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Contratto concluso dal legale rappresentante non autorizzato dal minore: applicabile l’art. 1443 c.c.
L'art. 1443 c.c. – secondo cui, qualora il contratto è annullato per incapacità di uno dei contraenti, questi non è tenuto a restituire all'altro la prestazione ricevuta se non nei limiti in cui è stata rivolta a suo vantaggio — si applica anche nel caso in cui il contratto, anziché essere stato stipulato personalmente dall'incapace, sia stato stipulato, in suo nome, da chi lo rappresentava senza la prescritta autorizzazione.
Il Tribunale di Monza annullò, per difetto della preventiva autorizzazione del giudice tutelare, la transazione con la quale R. K., in rappresentanza del figlio minore D., a fronte del quietanzato versamento di alcuni acconti e dell'impegno a versare l'ulteriore somma forfettaria di € 60.000, aveva rinunciato nei confronti dell'E. ad ogni ulteriore pretesa discendente dall'essere il minore unico erede della madre I.E.i, già socia, con il fratello D., della A. & C. sas.
Il Tribunale respinse inoltre la domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto di ripetizione della somma di € 162.000 di cui alla scrittura impugnata.
La Corte d'appello di Milano ha integralmente confermato tale decisione rigettando i motivi di gravame.
Avverso tale sentenza D. E. propone ricorso per cassazione.
La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha osservato che, secondo principio affermato da un risalente arresto della giurisprudenza di questa legittimità, ma successivamente a quanto consta incontrastato, l'art. 1443 cod. civ. — secondo cui, qualora il contratto è annullato per incapacità di uno dei contraenti, questi non è tenuto a restituire all'altro la prestazione ricevuta se non nei limiti in cui è stata rivolta a suo vantaggio (incombendo al solvens l'onere di provare l'eventuale vantaggio ricevuto dall'incapace e la relativa misura) — si applica anche nel caso in cui il contratto, anziché essere stato stipulato personalmente dall'incapace, sia stato stipulato, in suo nome, da chi lo rappresentava senza la prescritta autorizzazione.
Alla luce di tale principio, applicabile pertanto anche alla fattispecie in esame, non incombeva al minore (accipiens) l'onere di provare di aver diritto alle somme ricevute indipendentemente dalla annullata transazione, ma al solvens convenuto/appellante dar prova del vantaggio indebito ricevuto dalla controparte. L'esonero dalla restituzione è, invero, determinato, anche in tal caso, dalla presunzione che il contraente incapace non abbia tratto profitto dalla controprestazione ricevuta.
Ciò in quanto la legge presume che l'incapace ha mal disposto del suo patrimonio, così come che possa aver dissipato la prestazione ricevuta e, pertanto, il rischio di tale situazione ricade sull'altro contraente che abbia contrattato con l'incapace e possa vedersi rifiutata la restituzione della sua prestazione ove non provi che di essa l'incapace abbia tratto vantaggio, essendo, peraltro, anche escluso che possa assumere rilievo la buona o malafede dell'altro contraente.
Nel caso di specie pertanto, in mancanza di alcuna allegazione e prova, da parte del solvens, dell'indebito vantaggio ricevuto dalla controparte, corretta deve ritenersi la decisione impugnata.