UN MOSTRO A PARIGI - Spietati - Recensioni e Novità sui Film
Animazione, Sala

UN MOSTRO A PARIGI

Titolo OriginaleUn monstre à Paris
NazioneFrancia
Anno Produzione2011
Durata90'
Scenografia

TRAMA

Parigi, 1910. Mentre le strade della città sono totalmente allagate, il timido proiezionista Emile e l’amico inventore Raoul, si intrufolano nel laboratorio di uno scienziato folle, dove un’esplosione causa la fuga di un mostro. Temendo che sia pericoloso, provano a rincorrerlo, ma l’intervento di Lucille, una cantante di cabaret, permetterà loro di capire che la creatura non è affatto una minaccia. Anzi.

RECENSIONI

Dopo essersi fatto le ossa come responsabile del dipartimento artistico (Giù per il tubo) e dell'animazione (In viaggio con Pippo, Bee Movie, Sinbad: la leggenda dei sette mari) e come co-regista (La strada per El Dorado, Shark Tale) per le major americane, Bibo Bergeron si butta in un film tutto suo, occupandosi sia della regia che della sceneggiatura. Una dimostrazione evidente della vitalità del cinema francese, che vive un momento d'oro che gli permette di affrontare opere con budget onerosi (25 milioni di euro non sono una bazzecola) con la fiducia di ottenere un ritorno sul mercato non solo nazionale. Scelta evidente fin dalla decisione di far parlare i personaggi in lingua inglese e di affidare solo al doppiaggio le voci di celebrità d’oltralpe (tra cui i cantanti Vanessa Paradis e Mathieu Chedid)

Tra i produttori l'iper-attivo Luc Besson, con la sua EuropaCorp, già a suo agio con l'animazione dopo la trilogia dei Minimei. Il risultato ha più pregi della saga di Arthur, ma gli stessi difetti. Non si può che rimanere incantati davanti a una ricostruzione di Parigi a tinte pastello, dove ogni minimo dettaglio è curato con perizia e professionalità, grazie a una tecnica che può tranquillamente competere con i leader americani del settore. Felice anche l’ambientazione della vicenda durante l'alluvione del 1910 (il film inizia con immagini di repertorio) che conferisce al racconto un'atmosfera particolarmente suggestiva. Ciò che meno convince riguarda l'approccio derivativo, che investe sia il soggetto (tanti i riferimenti, in primis Il fantasma dell'opera, ma anche La bella e la bestia e Il gobbo di Notre-Dame) che i disegni (le stilizzazioni evocano Tim Burton), ma, principalmente, la scarsa personalità del risultato.

Soprattutto la prima parte fatica un po' a imporsi a causa di situazioni e personaggi che puntano tutto sull'esagerazione, come se l'urlo continuo e la frenesia dell'azione fossero garanzia di risate ed empatia. Discutibile anche la scelta di proporre due personaggi femminili dalla fisionomia abbastanza simile. Per fortuna con l'entrata in scena del "mostro" il film decolla e i numeri musicali, con la bella e la bestia in complice e tenera intesa, sono tra i momenti più riusciti. Un esempio chiarificatore dell'assenza di anima del progetto può essere la pirotecnica battaglia finale, che scimmiotta la resa dei conti di King Kong cambiando tipologia di animale (là uno scimmione, qui una pulce gigante) e sostituendo il simbolo di New York (l'Empire State Building) con quello di Parigi (la Torre Eiffel). La poca originalità delle caratterizzazioni e delle svolte non è di per sé un difetto, il retrogusto è piacevole e il film scivola godibile, ma cavalca l'idea che imitare il modello americano sia l'unica garanzia per raggiungere il successo. Adattandosi quindi a cliché, sia visivi che culturali, piuttosto che cercando un'alternativa altrettanto efficace.