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Carlo Calenda: “Schlein vira sulla sinistra radicale. Il mio progetto parla a popolari e riformisti”

Carlo Calenda, leader di Azione

Carlo Calenda, leader di Azione

 (fotogramma)
Intervista al leader di Azione: “Il Pd non è più quello di Prodi e Veltroni. È finita la capacità di fare sintesi, ora è un competitor dei 5 Stelle
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ROMA - Senatore Carlo Calenda, leader di Azione, quando incontra il senatore Renzi a Palazzo Madama, vi salutate ancora?

«Certo! Si saluta sempre».

Adesso Elena Bonetti è passata da Italia Viva ad Azione. Ci sono altri arrivi dalle file renziane, ad esempio Ettore Rosato?

«C’è grande fermento intorno ad Azione. Altri arrivi ci saranno dagli stessi partiti da cui già ci sono stati. Mi fermo qui».

Intanto ha “sfilato” a Elly Schlein 31 tra amministratori e dirigenti dem in Liguria, dopo Alessio D’Amato nel Lazio: ha lanciato una Opa ostile nei confronti del Pd?

«Nessuna Opa ostile. Non ho mai voluto distruggere il Pd. Però il Pd di Schlein si è spostato molto verso la sinistra radicale. Mentre noi siamo interessati a costruire un’area repubblicana composta da liberal democratici, popolari e riformisti che abbia come bussola la cultura di governo. Vedo invece difficile una convivenza nel Pd di anime così diverse».

Perché?

«Da quando i Dem, insieme a Renzi, hanno scelto di salvare i 5S con il Conte 2 hanno costruito un nemico a sinistra. E, come diceva l’antico detto radicale francese “pas d’ennemi à gauche”: il Pd ha oggi il suo principale competitor nei 5S. Basti vedere gli applausi alla Festa dell’Unità di Ravenna a Giuseppe Conte. Inevitabilmente le proposte della segretaria dem sono rivolte a quell’elettorato. Il Pd è diviso in un pezzo più vicino a Conte che a Draghi e in un altro pezzo più affine a Draghi che a Conte. Noi puntiamo a rappresentare chi si ispira all’esperienza Draghi nel Pd, come del resto nel centrodestra».

Sta scommettendo sullo sfaldamento del Pd?

«No. Prendo solo atto che la vocazione maggioritaria del Pd è finita, perché è finita la capacità di fare una sintesi tra social democratici, liberal democratici e popolari. Il Pd non è più quello di Romano Prodi e Walter Veltroni».

Ma Schlein ha appena ribadito che il Pd è plurale, largo, generoso.

«È inevitabile che il Pd si “specializzi” per fronteggiare il competitor 5Stelle. Non è una critica nei confronti di Schlein che ha portato il Pd sulla linea per cui è stata votata. Con lei lavoreremo in vista della Finanziaria a una proposta sulla sanità, così come abbiamo fatto sul salario minimo. Ma è chiaro che la sua idea di ambiente, diritti e economia è molto radicale per una parte degli elettori e della classe dirigente del Pd».

E lei prepara un ticket con Elena Bonetti. Cosa vuol dire?

«Bonetti era vice presidente del Terzo Polo. Un progetto che puntava a costruire una proposta repubblicana ancorata ai valori della prima parte della Costituzione, superando il bipolarismo. Il nostro progetto resta».

Renzi addio. Cosa pensa del “Centro” appena lanciato dal leader di Iv?

«Auguri. Ma non è un progetto politico è un cartello elettorale per superare lo sbarramento. Per ora ha risposto solo Mastella. Ma cosa c’è di riformista in Mastella? Il “Centro” diventa la scusa per allearsi con chi vince le elezioni. Nella passata legislatura i 5S, in questa la destra. Noi abbiamo l’ambizione di trasformare in proposta politica, e quindi di fare votare, metodo e contenuti delle politiche del governo Draghi. La nostra opposizione non valuta le cose a seconda di chi le propone, ma in base alla loro utilità per l’Italia. Se riteniamo giusto il salario minimo lavoriamo con il Pd, e anche con i 5Stelle. Se riteniamo giusta l’abolizione del reato di abuso d’ufficio, votiamo il provvedimento del ministro Nordio».

Ai voti di FI guarda Renzi. E lei quali voti vuole prendere?

«I voti di Forza Italia li ho già presi alle amministrative a Roma e alle politiche. Ma i voti li prendi dando risposte concrete, pragmatiche e convincenti ai cittadini, non facendo finta di essere il figlio adottivo di Berlusconi dopo avere fatto il governo con Conte».

Europee. Con chi correrà?

«All’inizio di ottobre decideremo: stiamo parlando con +Europa di Riccardo Magi e con i liberal democratici europei che siedono in Renew Europe».

Il gruppo a cui aderisce Renzi.

«Con lui le strade sono definitivamente divise. Per lavorare insieme occorre condividere non solo alcune politiche ma anche valori e comportamenti. È una lezione che ho imparato a mie spese».

Comunque tutta questa competizione nel centrosinistra favorisce Giorgia Meloni e la destra, non crede?

«Non lo credo. Il governo Meloni, come quasi tutti i governi della Seconda Repubblica, non sta affrontando i problemi strutturali dell’Italia, in particolare sanità, istruzione, salari e sicurezza. Meloni ha come agenda la cronaca. Questo porta a un logoramento velocissimo».

Cosa teme di più di questa destra?

«Temo che i toni diventino quelli di un nuovo conflitto antropologico che divida il Paese tra la linea Vannacci e un progressismo esasperato che ha portato la sinistra lontana dalla maggioranza dei cittadini. La destra così può vincere senza governare».

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