Schlein come Veltroni, il nome della segretaria nel contrassegno Pd per le Europee. La storia del partito simbolo per simbolo - la Repubblica

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Schlein come Veltroni, il nome della segretaria nel contrassegno Pd per le Europee. La storia del partito simbolo per simbolo

Schlein come Veltroni, il nome della segretaria nel contrassegno Pd per le Europee. La storia del partito simbolo per simbolo

La proposta in direzione Pd durante la presentazione delle liste. Solo l’ex segretario e sindaco di Roma mise il suo cognome per le Politiche nel 2008

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Per trovare il nome di un segretario nel simbolo del Pd tocca riavvolgere il nastro di 16 anni. Ed è stata l’unica volta. Elly Schlein farà come Walter Veltroni nel 2008, anche se in quel caso si correva per le Politiche e il Pd a vocazione maggioritaria, sganciato dai partitini che avevano intralciato Prodi, aspirava a una forma di premierato de facto, senza stravolgere la Carta. Dunque sul simbolo della creatura politica appena nata comparve la scritta (verde): “Veltroni presidente”. Stavolta invece ci sono le Europee. E nemmeno Renzi – ricordano i critici di questa mossa – nel 2014 optò per personalizzare così.

Schlein però si gioca la carta. Anche perché non correrà dappertutto, ma solo nei due collegi in cui è capolista: il Centro e le Isole. Dunque il nome del simbolo serve a trainare una narrazione mediatica e politica: la polarizzazione con Meloni, che invece si candiderà in tutte le circoscrizioni, sempre in cima all’elenco.

Prima del Pd

È una scelta con pochi precedenti, nel principale partito della sinistra italiana. Nessun segretario del Pci infilò il nome nel contrassegno elettorale. Non lo fecero i Democratici di sinistra, nemmeno quando si chiamavano Pds. Mentre Francesco Rutelli inserì il suo cognome nella Margherita, ma solo al debutto, quando il partito era ancora una agglomerato di soggetti politici, dall’Asinello al Ppi, all’Udeur di Mastella.

La svolta di Veltroni

Il primo (e unico) segretario del Pd col cognome del simbolo è stato Walter Veltroni, come detto, alle Politiche del 2008. Format stilistico simmetrico a quello scelto da Silvio Berlusconi per il Pdl. Ma appunto entrambi correvano da “presidente”. Il Pd, a quella tornata, strappò il suo miglior risultato di sempre alle Politiche, oltre il 33%. Una percentuale superata solo da Renzi nel 2014, col famoso 40% delle Europee.

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Da Bersani a Letta

Dopo Veltroni, cognomi spariti. Simbolo classico, col ramoscello d’Ulivo e senza aggiunte, per Dario Franceschini nel 2009, alle Europee. E anche per Bersani alle Politiche della “non vittoria” nel 2013.

E ancora nel 2018 con Renzi. Per le Europee del 2019, Zingaretti fa spazio al movimento di Carlo Calenda, “Siamo Europei”, che viene citato nel logo.

Mentre nel 2022 Enrico Letta ha aggiunto una scritta su sfondo rosso, “Italia democratica e progressista”, per dare l’impressione di un partito che si allargava ad altri pezzi della sinistra. Come Elly Schlein.

Il voto in Direzione

Tutti d’accordo al Nazareno? In realtà no. Gianni Cuperlo già ha espresso le sue perplessità: “Il nome nel simbolo è per l'elezione monocratica, alle europee bisogna votare Pd. La segretaria non è Giorgia Meloni”. I riformisti sono perplessi (eufemismo) anche se per le dinamiche assembleari, la proposta in Direzione l’ha fatta Stefano Bonaccini, da presidente del Pd. Contrari Peppe Provenzano, Marco Sarracino e Debora Serracchiani. In ogni caso un voto ci sarà. E il pallottoliere potrebbe riservare sorprese.

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