suo talento. Volevamo una storia di rapporti umani con del mistero familiare dentro, in una famiglia colta, elegante, che vive fuori dalla realt�, dove lo sfondo di Napoli, in quella villa bellissima ma scricchiolante, c’� e non c’�.

Il protagonista ama l’odore della carta vecchia (che d� l’idea di una separatezza dalla realt�), lei invece � molto digital.
�In realt� non � cos�, ho scoperto Twitter sette anni fa e lo uso per le regole basiche del vivere comune. Per tutto il resto sono un amanuense, scrivo a penna, ho il fax, chiamo al telefono le persone e non lascio messaggi ma richiamo pi� tardi. Sono molto vecchio per i miei 56 anni!�.

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Un selfie di Alessandro Gassmann, 56 anni, con il figlio Leo, cantante, 22

Lei, che padre �?
�Sono come dovrebbe essere un politico con i suoi elettori. Non dico quello che un figlio vuol sentirsi dire e che piace per conquistare, ma quello che serve ed � utile. Ma Leo � un figlio fantastico e non perch� abbia vinto Sanremo Giovani, far� 23 anni a novembre, studia all’universit� americana a Roma Affari Internazionali e Psicologia, poi, come avviene in America, si fa una crasi tra le due discipline�.

Rispetto a Vittorio…
�Sono molto presente. Intanto con Sabrina sto bene insieme e Leo ha potuto avere molte pi� sicurezze, mentre io ero un pacco che viaggiava da un padre a una madre. Pap� era pi� spaventoso di me, quando si arrabbiava era terrorizzante, gli bastava lo sguardo silente. Io poi avevo risultati scolastici disastrosi… Con mio figlio sono stato severo in modo metodico nel proibire il cellulare fino ai suoi 15 anni e il motorino fino a 16�.

Non basta lavorare, dice nel film Margherita Buy a Massimiliano Gallo, devi fare il padre, seguire i figli. Eppure lui, lo scrittore, avrebbe potuto insegnare il piacere della lettura, il rispetto delle parole…
�Io ho dato a Leo gli strumenti per ampliare il suo vocabolario, per capire quanto sia unica e bella la nostra lingua italiana. Le composizioni che scrive per s� stesso, lontano dal pop che l’ha reso celebre, sono molto belle e di spessore. L� si apre e tira fuori pi� coraggio, sono riflessioni sulla sua generazione, parla del cambiamento climatico…Dovrebbe farle conoscere quelle canzoni�.

Leo da piccolo l’ha mai vista come un supereroe?
�L’ho pensato io di mio padre, ci sono stati anni in cui ho creduto che fosse lui Brancaleone. Ha fatto ruoli rimasti nella storia del cinema mondiale, la mia carriera � pi� modesta�.

Qual � stato il suo momento pi� importante come figlio?
�Direi quando pap� mi fece fare il macchinista teatrale per due anni, inculcandomi il concetto di stanchezza fisica. Ho smesso di essere figlio il giorno in cui, in tourn�e, stette male�.

Da ragazzo accompagnava Vittorio ai Festival di cinema?
�S�, la prima volta a 17 anni per Di padre in figlio, il film che cominci� quando ne avevo 8 e lo concluse nove anni pi� tardi. � un racconto tra me e lui. Amava parlare di s� stesso in pubblico, io lo detestavo, ne avevo vergogna. Mi mise nelle mani di Enrico Lucherini, il press agent, che aveva un esercito di venti sarte e mi riconsegn� a pap� che ero un’altra persona. Quel giorno capii che non volevo fare l’attore. Ero timidissimo�.

Poi lo � diventato: una nemesi?
�Assolutamente s�, per mio padre fu lo stesso, fu sua madre a insistere perch� diventasse attore. Io non volevo al punto che dopo Venezia mi iscrissi ad Agraria a Perugia. Mio padre mi volle a teatro al suo fianco per la seconda edizione di Affabulazione, ed � cominciato tutto�.

Alla Mostra di Venezia invece � andato spesso con i suoi film?
�Ho avuto il premio Pasinetti per Non odiare. Poi ho portato un documentario e ora questo film. Se mi piacciono i Festival? Non sono un grande appassionato, spero siano occasioni per ricompattare le persone, ai Festival sento un po’ di falsit� e di puzza sotto al naso, che io non ho mai avuto ed � uno dei mali primari del cinema italiano�.

Tornano i Festival ma la gente continua a disertare le sale.
�Ormai vince la pigrizia, durante il Covid ci siamo sempre pi� abituati a vedere i film con i nostri televisori giganteschi. Temo che le sale resteranno parecchio in sofferenza�.

Premiare, com’� avvenuto a Cannes, un film su una donna che resta incinta di una Cadillac, non rischia di allontanare ancora di pi� gli spettatori?
�Potrebbe essere l’ultima spallata. Anche a me piacciono i film strani, ma ad entrare nella Storia sono quelli dove si parla e si capisce qualche cosa, sono universalmente comprensibili e non creano distanza. Il mio film pu� ricordare un classico della letteratura, a Venezia proporr� il film di una volta�.

Lei si porta a casa i personaggi?
�No. Ho appena finito un film, Il pataffio dal romanzo di Luigi Malerba, su una buffa vicenda ambientata in un Medioevo grottesco, dove impersono un frate con la tonsura a forma di disco in testa. Il dramma � stato di mia moglie quando mi ha visto con i capelli rasati a quel modo�.

21 agosto 2021 (modifica il 21 agosto 2021 | 08:53)