Ue, maggioranza risicata. Gli scenari dopo il voto: popolari e socialisti al bivio tra verdi e destra - la Repubblica

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Ue, maggioranza risicata. Gli scenari dopo il voto: popolari e socialisti al bivio tra verdi e destra

Ue, maggioranza risicata. Gli scenari dopo il voto: popolari e socialisti al bivio tra verdi e destra
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Stando al sondaggio commissionato dalle istituzioni europee non ci sarebbe il temuto trionfo delle destre estreme

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ROMA - C’è un sondaggio riservato che circola tra i corridoi delle istituzioni europee. Commissionato dai vertici dell’Unione, viene considerato il più attendibile. Indica che dopo il voto del 9 giugno in Europa non ci sarà la temuta onda nera. Le famiglie politiche della destra sovranista - l’Ecr di Meloni e del polacco Kaczynski e l’Id capitanato da Salvini e Le Pen - non sfonderanno. Cresceranno. Ma di poco. Un piccolo salto in avanti che non cambierà gli equilibri politici al Parlamento europeo. Anzi, sempre secondo i dati riservati di Bruxelles, Partito popolare, Socialisti e Liberali di Macron continueranno a detenere la maggioranza al Parlamento europeo. Ma sarà risicata. Poco sopra il 50%. Un margine poco rassicurante per governare l’aula di Strasburgo. E dunque saranno costretti a scegliere un quarto partner: i Verdi, nel nome di un’Europa che si arma contro il climate change. O Fratelli d’Italia, per una Unione più nera. Le due alternative di Europa che si misureranno nei prossimi mesi e decideranno il futuro politico ed economico dell’Unione. Ruoteranno intorno al destino del Green Deal.

I sondaggi indicano che il Partito popolare di fatto reggerà rispetto al 2019, i socialisti prederanno qualcosa mentre i macronisti di Renew rischiano il tracollo. E non saranno più decisivi in aula: stando alle previsioni, non avranno più i numeri per una maggioranza alternativa con socialisti, sinistra e Verdi sui singoli dossier. Quindi perderanno forza contrattuale.

E dunque la scelta per governare l’Europa sarà quella se andare verso il verde o il nero. Autorevoli fonti di Bruxelles spiegano che una parte del Ppe non vuole Meloni, preferisce guardare ai Verdi per salvare il Green Deal, preda numero uno dell’ultradestra sovranista. Non sarà facile però compattare tutti i popolari verso l’alleanza “progressista”, mentre chi spinge è il premier spagnolo Pedro Sanchez, calibro da 90 dei socialisti (per quanto in difficoltà a Madrid) che punta a suggellare il patto verde ottenendo la poltrona di super commissario al Green Deal per la sua vicepremier, Teresa Ribera. Il patto con i Verdi porterebbe a salvare le politiche ambientali Ue accompagnandole con più fondi per ammorbidire l’impatto sui cittadini dei sacrifici per arrivare alla neutralità climatica. Con i Verdi che in queste ore, al contrario del 2019, non escludono l’ingresso in maggioranza.

Ma c’è un’altra Europa che vuole affondare il patto con i Verdi. Che nel Ppe - la famiglia politica che si confermerà egemone in Europa - è capitanata da Manfred Weber e Antonio Tajani. Puntano ad allargare la maggioranza ai Conservatori dell’Ecr. O meglio, a una parte di essi. A Giorgia Meloni. L’ala più dura dei popolari scommette che dopo le Europee Fratelli d’Italia e i polacchi del Pis si spaccheranno per le tensioni che si stanno accumulando nel contrasto tra la postura più governativa di Meloni e quella più oltranzista dei polacchi, a Varsavia mandati all’opposizione dall’arcinemico Donald Tusk (Ppe).

Ma a destra cosa succederà? I due gruppi sovranisti, Ecr e Id, appunto cresceranno, ma lievemente. In casa Meloni, il pieno di FdI in Italia sarà in parte bilanciato da un calo del Pis in Polonia. Dentro l’Id, invece, l’exploit atteso di Le Pen sarà in parte compensato dal crollo della Lega rispetto al 34% del 2019. Le altre famiglie europee scommettono su una implosione della galassia sovranista, con il divorzio tra FdI e i polacchi del Pis dentro la famiglia dei Conservatori e l’allontanamento da Id dei tedeschi della Afd (al centro dello scandalo finanziamenti cinesi e russi) su spinta di Le Pen. La francese, guardando alle presidenziali del 2027, cerca infatti compagnie europee meno imbarazzanti, tanto che avrebbe già bussato alla porta di Meloni per un matrimonio politico senza Salvini. La leader di FdI però prende tempo, facendo credere per adesso ai popolari di poterla arruolare in maggioranza.

La premier – spiegano dal fortino conservatore a Strasburgo – voterà la fiducia al prossimo (o alla prossima) presidente della Commissione Ue. Anche perché quel nome dovrà prima passare al vaglio del Consiglio europeo con il sì di tutti i capi di Stato e di governo, quindi anche di Meloni.

«Il matrimonio con i socialisti è davvero difficile», spiega un influente membro di FdI. E soprattutto i Fratelli di Italia da soli, se facessero da stampella alla maggioranza, conterebbero poco. E allora l’ambizione della leader sarebbe federare tutta l’ultradestra sotto il suo ombrello, renderla più presentabile e traghettarla in maggioranza al posto dei Verdi da una posizione di forza. Le prede sono due: Orbàn – oggi isolato a Strasburgo - e Le Pen, attualmente alleata di Salvini (Id). L’operazione scatterà dopo le Europee: Meloni da troppi mesi tiene l’amico ungherese in attesa e teme che si allei con Le Pen creando un competitor alla sua destra. I polacchi del Pis, ora che sono all’opposizione, sono meno spaventati dal putinismo di Orbàn e hanno aperto. Frenano i partiti minori del gruppo. Ma Meloni confida nel fatto che dal primo luglio Orbàn sarà presidente di turno dell’Unione e dovrà ammorbidire le sue posizioni antieuropee. La partita con Le Pen sarà successiva, in vista della corsa all’Eliseo.

Ma il progetto è molto ambizioso e in molti in Europa scommettono sul fatto che la presidente del Consiglio italiano alla fine resterà sola, con il cerino in mano. Da questa partita dipendono i destini dei prossimi 5 anni dell’Ue e della sua politica più ambiziosa: il Green Deal

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