Cristina di Svezia, la regina che rinunciò al trono

Cristina di Svezia, la regina che rinunciò al trono

Intelligente, colta e anticonformista, Cristina di Svezia salì al trono bambina, ma a 28 anni scelse di abdicare per convertirsi al cattolicesimo e vivere in libertà

Cristina di Svezia divenne regina a soli sei anni, e ancora giovane abbandonò il trono svedese per una profonda crisi spirituale. Viaggiò per l'Europa entrando in contatto con i più grandi intellettuali dell'epoca e infine scelse di stabilirsi a Roma, dove visse da regina dedicandosi agli studi e alla politica, senza sposarsi mai.

Sébastien Bourdon, 'Ritratto di Cristina di Svezia'. Stoccolma, Nationalmuseum

Sébastien Bourdon, 'Ritratto di Cristina di Svezia'. Stoccolma, Nationalmuseum

Foto: Pubblico dominio

La regina bambina

Cristina di Svezia nacque a Stoccolma il 18 dicembre 1626. Suo padre Gustavo II Adolfo, re di Svezia, e la moglie Maria Eleonora del Brandeburgo avevano già avuto due figlie, entrambe morte prima dell'anno, e aspettavano con ansia un erede. Alla nascita di Cristina, la levatrice annunciò che si trattava di un maschio: i capelli folti, la voce potente e forse anche un'ipertrofia clitoridea l'avevano tratta in inganno. Tuttavia il re non fu deluso dalla nascita della bambina, che scelse di far educare come un principe ereditario.

Sotto il regno di Gustavo II la Svezia era entrata nello scacchiere internazionale come potenza luterana, e fu proprio come campione del protestantesimo che nel 1630 il re partì per combattere nella Guerra dei trent'anni. Saggiamente, prima di andarsene si assicurò che i diritti di successione della figlia fossero rispettati, e quando due anni dopo morì sul campo di battaglia la piccola Cristina, ad appena sei anni, divenne regina di Svezia.

L'Atene del nord

La reggenza fu affidata al cancelliere Axel Oxenstierna, che si occupò personalmente dell'educazione della "regina bambina", come fu chiamata all'epoca. Cristina aveva una mente brillante e un grande interesse per lo studio e in pochi anni imparò, oltre allo svedese, il tedesco, l'olandese, il francese e l'italiano, nonché il latino, nozioni di strategia politica, storia, scienza, filosofia, musica e danza.

La sedicenne regina Cristina di Svezia

La sedicenne regina Cristina di Svezia

Foto: Pubblico dominio

Non ascese al trono fino al 1644, quando raggiunse la maggiore età, ma l'incoronazione fu rimandata perché la Svezia era in guerra con la Danimarca. Uno dei suoi primi atti da regina fu proprio la firma del trattato di pace di Brömsebro, nel 1645, da cui la Svezia ottenne diverse province danesi. La sua politica di pace proseguì durante i trattati di Osnabrück, in cui si discusse la continuazione della Guerra dei trent'anni. Il cancelliere Oxenstierna era favorevole a proseguirla, e in tutta risposta Cristina inviò un proprio invitato personale per perorare la pace. Tuttavia, in seguito alla battaglia di Praga, avvenuta appena prima della pace di Vestfalia (1648), la regina non esitò a farsi consegnare i dipinti, le sculture, le medaglie e monete, i pezzi di cristalleria, gli strumenti scientifici e i manoscritti e libri requisiti a Rodolfo II d'Asburgo per arricchire la propria collezione.

Oltre a una decisa inclinazione politica, infatti, Cristina nutriva anche un grandissimo interesse per le arti e gli studi. Durante il suo regno ‒ venne ufficialmente incoronata nel 1650 ‒ la giovane trasformò la corte di Svezia in un polo raffinato, frequentato da grandi intellettuali dell'epoca. Lei stessa intrattenne una corrispondenza con Blaise Pascal e invitò a Stoccolma come suo insegnante di filosofia Cartesio, che tuttavia sopravvisse solo pochi mesi al clima rigidissimo e morì nel febbraio 1650. Fondò anche la prima università di Finlandia, la prima rivista del mondo ancora in stampa (l'Ordinari Post Tijdender) e il primo teatro di corte di Stoccolma. In quell'epoca la capitale svedese divenne nota come "l'Atene del nord".

'Cristina di Svezia ricevuta all'Académie française', incisione del 1650 circa

'Cristina di Svezia ricevuta all'Académie française', incisione del 1650 circa

Foto: Pubblico dominio

L'abdicazione

Le spese per gli acquisti di opere d'arte, così come il tempo dedicato agli studi e l'apertura della corte a tante personalità straniere, non andarono però a genio al popolo scandinavo. Oltretutto la regina aveva speso moltissimo per eleggere nuovi nobili che si occupassero del governo in sua vece, e in aggiunta non sembrava disposta a sposarsi per garantire un erede al Paese. Davanti alle richieste dei dignitari, che la invitavano a cercarsi uno sposo tra qualche cugino, in modo da riportare un re sul trono, sembra che Cristina abbia risposto: «Il matrimonio genera una subordinazione alla quale non sopporto di sottostare». Pare che a partire dal 1645 avesse stretto una relazione con Ebba Sparre, una dama di corte giudicata bellissima dai suoi contemporanei, a cui ancora nel 1657 scriveva: «se voi non avete dimenticato la facoltà che avete su di me, vi ricorderete che sono già dodici anni che sono posseduta dall'essere amata da voi. Infine, io sono vostra in una maniera per cui è impossibile che voi mi possiate perdere, e non sarà altro che con la fine della vita che io cesserò di amarvi».

A questi conflitti con il popolo e la corte si aggiunse la profonda crisi spirituale affrontata dalla regina in quel periodo. La Chiesa cattolica, che era stata gravemente minacciata dall'impetuosa fede luterana di Gustavo II, aveva tutto l'interesse a riportare tra le proprie fila sua figlia, una testa coronata del nord Europa. Le aveva perciò mandato come ambasciatore di Portogallo il gesuita Antonio Macedo, i cui discorsi colpirono moltissimo la regina, già toccata dalla fervente fede cattolica del maestro Cartesio. Nel 1654 Cristina, ormai pronta alla conversione al cattolicesimo, scelse di abdicare al trono per poter abbracciare liberamente la propria religione e i propri interessi. Nominò suo erede il cugino Carlo X Gustavo e, dopo essersi garantita una cospicua rendita fondiaria, per evitare vendette fuggì dal Paese in incognito, travestita da uomo.

Ritratto di Ebba Sparre, la "bella contessa". 1653 circa

Ritratto di Ebba Sparre, la "bella contessa". 1653 circa

Foto: Pubblico dominio

Regina di Roma

Una volta rifugiatasi a Bruxelles, la vigilia di Natale del 1654 l'ex-regina fece la sua prima professione di fede cattolica, e poco dopo in Austria la conversione divenne pubblica. Soltanto allora il papa Alessandro VII la invitò ufficialmente a Roma, dove giunse con grandissimo sfarzo nel 1655. Per l'occasione Gian Lorenzo Bernini, che in seguito sarebbe diventato suo amico, disegnò apposta per lei una lettiga e restaurò Porta del Popolo con una scritta che inneggia al «suo felice e fausto ingresso» in città.

L'entusiasmo per la sua spettacolare conversione fu celebrato in ogni modo. Il giorno di Natale fu il papa stesso a darle i sacramenti, e in quella data Cristina aggiunse al proprio nome Alessandra e Maria, per esprimere devozione al pontefice e alla madonna. Il duca di Ferrara le offrì palazzo Farnese, che divenne presto luogo di ritrovo culturale, in cui ogni venerdì si discuteva di musica, teatro, letteratura e lingue.

A Roma la donna strinse anche una fortissima amicizia con il cardinale Decio Azzolino, che destò un tale scandalo che il papa stesso dovette intervenire per diradare le visite del prelato a palazzo Farnese. Quale che fosse la natura del loro rapporto, i due rimasero legati per più di trent'anni, e insieme gestirono le finanze e i progetti politici di Cristina e influenzarono l'esito di ben tre conclavi.

Il cardinale Decio Azzolino, amico della regina Cristina di Svezia a Roma

Il cardinale Decio Azzolino, amico della regina Cristina di Svezia a Roma

Foto: Pubblico dominio

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Il trono di Napoli e di Polonia

La regina fu anche corteggiata dalla corona francese. Il cardinale Mazzarino progettò per lei l'acquisizione della corona di Napoli, in modo che da questa posizione potesse fare da paciera tra Francia e Spagna. Cristina si recò alla corte del re Sole per discutere il progetto, ma mentre era al castello di Fontainbleu scoprì che il marchese Monaldeschi, capo-stalliere, l'aveva tradita rivelando i suoi piani alla Spagna. La donna irata ordinò a un servo di uccidere il traditore, ma l'omicidio di un nobile italiano all'interno di una dimora reale suscitò un terribile scandalo, e la Francia le tolse presto il sostegno per la candidatura come regina di Napoli.

Un'altra occasione di tornare sul trono si verificò nel 1660, quando il suo successore Carlo X morì, lasciando un bambino di appena cinque anni come erede. Cristina tornò rapidamente in Svezia per chiarire che, se la dinastia del cugino si fosse estinta, la corona sarebbe dovuta tornare a lei. Il Paese però si dimostrò contrario alla sua conversione e la costrinse a firmare un nuovo atto di rinuncia alla corona.

Nel 1672 la santa sede le prospettò un'altra soluzione: quella di diventare regina di Polonia dopo la morte del re Giovanni Casimiro. Anche in questo caso, però, il progetto sfumò rapidamente, e Cristina dovette limitare le sue ambizioni alla propria corte d'intellettuali, ricostruita a palazzo Riario (oggi Corsini), e ai suoi intrighi con il Vaticano.

Sébastien Bourdon, 'Cristina di Svezia', 1653. Museo del Prado

Sébastien Bourdon, 'Cristina di Svezia', 1653. Museo del Prado

Foto: Pubblico dominio

I rapporti con il Vaticano

Fu lei infatti a favorire nel 1667 l'elezione a papa di Clemente IX, che però visse soltanto due anni. Il papa seguente, Clemente X, si mostrò molto più freddo nei suoi confronti: le tolse la pensione assegnatale dal suo predecessore e scoraggiò il suo interesse per il teatro, che nel 1671 era sfociato nella creazione del primo teatro pubblico di Roma, a Tor di Nona. In tutta risposta, quando per le feste di carnevale il pontefice proibì agli ebrei di uscire per le strade, lei pubblicò un decreto in cui dichiarava che tutti gli ebrei che lo desiderassero sarebbero stati posti sotto la sua protezione.

I rapporti con papa Innocenzo XI si raffreddarono ulteriormente: questi infatti proibì ogni spettacolo teatrale e vietò alle donne di recitare, cantare e vestire abiti scollati. Cristina dovette chiudere Tor di Nona, ma nel suo teatro personale continuò a far recitare come si era sempre fatto. In quegli anni la sua corte era frequentata dai compositori Alessandro Stradella, Bernardo Pasquini e Alessandro Scarlatti, e nel 1674 vi fu fondata l'associazione che avrebbe dato origine all'Accademia dell'Arcadia.

Nel 1689 la donna si ammalò e, dopo aver chiesto perdono al papa per le offese, morì il 19 aprile. Nominò Azzolino suo erede universale, ma anche questi morì pochi mesi dopo, e la straordinaria biblioteca della regina fu comprata dal Vaticano a una cifra irrisoria, mentre le sue collezioni artistiche (che includevano opere di Raffaello, Tiziano e Rubens) finirono disperse. La Chiesa le tributò un funerale solenne, e un onore che fino a quel momento aveva riservato soltanto a un'altra donna, Matilde di Canossa: la sepoltura nelle grotte Vaticane.

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