Le leggi dell’ordine etico è un romanzo nel quale Maurizio Cometto, senza abbandonare del tutto la sua vocazione per il fantastico, deborda per così dire nell’ambito della fantascienza, costruendo una storia distopica che pesca in un immaginario nel quale si avvertono echi di George Orwell, Philip K. Dick, Franz Kafka e Alan Moore (V per Vendetta).

Dopo, anzi durante, le conflagrazioni atomiche di una Terza Guerra Mondiale tra la Nato e il blocco Cino-Russo-Indiano (un dettaglio che conferisce al romanzo un’aria da instant movie appena un po’ anticipato) l’Italia si disimpegna e si richiude su se stessa (alle lettera) costruendo una Grande Muraglia che segue il crinale delle Alpi e la separa dal resto del mondo. Questa separazione però non è solo fisica, è addirittura ontologica, perché del resto del mondo non si sa più nulla, nemmeno se esista ancora.

A distanza di appena una generazione il passato è tagliato fuori, ne resta solo un racconto mitizzato, in cui si narra di come la Salvatrice, la cosiddetta “Madre della Patria”, ha condotto il Paese ad assumere la sua forma attuale di un’autocrazia rigida e irregimentata, con al governo un Comitato di Salute Pubblica, un esercito di Armati che ha annullato la distinzione tra poliziotti e soldati (il Paese si è dichiarato neutrale, perciò tecnicamente non c’è bisogno di un esercito), una struttura produttiva ed economica controllata a livello centralizzato, una rete capillare di persone (i “bisbigliatori”) che sono pronte a raccogliere e denunciare qualunque frase che possa far sospettare un dissenso.

Tutto è ovviamente controllato dal Regime, dai mezzi di comunicazione alle espressioni di tipo artistico. L’arte vera e propria è invece bandita, specie se di provenienza estera. Nell’elenco delle pubblicazioni proibite non ci sono solo eventuali libelli, proclami o manifesti redatti da ribelli con idee sovversive, ma anche fumetti a prima vista innocui come quelli di “Lupin III”, perché non basta controllare i comportamenti esterni e visibili dei cittadini, occorre controllare innanzitutto la loro mente, il loro immaginario, e perfino i loro ricordi.

La questione dei ricordi è un punto centrale del romanzo, che descrive il potere come un tentativo di appiattire l’esperienza su un canovaccio preconfezionato. Le esperienze non esistono, prima di essere vissute, perciò le esperienze sono di fatto dei ricordi, ricordi di cui il Regime cerca di appropriarsi per i suoi fini.

Un’altra questione nodale del romanzo è quella della chiusura, l’imprigionamento sbandierato come una protezione. Già si è detto della Grande Muraglia, ma la chiusura non è solo geografica. È anche una chiusura mentale prodotta dal conformismo imposto come legge, le leggi dell’ordine etico del titolo, in cui i tre sostantivi indicano che l’etica non è più una voce interiore, bensì un ordine che arriva da fuori, ma al quale si deve obbedire “volontariamente”, un classico messaggio a doppio legame, che tradisce la sua origine sintomatica e non può che provocare degli effetti patologici.

Una società così costruita non può che essere malata, ma per etichettare come normale ciò che non lo è si deve far passare come malati quelli che sono sospettati di essere dei dissidenti, e per scovare dei dissidenti il sistema migliore è di crearli apposta, grazie al miraggio di scelte solo apparenti.

Il percorso del protagonista, un personaggio ben caratterizzato e che tuttavia nella sua tipicità ne rappresenta molti altri, lo porta a passare dall’idea di vivere una vita normale alla consapevolezza di aver bisogno di qualcos’altro, per poi trovarsi ingabbiato in una situazione ancora più chiusa e opprimente, tanto da dover rimpiangere la routine precedente, nella quale le pareti della prigione se non altro risultavano invisibili.

Col suo stile sobrio e quasi minimalista Cometto tratteggia un’Italia ridotta a una prigione a cielo aperto, un paese gerarchizzato nel quale i miliziani armati sono di fatto dei carcerieri e i capi ufficio sono dei superiori che rappresentano il potere esecutivo. L’ambientazione torinese, in cui l’autore è di casa, fornisce delle coordinate precise che trasmettono la sensazione di una realtà opprimente che ci attende appena oltre l’angolo, svoltato il quale sarà già troppo tardi per fare qualcosa.

Nel romanzo si gioca molto anche sul concetto di condivisione, del quale vengono esplorate le sfaccettature e la natura ambivalente. La condivisione è una rinuncia volontaria alla privacy, ed è anche il fulcro su cui si regge il concetto di realtà. Se l’aberrazione ideologica diventa una convenzione condivisa, alla fine essa apparirà del tutto normale e perfino apprezzabile.

Il rischio che qualcosa di simile a ciò che descrive Cometto si realizzi esiste. Sta a noi fare in modo che non accada.