Le tante frasi celebri di (e su) Giulio Andreotti - Linkiesta.it

Le tante frasi celebri di (e su) Giulio Andreotti

Aforismi celebri del Divo e quello che si diceva di lui

«Ho visto nascere la Prima Repubblica, e forse anche la Seconda. Mi auguro di vedere la Terza»

«A parte le guerre puniche, mi viene attribuito veramente tutto»

«In fondo, io sono postumo di me stesso»

«Il potere logora chi non ce l’ha»

Considero il sopravvivere una grazia di Dio.

«I miei amici che facevano sport sono morti da tempo»

«Meglio tirare a campare che tirare le cuoia»

«A parlare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina»

«Preferisco andare ai battesimi piuttosto che ai funerali»

«L’umiltà è una virtù stupenda, ma non quando si esercita nella dichiarazione dei redditi»

«La morte? Non sono pronto. Spero di morire il più tardi possibile»

«Anche quest’anno ce l’abbiamo fatta, grazie a Dio. Tanti miei compagni di scuola non ci sono più. Io capisco e gli altri capiscono quello che io dico»

Da Giulio Andreotti, Spunti di riflessione da La repubblica probabile, a cura di Mario D’Antonio, Aldo Garzanti Editore, 1972

   «In Italia vi è un’onda di corsi e ricorsi che fa passare l’opinione pubblica media, e talvolta anche quella di cospicue personalità politiche, da una autarchia avvilente e incostruttiva a una vera e propria soggiacenza alle altrui esperienze e fenomenologie»
   «Un punto fermo è quello della non opportuna modificabilità della costituzione»

   «La libertà vera ha un intrinseco contenuto di moralità, irrinunciabile»

   «Dire no alla repubblica presidenziale in Italia non significa esprimere un giudizio svalutativo sul modo di reggersi degli Stati Uniti d’America o di altri paesi»

   «Nella sua semplicità popolare il cittadino non sofisticato, passando dinanzi al parlamento o ai ministeri, è talora indotto a porre il dubbio se sia proprio lì che si governi l’Italia»

   «La stabilità è l’obiettivo naturale per ogni espressione di potere politico ed è una finalità indispensabile per una nazione che ha conosciuto cinquanta anni fa le conseguenze nefaste di un periodo di estrema debolezza governativa, crisaiola e poco concludente».
 

«La cattiveria dei buoni è pericolosissima»

Su Michele Sindona: «Io cercavo di vedere con obiettività. Non sono mai stato sindoniano, non ho mai creduto che fosse il diavolo in persona. (Il fatto) che si occupasse sul piano internazionale dimostrava una competenza economico finanziaria che gli dava in mano una carta che altri non avevano. Se non c’erano motivi di ostilità, non si poteva che parlarne bene»

«Chiudo un occhio sui peccati di gola purché non si consumino con troppi generi d’importazione danneggiando la bilancia commerciale. Almeno per l’attuale periodo perfezionerei un famoso detto popolare: “Moglie, cibi e buoi…”, comprendendo in questi ultimi soprattutto quelli destinati a bistecche»

Su Il Divo: «È molto cattivo, è una mascalzonata, direi. Cerca di rivoltare la realtà facendomi parlare con persone che non ho mai conosciuto»
«Ha vinto (al Festival di Cannes) il film su di me? Se uno fa politica pare che essere ignorato sia peggio che essere criticato. Dunque…»

Hanno detto di lui

Indro Montanelli, 1970
«L’uomo è distaccato, (…) guardingo, a sangue ghiaccio.
Non c’è pericolo che impenni sull’ostacolo. È abituato ad aggirarlo, e lo dimostra la disinvoltura con cui ha regolarmente fatto le sue “entrate”- ora da destra, ora da sinistra – che tanto hanno confuso gli osservatori. Come arma di riserva, dispone anche dell’umorismo. Andreotti è l’unico uomo politico italiano che ne possieda, e forse molto più di quanto mostra (…). Andreotti non è un grande oratore: gliene mancano la rotondità e i voli. Ma è uno squisito parlatore, uno schermitore che assesta il colpo senza perdere mai la guardia, un agguerrito dèbatteur pieno di garbo e di cattiveria, cioè di una cattiveria corretta dal garbo. Ce n’è per tutti, amici e nemici, perchè in questo romano pontificio convivono in perfetta armonia un Monsignore e un Pasquino»

Nel 1984 Montanelli aggiungerà: «… Andreotti non è soltanto furbo. È intelligente. Anzi, intelligentissimo. Ma fino al punto di capire che il colmo dell’intelligenza consiste qualche volta nel  nasconderla sotto un’apparenza di mediocre piattezza. Andreotti, a questo piccolo sacrificio non si rassegna. Raccontano che lo stesso suo grande protettore De Gasperi, insospettito dalla sua intelligenza, parlando con lui, disse una volta ( credo a Scelba): “questo è un ragazzo talmente capace a tutto che può diventare capace di tutto”.(…) Andreotti è un perfetto cardinale di Curia da Chiesa del Settecento, tutto cipria, parrucca (e forca) senza speranza di Paradiso,né timore d’Inferno ed entrato, per esorcizzarlo, in tale confidenza col Diavolo che aveva finito per somigliarli(…). Non so quali meriti o demeriti gli storici di domani attribuiranno ad Andreotti.
Ma nessuno di loro potrà disconoscere che in questi ultimi anni egli ha reso un servigio prezioso: quello di aver fornito agli italiani, vera o falsa, la chiave di tutti i loro misteri, e Dio sa se ce n’è.
Senza di lui non riusciremmo a spiegare nessuno. Il suo armadio è il più accogliente sacrario di tutti gli scheletri in cerca di autore circolati in Italia nell’ultimo ventennio.
E dobbiamo convenire che Andreotti si è sempre gentilmente e con molta grazia prestato ad accoglierli. Mai un lamento, mai una querela, mai nemmeno una piccola smorfia di rammarico o di dispetto. Anzi, per rendersi più credibile come Demonio, ne ha anche assunto certi aspetti esteriori: la parola sommessa, l’incedere felpato, gli abiti notturni»

Aldo Moro, nelle lettere dalla prigionia durante il sequestro: «Lei uscirà dalla Storia […] e passerà alla triste cronaca che le si addice»

Giuseppe Ciarrapico: Un accorto gestore di una democrazia malata

Oriana Fallaci: «Lui parlava con la sua voce lenta, educata, da confessore che ti impartisce la penitenza di cinque Pater, cinque Salve Regina, dieci Requiem Aeternam, e io avvertivo un disagio cui non riuscivo a dar nome. Poi, d’un tratto, compresi che non era disagio. Era paura. Quest’uomo mi faceva paura. Ma perché?

«A chi fa paura un malatino, a chi fa paura una tartaruga? A chi fanno male? Solo più tardi, molto tardi, realizzai che la paura mi veniva proprio da queste cose: dalla forza che si nascondeva dietro queste cose. Il vero potere non ha bisogno di tracotanza, barba lunga, vocione che abbaia. Il vero potere ti strozza con nastri di seta, garbo, intelligenza».

«L’intelligenza, perbacco se ne aveva. Al punto di potersi permettere il lusso di non esibirla. A ogni domanda sgusciava via come un pesce, si arrotolava in mille giravolte, spirali, quindi tornava per offrirti un discorso modesto e pieno di concretezza. Il suo humor era sottile, perfido come bucature di spillo. Lì per lì non le sentivi le bucature ma dopo zampillavano sangue e ti facevano male».

Giulia Bongiorno: «La parte della prescrizione della cassazione è diversa. La sentenza della corte d’appello diceva “prima del 1980 ci sono rapporti con la mafia, dopo no”. Quella della cassazione, che è il terzo grado, che nessuno vuole andare a vedere, dice che nella parte anteriore al 1980, ci sono due verità alternative: la possibilità che lui, avesse rapporti o non li avesse. C’è una situazione di dubbio, per la quale però, non ha senso tornare indietro per vedere quale delle due verità alternative, perché arrivata la prescrizione. Quindi è una cosa dubitativa. Ben diversa dalla sentenza d’appello»

Giovanni Brusca: «Per quel che riguarda gli omicidi Dalla Chiesa e Chinnici, io credo che non sarebbe stato possibile eseguirli senza scatenare una reazione dello Stato se non ci fosse stato il benestare di Andreotti»

«Durante la guerra di mafia c’erano morti tutti i giorni. Nino Salvo mi incaricò di dire a Totò Riina che Andreotti ci invitava a stare calmi, a non fare troppi morti, altrimenti sarebbe stato costretto ad intervenire con leggi speciali»

«Chiarisco che in Cosa Nostra c’era la consapevolezza di poter contare su un personaggio come Andreotti»

Roberto Benigni: «Ha la stessa età di Dante ed è il presidente della Società dantesca romana: lui Dante l’ha conosciuto davvero… certamente era guelfo e ha visto da vicino pure lo schiaffo di Anagni a Bonifacio VIII»

Giorgio Gaber: «Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona; qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava persona»

Dino Risi: «Alcuni personaggi sono già forme di spettacolo, Andreotti è il dramma, Berlusconi è la commedia, Bossi è la farsa»

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