La tragedia dei migranti in Grecia: la manovra azzardata della Guardia costiera. Poi il naufragio - la Repubblica

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La tragedia dei migranti in Grecia: la manovra azzardata della Guardia costiera. Poi il naufragio

Tanti gli interrogativi sull'intervento della sicurezza marina greca a cui dovrà cercare di dare una risposta l'inchiesta aperta dalla magistratura: dalle cime assicurate sull'imbarcazione alla possibilità di agire in acque internazionali fino all'arrivo al porto di Kalamata su uno yatch privato
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Quando, intorno a mezzanotte, il motore si è fermato, sul vecchio peschereccio si è fermata anche la pompa di sentina e pian piano l'acqua ha cominciato ad invadere la stiva in cui stavano almeno 200 tra donne e bambini. Mai riemersi a tre giorni dal più tragico naufragio della storia del Mediterraneo orientale.

Quello che invece comincia a riemergere sono frammenti di verità che vanno a comporre un puzzle assai diverso da quello che la Guardia costiera greca ha provato ad avvalorare nell'immediatezza della tragedia. Perché sembra ormai certo che, intorno alle 2 della notte tra martedi e mercoledì, il peschereccio Adriana con il suo enorme carico umano, 750 persone senza neanche un salvagente, la linea di galleggiamento abbassata dal peso e dall'acqua nella stiva, il motore in panne, si sia rovesciato dopo essere stato agganciato da alcune cime assicurate da uomini della Guardia costiera. Una manovra quantomeno azzardata, sconsigliata da qualsiasi manuale di soccorso soprattutto a fronte di un'imbarcazione sovraffollata e senza più alcun governo, e ancora oscura nelle sue intenzioni.

"Volevano trascinare il barcone al largo verso la zona Sar italiana", accusa l'ex deputato greco Arsenis dopo aver ascoltato il racconto di alcuni dei superstiti. "Sono stati i migranti a sciogliere le cime che avevamo legato per salire a bordo del peschereccio e controllare la situazione", la spiegazione al sito www.kathimirini di un esponente della Guardia costiera greca - eravamo vicini al barcone e lo controllavamo alla luce delle fotoelettriche. Poi in seguito ad un improvviso sbilanciamento si è ribaltato".

Dunque, quale che fosse la reale intenzione degli uomini del soccorso, sarebbe stata proprio la manovra poco accorta a provocare il ribaltamento dell'Adriana, colato a picco nel giro di pochi minuti. Operazione di cui però, ed è solo il primo di una serie di buchi neri nella ricostruzione della dinamica, la Guardia costiera non ha neanche fatto cenno nella nota ufficiale con la quale, il giorno dopo il naufragio, ha ricostruito la cronologia degli eventi, dal primo allarme ricevuto da Frontex con l'avvicinamento aereo del barcone alle 9.47, fino al momento del ribaltamento collocato alle 2.04. Perché dunque, la Guardia costiera non ha mai parlato di quell'intervento deciso per altro con molte ore di ritardo rispetto alle numerose segnalazioni ricevute? Ultima quella di Alarm phone che ieri ha diffuso il dispaccio con cui già alle 17.35 si chiedeva al centro di ricerca e soccorso greco un immediato intervento sul barcone da dove i migranti riferivano di non essere più in condizione di andare avanti e di necessitare di aiuto immediato.

E invece i greci si limitano a guardare, inviano sul posto due mercantili di passaggio ai quali ordinano però di limitarsi a rifornire i migranti di acqua e cibo, nulla di più. Forse perché - come si apprende da uno sconcertante tweet del ministro dell'asilo e dell'immigrazione Notis Mitarakis - la guardia costiera greca ha ordine di non intervenire in acque internazionali e il barcone si trovava a 47 miglia a sudovest di Pylos, acque internazionali appunto? Sarebbero disposizioni totalmente illegittime per un Paese che ha giurisdizione su un'area Sar che non coincide con le acque nazionali. E la zona del naufragio rientra in acque Sar di Atene. Se il peschereccio fosse riuscito a continuare ancora per qualche decina di miglia il coordinamento delle operazioni di soccorso sarebbe passato nelle mani dell'Italia e forse era proprio questo che sperava di riuscire a fare la Guardia costiera provando ad "accompagnare" l'Adriana sulla sua rotta iniziale. Nonostante le condizioni di navigazione di quella barca fossero evidentemente insicure visto il numero di persone e l'assenza di giubilo di salvataggio. Infine un ultimo interrogativo: chi ha veramente soccorso i superstiti? Perché al porto di Kelemata i sopravvissuti non sono arrivati su una nave della Guardia costiera ma su uno yacht privato.

Tutti interrogativi a cui dovrà cercare di dare una risposta l'inchiesta aperta dalla magistratura greca. Nelle stesse ore in cui arriva una forte presa di posizione delle agenzie dell'Onu sull'obbligatorieta del soccorso in mare di imbarcazioni di migranti che chiedano aiuto o meno." Il dovere di soccorrere le persone in pericolo in mare senza ritardi è una regola fondamentale del diritto marittimo internazionale - ammoniscono Unhcr e Oim - Sia i capitani delle navi sia gli Stati hanno l'obbligo di prestare assistenza a chi si trova in pericolo in mare indipendentemente dalla loro nazionalità,  status o circostanze in cui si trovano, anche su imbarcazioni non idonee alla navigazione e indipendentemente dalle intenzioni di coloro che sono a bordo". Un obbligo che la Grecia, come l'Italia a Cutro, ha totalmente ignorato.