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Il Silenzio degli Innocenti: perché il film è entrato nella storia del cinema

L'agente Clarice Starling collabora con il pluriomicida Hannibal The Cannibal Lecter per trovare un assassino: analisi di uno dei film più importanti del cinema

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IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI (The Silence of the Lams) di Jonathan Demme è l’adattamento cinematografico dell’omonimo libro di Tomas Harris, da cui Ted Tally ha tratto la sceneggiatura.

Il Silenzio Degli Innocenti è sbarcato su RaiPlay. Vi basterà iscrivervi gratuitamente per vederlo.

Il libro è il terzo in cui compare il personaggio del dott. Hannibal Lecter, uno dei villain più celebri ed iconici del cinema moderno, dopo BLACK SUNDAY e RED DRAGON, quest’ultimo portato al cinema prima dal geniale Michael Mann con MANHUNTER, capolavoro sottovalutato, e poi sull’onda del successo di SILENCE dal più modesto Brett Ratner), la cui fama costringerà il suo creatore a scrivere un sequel, HANNIBAL, e che lo renderà protagonista anche di un altro film HANNIBAL – LE ORIGINI DEL MALE e di un serial.

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Il Silenzio degli Innocenti: riconoscimenti

Il capolavoro indimenticato di Demme è l’unico nella storia del cinema ad aver vinto le cinque statuette dell’Academy principali. Miglior film, regia, attore protagonista, attrice protagonista e sceneggiatura. Nel 1998 Il Silenzio degli Innocenti è stato inserito dall’American Film Institute nella classifica dei cento migliori film statunitensi di tutti i tempi.

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Demme è un autore che riesce ad unire nelle sue opere grandiosa spettacolarità e senso profondo. Il Silenzio degli Innocenti è probabilmente l’apice della sua autorialità. Strutturalmente complesso eppure narrativamente lineare, il film dimostra la capacità di Demme di gestire il mezzo cinematografico e il set. Demme da vita a personaggi che tirano fuori il meglio degli attori, in perfetto equilibrio con l’attenzione alla sceneggiatura. Anthony Hopkins e Jodie Foster non hanno più avuto ruoli così intensi e riusciti.IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI

Da una tragica realtà ad una spaventosa finzione

Il personaggio del serial killer (Buffalo Bill) è stato ispirato all’autore del libro -Harris è anche giornalista- dalle gesta di Ed Gein, assassino seriale statunitense realmente esistito. Gein commise atti di squartamento e necrofilia sulle sue vittime, ed era anche solito violare delle bare e costituirsi vari pezzi di arredo con le parti dei corpi dei cadaveri.

Le particolarità della sua vita e dei suoi assassini hanno ispirato anche TEXAS CHAINSAW MASSACRE, il capolavoro dell’horror rurale di Tobe Hooper, PSYCO di Alfred Hitchcock (omaggiato nel film dal gufo impagliato presente nel garage di Hannibal Lecter), e in tempi più recenti AMERICAN HORROR STORY: ASYLUM, seconda stagione del serial tv creato da Ryan Murphy.

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IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI

Fin dalla prima sequenza, IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI mette in scena le sue due tematiche principali: lo spazio chiuso, delimitato dalla messa in quadro come luogo non solo fisico, e nel quale si muovono i personaggi ma soprattutto come milieu psichico di trasformazione e mutazione; e la pulsione scopica che rimanda al desiderio di guardare, alla schisi tra l’occhio e lo sguardo. Lo sguardo è uno dei tratti differenziali tra l’analisi classica e lo psicodramma analitico, dei personaggi come atto di scoperta della verità, attraverso l’utilizzo della vista. In questo senso, il capolavoro di Demme può essere definito come un thriller dello sguardo.

La paura passa dallo sguardo

HopkinsLecter e Foster-Starling sono i due personaggi principali attraverso cui si costruisce la dialettica vittima-carnefice, allievo-maestro, uomo-donna; e si guardano sempre solo attraverso sbarre, vetri, telefoni, ricreando un patologico complesso di Norimberga che ingloba problematiche profonde e freudiane.

La ricerca (e conseguente, angosciosa scoperta) comporta un viaggio doloroso nell’inconscio e nel passato. Un viaggio che attraversa le zone d’ombra dell’anima e dimostra che il vero Male è quello interno, che si cela dietro le apparenze, quello che non vediamo.

IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI

“Il film è un percorso esteriore quanto interiore..”

Il film, che non a caso si apre con Clarice che si addentra in un bosco e si chiude con Hannibal che si immerge in una folla (in mezzo stretti corridoi, garage chiusi e polverosi, sbarre di prigioni, pozzi, cantine buie) è un percorso esteriore quanto interiore, attraverso i labirinti della psiche, mentre guarda da vicinissimo realtà morbose e spaventose -solo apparentemente- lontane.

Il bosco dove si addentra Clarice è allora il groviglio della mente malata dei suoi studi, le stanze del dipartimento a Quantico sono il cervello di Crawford, l’ospedale psichiatrico e la cella sono la mente di Lecter, la cantina e le infinite stanze il subconscio contorto e violento di Buffalo Bill.

L’inganno dello sguardo, che non sempre coincide con la vista, riecheggia le tematiche del miglior Argento (L’UCCELLO DALLE PIUME DI CRISTALLO, PROFONDO ROSSO) e Antonioni (BLOW-UP, seguito dal depalmiano BLOW-OUT).

Allora la ricerca di crescita, di conoscenza, di rivelazione avviene solo utilizzando la vista.

I primissimi piani di Demme insistono sugli occhi di Clarice che guarda le foto, la cella, l’obitorio e la stanza della vittima di Buffalo Bill. Un insieme di matrioske infinito. E proprio Lecter lo dice chiaramente: “guardiamo ciò che desideriamo” perché il senso della vista si delinea lungo la direttrice osservazione-conoscenza-desiderio-possesso.

IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI

Clarice e Hannibal sono gli unici a poter vedere senza l’ausilio di una vista aggiuntiva. Crawford indossa gli occhiali, il medico legale una macchina fotografica, Buffalo Bill un visore notturno. Come a dire: per vedere la realtà bisogna attrezzarsi, avere dei filtri.

E il Cinema cos’è se non un potenziamento della visione del reale su uno schermo in una sala buia?

Il Silenzio degli Innocenti: due finali da paura

Tra le tante sequenze memorabili, probabilmente è solo una quella che rimarrà nella storia del cinema, quella conclusiva.

In questo tratto, la sceneggiatura utilizza una struttura ad incastro alternata: le indagini dell’FBI e quelle di Clarice guidata da Lecter arrivano entrambe ad un climax. Ma mentre gli agenti dell’FBI si fermano solo a ciò che vedono (la lunga sequenza della fuga di Hannibal Lecter mostra chiaramente l’inganno perpetrato dallo psichiatra ai suoi inseguitori tramite una serie di falsi indizi costruiti su immagini false: una finta vittima, un finto fuggitivo, una finta fuga), la protagonista si addentra più a fondo nella verità delle cose, guardando con più attenzione ai particolari.

IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI

Se quindi da una parte l’FBI irromperà nella casa sbagliata, credendo di trovarvi dentro il colpevole, sarà invece contemporaneamente Clarice a trovare il vero Buffalo Bill, in una scena incrociata che porta avanti di apri passo due storie contemporanee. Traendo anche in inganno lo spettatore.

Quando Clarice si troverà ad affrontare il serial killer, lo farà nel punto più basso del suo cammino, in una scena totalmente buia. Qui, Buffalo Bill utilizzerà per vedere un visore ad infrarossi -perché incapace di vedere la realtà da solo-. Mentre Clarice sforzerà i suoi sensi nell’oscurità per sparare al suo nemico.

“Il climax de Il Silenzio degli Innocenti è duplice”

Pur se posta però sul finale, il climax de IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI è duplice.

Sono infatti due le sequenze che possono essere declinate in quest’ottica: la lunghissima scena della fuga di Lecter e il citato duello finale fra Clarice e Buffalo Bill. In qualche modo una speculare all’altra.

Quanto la fuga di Lecter è spettacolare, tanto il duello di Clarice è silenzioso. Quanto la prima è ritmata e violenta, il secondo è lineare. Infine, quanto la messa in scena dello stratagemma di Lecter è invaso dalla luce, tanto il confronto tra la protagonista e il killer è letteralmente immerso nel buio.

Questo lungometraggio straordinario ha consegnato poi all’iconografia cinematografica un villain immenso, entrato di diritto nella galleria dei personaggi più iconici.

IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI

Hannibal Lecter è una sorta di antagonista/protagonista, è l’emblema della contraddizione umana. Da una parte, incarna l’orrore assoluto, è il divoratore che aleggia negli incubi di tutti gli uomini. Dall’altra, è una persona affascinante, uno psichiatra e criminologo di rara preveggenza, un intellettuale, ma soprattutto un gentiluomo dai modi gentili ed educati.

Il Silenzio degli Innocenti: Una protagonista in anticipo sui tempi

Di contro, Clarice Starling, poliziotta coraggiosa e sensibile, vive un perenne conflitto tra paura e fascinazione nei confronti di Lecter. Lei che deve servirsi della mente di uno psicopatico per catturarne un altro che uccide e taglia a pezzetti giovani donne.

Un confronto che Lecter utilizzerà a suo favore per farle sviscerare i suoi pensieri più profondi e il rimosso di un’infanzia complicata.

Il personaggio di Clarice può anche essere inquadrato in un’ottica prevalentemente femminista. “È l’unica persona nel film che ha una serie di ideali e li segue fino alla loro conclusione positiva. Si rifiuta di cedere agli esami psicologici del dottor Lecter e di sublimare la sua identità. Seguendo il suo istinto, risolve con successo il caso. Quindi, è imperativo vedere Starling come qualcosa di più di una semplice protagonista: è la portavoce delle donne in un mondo dominato dagli uomini, una voce contro il patriarcato che esiste all’interno di tutte le istituzioni del mondo.” (Sonia Baelo Alluè, “The Aesthetics of serial killing”).

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La forza dell’opera consiste proprio in questo…

La forza dell’opera consiste proprio in questo confronto/scontro, mentale invece che fisico. L’analisi del rapporto tra malato (Lecter) e sano (Clarice) tra prigioniero e detective, che spesso si contraddice e si capovolge.

Un confronto assolutamente impari e squilibrato, in cui il confronto tra gli opposti gioca nettamente a favore della parte debole da un punto di vista sociale, ma più forte sotto il profilo dialettico e manipolatorio.

Il personaggio di Hannibal riscrive i connotati narrativi e caratteristici dei villain e dei serial killer tipici nel cinema e nella letteratura, determinando una svolta epocale che non avveniva forse dai tempi del Norman Bates del citato PSYCO. In questo senso, anche Sonia Baelo Alluè riporta Philip Simpson pone i due serial killer descritti in IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI e in AMERICAN PSYCHO (film di Mary Harron tratto dal capolavoro di Bret Easton Ellis) come due punti fermi nella narrativa della fiction sui serial killer, ponendo chiaramente Tomas Harris come creatore di una “formula del serial killer” e il suo romanzo come un perfetto esempio di come descrivere le convenzioni del genere.

Grazie al personaggio creato dalla penna di Harris, adattato da Tally, filmato da Demme e fatto carne da Hopkins, l’icona più celebre della devianza criminale (il serial killer psicopatico) assume un altro volto e una nuova inquietante sembianza. E non si limita più a un’apparente normalità, ma si nasconde dietro alle caratteristiche tipiche di un individuo elegante, lucido e scaltro.

E il finale memorabile del film suggella la certezza che l’oscurità della mente è un luogo inesplorato, di cui possiamo non essere consapevoli, ma che appartiene a tutti noi.

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IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI

  • Anno: 1991
  • Durata: 118'
  • Distribuzione: NOW TV
  • Genere: thriller
  • Nazionalita: stati uniti
  • Regia: jonathan demme
  • Data di uscita: 14-February-1991