Dall'Oscar al fallimento della United Artists: i due capolavori di Michael Cimino - HuffPost Italia

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Dall'Oscar al fallimento della United Artists: i due capolavori di Michael Cimino

Getty-HP
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Due film nel giro di due anni anni che gli cambiano la vita e la carriera a ritmi da capogiro. Il primo lo porta tra le stelle di Hollywood e della cinematografia mondiale. Mentre il secondo lo getta nella polvere trasformandolo quasi in un appestato. È la storia del regista americano Michael Cimino e di due capolavori: “Il cacciatore” e “I cancelli del cielo”.

Cimino, classe 1939, viene spesso accomunato ai maestri della New Hollywood come Martin Scorsese, Francis Ford Coppola e Brian De Palma. Non è esatto, perché mentre i celebri colleghi studiano cinema fin da giovani e hanno come obiettivo quello di fare film, Cimino è più interessato all’arte, alla musica e all’architettura. Quasi per caso si avvicina al cinema collaborando a qualche sceneggiatura. La grande occasione arriva con Clint Eastwood. Il famoso attore prima gli fa scrivere controvoglia i dialoghi della seconda puntata della saga dell’ispettore Callaghan. Poi, su insistenza dello stesso Cimino, gli dà tre giorni per vedere come se la cava sul set. Il soggetto e i dialoghi sono stati scritti proprio dal giovane sceneggiatore che come sul set dimostra di saperci fare alla grande. Nel 1974 esce così il primo, ottimo film di Cimino: “Una calibro 20 per lo specialista” con Eastwood e Jeff Bridges.

Subito dopo Cimino si mette al lavoro al film che lo farà diventare una celebrità, “Il cacciatore”. Il cast è stellare: Robert De Niro, Meryl Streep, John Cazale e Christopher Walken per citarne alcuni. Il tema è la guerra del Vietnam e di come il conflitto segni l’esistenza di un gruppo di amici appartenenti a una comunità russo-americana della Pennsylvania. Più di una scena è indimenticabile: il matrimonio prima della partenza con il lungo ballo (i balli sono un pallino del regista), la caccia al cervo, la roulette russa, “un colpo solo”. Il successo è enorme. E sbanca la notte degli Oscar con cinque statuette, tra cui quella per miglior film e miglior regista. Ma nella lavorazione della pellicola qualche segnale di eccesso, perfezionismo e megalomania da parte di Cimino inizia a intravedersi. Un carattere difficile che prenderà il sopravvento nel suo terzo lavoro e sarà fatale per la sua carriera.

 

Sunset Boulevard via Getty Images
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Dopo il successo de “Il cacciatore” infatti i produttori si contendono il nuovo enfant prodige del cinema americano e gli danno carta bianca. Una settimana dopo la cerimonia degli Oscar Cimino si trasferisce con una troupe colossale a Kallispel, nel Montana. Il suo nuovo progetto racconta una storia di violenza e intolleranza ispirato a fatti realmente accaduti nella contea di Johnson nel Wyoming nel 1890. Al centro della storia il conflitto tra i proprietari terrieri statunitensi e i coloni immigrati dall’Est Europa. Si tratta de “I cancelli del cielo”.  

All’inizio Cimino, che considera John Ford il più grande regista della storia, culla l’idea di avere come protagonisti John Wayne, Henry Fonda e James Stewart. Si dovrà accontentare di Kris Kristofferson, Christopher Walken Isabelle Huppert. L’isolamento della troupe e la fama di Cimino fanno crescere un’aura di mistero intorno alla lavorazione del film. Alcuni giornalisti addirittura si fanno assumere come comparse per scrivere qualche scoop. Cominciano così ad accavallarsi notizie vere e leggende che però hanno l’identico risultato: distogliere l’attenzione dall’opera e parlare solo del dietro le quinte. Così sapremo delle 1200 comparse utilizzate, di feriti durante le riprese, di sangue animale utilizzato per dare maggior realismo alle scene, delle sei settimane di lezioni di ballo, di troupe e attori fermi in attesa della “magic hour”, ovvero quei 20 minuti al giorno in cui secondo Cimino la luce naturale è perfetta per girare. Purtroppo all’uscita del film in sé, della sua fotografia perfetta, dei movimenti di camera vertiginosi e delle incredibili scene di ballo e di battaglia si parla molto poco.

 

Sunset Boulevard via Getty Images
Sunset Boulevard via Getty Images 

 

Le conseguenze di tutto questo sono l’allungarsi di quattro mesi del tempo pattuito per finire le riprese e soprattutto lo sforamento del budget oltre i 50 milioni di dollari. Per non parlare della prima versione presentata dal regista di 5 ore e 20 minuti poi accorciata a 3 ore e 39 minuti. Che poi verrà ulteriormente tagliata dai produttori dopo i primi fiaschi al botteghino. Ecco, proprio il pessimo risultato nelle sale sarà una delle cause del fallimento della storica United Artists che verrà inglobata dalla Metro Goldwyn Mayer. La colpa viene attribuita tutta al regista che da quel momento, nel giro di soli due anni, dall’apice del successo andrà incontro a una parabola discendente da cui non si rialzerà più. 

Cimino girerà soltanto altri quattro film: “L’anno del dragone”, “Il siciliano”, “Ore disperate” e “Verso il sole”. Pellicole di un qualche valore ma senza magia e che non suscitano più l’interesse né della critica né degli spettatori. Solo verso l’inizio degli anni 2000, il regista de “Il cacciatore” comincia a essere rivalutato, almeno in Europa, diventando protagonista di retrospettive e ospite d’onore nei festival. Mentre negli Stati Uniti è ancora trattato come un reietto e ormai ci si occupa di lui solo sulle pagine di gossip, dove si sottolineano l’esagerata perdita di peso, i ritocchi chirurgici al volto e le voci che danno per imminente un cambio di sesso. Cimino muore a 77 anni il 2 luglio 2016, da solo, trovato dalla polizia nel suo letto dopo che gli amici e i familiari non lo riuscivano a contattare da giorni. Non si sa né il motivo della morte né dove sia stato sepolto.

Ironia della sorte proprio negli ultimi anni il suo “I cancelli del cielo”, l’opera maledetta su cui è stato scritto un libro e girato un documentario, ha avuto infine gli onori che merita. Il film è stato restaurato e ricostruito nella sua durata originaria dalla Cineteca di Bologna e trasmesso di recente anche su Rai cinema. Rimane la storia incompiuta di un regista che poteva forse essere uno dei più grandi e che invece proprio per il suo tendere sempre alla perfezione e alla grandezza si è scottato.

Vittorio Zunino Celotto via Getty Images
Vittorio Zunino Celotto via Getty Images 

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