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Effetto superbonus sui redditi dei professionisti tecnici ma è già iniziata la discesa

Con il 2023 ingegneri, architetti, geometri e periti archiviano un altro anno di crescita record spinti dagli incentivi all’edilizia, ma in calo rispetto al 2022. Per il futuro si punta su Pnrr e Industria 5.0

di Valeria Uva

3' di lettura

Per i redditi dei professionisti tecnici (architetti, ingegneri, periti industriali e geometri) il 2023 è stato un altro anno di crescita a doppia cifra. Anche se i record dello scorso anno restano imbattuti. Ed è più vicina all’esaurimento la spinta dei bonus edilizi.

Sono queste le tendenze che si ricavano dai bilanci degli enti di previdenza 2023 di queste categorie che cristallizzano i redditi Irpef e i volumi d’affari dichiarati l’anno scorso ma maturati nel 2022.

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Gli incrementi dei compensi dichiarati sono per tutte le principali categorie interessate intorno al 20% sul 2021. Se poi si prendono i valori cumulati nel biennio d’oro 2021-2022, tutti possono vantare delle vere e proprie impennate, di fatto mai registrate nel passato: basti citare l’esempio del geometra che, appena pochi anni fa, nel 2020 incassava poco più di 22mila euro e ora nel 2022 è arrivato oltre i 37mila euro di media.

Ruolo traino dei bonus edilizi

Le valutazioni delle Casse sono concordi: a trainare questi aumenti record che hanno cancellato la crisi dell’immobiliare del 2008 sono stati i bonus edilizi, in particolare il superbonus. Con il risultato che i compensi di ingegneri e architetti sono arrivati oltre i 43mila euro (rispetto al 2020 vuol dire +60% per gli ingegneri e +70% per gli architetti). Il lavoro per i professionisti si è concentrato soprattutto nelle fasi iniziali di progettazione con un superbonus che ha acceso i motori (e i progetti) nel 2021. Ed infatti, ad esempio, è proprio in quell’anno che i periti industriali hanno fatto il boom: + 44% di guadagni sull’anno orribile del Covid, il 2020. Oggi tutti questi professionisti restano a livelli ancora alti, ma in fase calante. E il peggio deve ancora arrivare: si teme sia per il brusco stop al 110%, nella sua formula più generosa, sia per il freno che è già scattato con il divieto di cedere i crediti lasciando in vita solo le detrazioni.

Cosa potrebbe sostituire questa spinta? Il presidente di Inarcassa, Giuseppe Santoro, è ottimista: «Mi aspetto una discesa significativa dei redditi non prima del 2026 sia perché l’edilizia è comunque ripartita e prevediamo ancora una quota significativa di lavori di ristrutturazione, seppur con bonus minori, sia perché si deve ancora manifestare appieno la spinta propulsiva del Pnrr e di molti grandi lavori pubblici». «Solo il Ponte sullo stretto – cita ad esempio – se si farà potrebbe creare lavoro per migliaia di tecnici, indotto compreso». Situazione più articolata per i periti industriali perché racchiudono all’interno diverse specializzazioni; dagli impiantisti ai termotecnici, ai periti meccanici ad esempio. «Ad oggi, prevediamo una discesa dei redditi dal 2025 per i professionisti più vicini all’edilizia, ma crediamo sarà compensata nel complesso da altri settori», spiega il presidente di Eppi, Paolo Bernasconi. E cita ad esempio le certificazioni legate a Industria 5.0 e le Comunità energetiche rinnovabili. «Ma – aggiunge – serviranno altri incentivi per le ristrutturazioni edilizie, minori ma strutturali».

Concorrenza delle aziende per attirare giovani tecnici

Anche queste due Casse, come le altre, devono fare i conti con il calo demografico e la fuga dei giovani dalle professioni, che senza bonus potrebbe aggravarsi, mentre si fa sempre più forte la concorrenza delle aziende nel richiamare i giovani tecnici. Inarcassa ha allo studio interventi sulle pensioni: «Ma ci piacerebbe poter accogliere, con le modalità e le distinzioni necessarie, anche i tanti laureati in ingegneria e architettura, che scelgono di non iscriversi all’Albo, i quali ora possono versare solo alla gestione separata Inps». Per l’Eppi questo tema è ancor più attenzionato: dal 2025, per diventare perito industriale e iscriversi all’Albo servirà la laurea. «I futuri colleghi potranno iscriversi anche in altri Albi e quindi affidarsi alla previdenza di altri enti – ipotizza Bernasconi - ma credo che proprio grazie ai bonus il mercato abbia compreso la qualità delle nostre prestazioni e questo può rendere ancora appetibile la nostra professionalità. Noi continueremo a sostenere la categoria con aiuti economici e welfare».


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