Giuseppe Bono, morto il boiardo di Stato: per 20 anni ad di Fincantieri - la Repubblica

Economia

È morto Giuseppe Bono. Addio all'ultimo boiardo di Stato: per 20 anni alla guida di Fincantieri

È morto Giuseppe Bono. Addio all'ultimo boiardo di Stato: per 20 anni alla guida di Fincantieri
L'annuncio del ministro della Difesa Guido Crosetto su Twitter: "Amico fraterno e grande uomo"
2 minuti di lettura

Era l’ultimo boiardo di Stato e non ha mai respinto questa definizione, Giuseppe Bono, per oltre vent’anni amministratore delegato di Fincantieri, prima della sua uscita di scena, la scorsa primavera, sostituito da Pierroberto Folgiero al timone del gruppo cantieristico controllato da Cdp. La sua morte, all’età di 78 anni, è stata annunciata con un tweet dal ministro della Difesa Guido Crosetto. Una vita da “civil servant”, tutta nelle aziende pubbliche, tutta in salita per lui, originario di Pizzoni, Calabria, emigrato a diciott’anni a Torino per lavorare in fabbrica e, alla sera, studiare.

Al Nord lo aveva spinto la prematura scomparsa del padre, il fatto di essere l’unico maschio della famiglia e la necessità di continuare ad aiutare i suoi con un lavoro che a Pizzoni mancava. Per questo aveva messo da parte anche la sua vocazione religiosa, che da bambino sembrava destinarlo verso un altro cammino. Il destino aveva probabilmente tracciato per lui un’altra rotta, tutta nelle aziende di Stato, se si esclude l’esordio, nel 1963, nella joint venture pubblico-privata Omeca fra Fiat e Finmeccanica. Bono ha 19 anni e un diploma, è già supertifoso della Juve e sa che da quel mondo non uscirà più. Di giorno in fabbrica, la sera sui libri, fino alla Laurea in Economia e Commercio, e all’ingresso nell’Efim.

Anche la politica lo affascina con il primo presidente della Regione Calabria del ’70, Antonio Guarasci, democristiano di sinistra, poi socialista manciniano. Bono osserva da vicino le mosse della politica e capisce presto, da pragmatico, che deve dialogare con tutti. Un passo dopo l’altro arriva prima al vertice di Finmeccanica e poi si scambia la poltrona con Pier Francesco Guarguaglini. E’ il 2002 quando viene nominato amministratore delegato di Fincantieri, allora una sorta di “parente povero” del mondo industriale pubblico. Bono riorganizza il business e punta su una doppia linea di produzione, le passeggeri con il nascente boom delle crociere e il militare. Riconfermato per sei volte, passa da un ministro e da un governo all’altro senza problemi, facendo parlare i numeri e conquistandosi ogni volta la riconferma.

Di fronte alla grande crisi del 2008, sceglie di difendere gli otto cantieri italiani e alla ripresa riesce a riempirli di commesse. Stringe accordi negli Stati Uniti e in Cina e tenta anche la scalata ai gloriosi Chantiers de l’Atlantique francesi. Qui però deve fare i conti con il governo transalpino che stoppa l’operazione-crociere, lasciando invece aperta la porta dell’alleanza militare. A non riconfermarlo è il governo Draghi, che alla scadenza del suo mandato decide di puntare su altri manager. Bono abbozza e fa un passo indietro, accettando di farsi da parte e accogliendo invito l’invito di Nomisma di entrare nel comitato di indirizzo della neonata divisione “Mare”.

Esce senza clamori, tenendo fede al suo tradizionale understatement. Rigoroso fino all’estremo (i suoi collaboratori hanno sempre temuto le cene in trasferta in cui lui proponeva le pizzerie più scalcinate), ironico, grande divoratore di libri e di giornali, Bono ha sempre disertato i salotti e i luoghi della mondanità. Per le vacanze, qualche giorno a Tropea, prima di rifugiarsi con la moglie nella sua villetta a schiera di Tagliacozzo, in Abruzzo. Celebre la fuga, qualche anno fa, da una sfarzosissima cerimonia di varo di una nave subito dopo il pranzo di gala. A Tagliacozzo lo attendeva la processione dedicata alla Madonna.