James Brown: a 90 anni dalla nascita, un racconto di ‘Sex Machine’

di Irene Noli

Per celebrare i 90 anni di James Brown, nato il 3 maggio 1933, esploriamo la genesi della sua canzone più celebre, ‘Sex Machine’ (1970), pietra miliare del Funk e momento di svolta nella carriera del Padrino del Soul.


La svolta di James Brown nel 1970

Dopo aver collezionato negli anni ’60 una serie di hit indimenticabili, da ‘Papa’s Got a Brand New Bag’ a ‘Say It Loud – I’m Black and I’m Proud’, da ‘I Feel Good’ a ‘It’s a Man’s Man’s Man’s World’, James Brown era assurto all’olimpo della musica internazionale. Blues, Soul e R’n’B gli ingredienti fino a quel momento del suo cocktail musicale, eppure l’istinto del Godfather, animale da palcoscenico e intuitivo uomo d’affari, lo portò a capire come alla miscela del suo Funk andasse ora aggiunto il Rock, riappropriandosi in un certo senso di quello che Muddy Waters, Chuck Berry e altri fratelli neri avevano insegnato a Rolling Stones & co. Se Sly & the Family Stone o gli Isley Brothers andavano per la maggiore nell’America a cavallo tra i due decenni, un James Brown alla soglia dei 40 anni decise di non restare indietro. Ed ecco che nel marzo del 1970, quando la sua band storica si ribellò alle continue multe (comminate da JB per un abito fuori posto o per una presunta nota stonata) e alle paghe troppo basse, il leader rispose sostituendo tutti con un giovane gruppo di Cincinnati guidato dai fratelli Bootsy e “Catfish” Collins, i New Breed, poi ribattezzati The J.B.’s. L’unico elemento della formazione precedente che scelse di restare con James Brown fu il batterista Jabo Starks, abituato a suonare sempre con un occhio attento al capo per coglierne gli imperiosi e imprevedibili “Hit me!” durante le lunghe performance. Dopo qualche difficoltà iniziale, e vedendo la dedizione dei ragazzi, che lo consideravano un semidio, James Brown creò un vero amalgama col gruppo di adolescenti: con loro abbandonò le dinamiche punitive, assumendo piuttosto un atteggiamento paterno di guida e di complice. Sul tipico sound del Padrino, influenzato per sempre dal veterano Maceo Parker, si innestò l’energia di quegli 8 ragazzini cresciuti col mito di Jimi Hendrix e dell’ipnosi tribale della musica:

La musica arrivava sempre dall’universo, e noi eravamo solo strumenti; suonavamo i nostri strumenti – ma eravamo anche strumenti, usati per dire quello che voleva dire e sentire James. Ed è quello che abbiamo fatto. È stato davvero un periodo stile ‘Ai confini della realtà’ (Bootsy Collins)


Come nasce ‘Sex Machine’?

Bootsy Collins ha raccontato a un noto magazine musicale come ‘Sex Machine’ sia nata subito dopo un’esibizione live. Quella volta Brown aveva sorpreso i J.B.’s unendosi a loro sul tour bus, anziché prendere il solito aereo o la limousine: colto da una frenesia incontenibile era salito a bordo dicendo che aveva una canzone nuova in mente da cantare ai ragazzi; ha iniziato ad alludere scherzosamente al sesso e voleva appuntarsi subito tutta l’improvvisazione; qualcuno aveva un sacchetto di carta per sandwich, così lui ha scritto tutto lì sopra! Mentre cantava e scriveva, James Brown si muoveva, ballava sul bus e tutti i musicisti hanno ripreso mentalmente il groove del suo corpo, mappando ognuno la propria parte: sono corsi a registrare e in due sole riprese ecco ‘Sex Machine’. Qualcuno in studio ha detto: ‘Suona alla grande, Mr. Brown. Quando la mixerà?” E lui: ‘Mixare? È già mixata, figliolo!’ Tutto ciò che faceva con la band nasceva già dinamico e perfetto. Preso da un’estasi quasi selvatica e rabbiosa, in quella jam notturna partorì qualcosa di scatenato e geniale. James Brown e i J.B.’s d’altronde andavano spesso in studio alla fine dei loro show: si trattava anche di un escamotage pensato dal Godfather per controllare gli impulsi adolescenziali dei suoi giovani “Fellas”, incanalarli nell’onda creativa e tenerli fuori dai guai.


Ascolta il doodle a cura di Maurizio Rossato e Gianni Faluomo:

Cosa significa ‘Sex Machine’?

James Brown era uno dei pochi artisti cui fosse concesso trasgredire con un titolo audace come ‘Sex Machine’, senza paura di censure moralistiche o di perdere il sostegno delle radio che già da anni tramettevano la sua musica. Fu così che ‘Get Up (I Feel Like Being a) Sex Machine’ (questo il titolo integrale del brano) divenne il primo successo nella Hot 100 a includere la parola “sesso” nel titolo. Ricapitò nel 1973, ancora con James Brown con ‘Sexy, Sexy, Sexy’ e poi toccò ai Moments con ‘Sexy Mama’ nel 1974. Dal ‘75 le canzoni “sexy” furono all’ordine del giorno, guidate da ‘You Sexy Thing’ degli Hot Chocolate. Eppure il cavallo di battaglia di James Brown non è poi così trasgressivo come si potrebbe pensare. Il momento più esplicito sta nell’incipit, nel match vocale improvvisato con Bobby Byrd, ma appena parte il “tormentone” del refrain ci accorgiamo che l’autocelebrazione sessuale è piuttosto la metafora della capacità di James Brown di dominare il palco e il suo pubblico, grazie alla pazzesca fisicità dei suoi show:

Get up (Get on up) – Alzati (sali)
Get up (Get on up) – Alzati (sali)
Stay on the scene (Get on up) like a sex machine (Get on up) – Resta sulla scena (cresci) come una macchina del sesso (cresci)