Regis - Manbait - Recensioni - SENTIREASCOLTARE

Recensioni

7.7

Dal 2010, anno in cui Karl O’Connor, meglio conosciuto come Regis, è approdato alla label Blackest Ever Black, la musica elettronica ha visto la prepotente rinascita di sonorità elettro-synth, EBM, minimal-wave e industrial. Tali generi hanno oramai contaminato e profondamente permeato ambiti techno vicini allo spirito originario che animava Sandwell District, collettivo di cui faceva parte lo stesso O’Connor assieme a personaggi del calibro di Juan Mendez (Silent Servant), Peter Sutton (Female) e David Sumner (Function). Manbait è una raccolta delle produzioni e dei remix realizzati da Regis per la celebre label inglese. Sono presenti remix e re-works di artisti come Raime, Vatican Shadow, Ike Yard e Dalhous e l’Original 12” Mix del brano di Regis, Blood Witness. Il doppio LP contiene anche un download code per quattro brani del producer inglese: Blood Witness (Extended Downwards Version) e tre versioni di Blinding Horses. La versione in CD contiene tutti i brani presenti sul doppio LP, assieme ai brani del download code.

Si tratta di un lavoro che fotografa magnificamente il percorso compiuto da Regis nella seconda metà di questo decennio, nonché l’evoluzione del suono e dello stile dell’ex British Murder Boys verso lidi ancora più oscuri, post-industriali e post-techno. Ricordate i suoi lavori dei primi anni del Duemila in coppia con Anthony Child aka Surgeon? Riascoltati oggi, diventa ancor più riconoscibile il germe di una deriva techno industrial, esplicitata successivamente nell’ottima collaborazione con Ancient Methods per il progetto Ugandan Methods, di recente presentato dal vivo all’Atonal di Berlino. A dirla tutta, sin dalla fine degli anni Novanta Karl O’Connor ha lavorato a fianco di artisti come Robert Görl e Chrislo Hass dei Deutsch Amerikanische Freundschaft, sviluppando già da allora una sua via originale alla materia. Come è stato notato da molti, anche alcuni recenti lavori solisti a nome Karl O’Connor appaiono profondamente influenzati da un sound industrial alla Sheffield (Cabaret Voltaire docet). Riascoltatevi, ad esempio, il 12” White Savage Dance su D/N Records. Un certo sound EBM, metallico e incombente, emerge proprio in Manbait, brano da cui prende il nome la compilation. Si tratta di un remix di un pezzo synth-punk risalente al 1987, quando Regis faceva parte di un gruppo chiamato Family Sex.

Il disco presenta uno stile coerente e riconoscibile anche quando Regis si cimenta con i brani altrui: si va dall’elettro-minimal dub destrutturato di Loss, la cui versione originale era stata realizzata nel 1982 dagli Ike Yard, sino all’oscuro ambient del brano dei Dalhous, He Was Human And Belonged With Humans, in cui il battito della drum machine sembra riemerge da fumose visioni cinematiche in bianco e nero. Sono presenti due ottimi remix che, ormai, sono diventati dei veri e propri classici della B.E.B.: le versioni di Church Of All Images di Vatican Shadow e This Foundry tratto dall’EP omonimo dei Raime. Entrambi rielaborano la cupa materia iniziale aggiungendovi spunti interessanti e personali (in particolare nell’inquietante re-work del brano di Vatican Shadow). La versione di Plant Lilies At My Head dei Tropic of Cancer suona più melanconica, soffusa e alla Angelo Badalamenti, pur non distanziandosi eccessivamente, in questo caso, dalla versione originale.

C U 1 è un lavoro che O’Connor firmò a nome Cub per un 12” e mostra quello che potrebbe essere potenzialmente un remix techno per i primi Einstürzende Neubauten, impietoso e feroce nel suo incedere, alla pari dell’ottima Blood Witness, una macchina schiacciasassi che procede senza compromessi, qui anche nella sua versione estesa uscita per Downwards nel 2014. Suggellano il lavoro tre versioni di Blinding Horses. La turin version è l’esito di un live re-edit del brano, in precedenza uscito sul raro 12” Turin Versions, pubblicato nel 2013 per B.E.B. La seconda, Stableboy Version, è un re-work completamente inedito che ci trasporta in un’atmosfera cromata post-cyberpunk aggiornata agli anni Dieci.

Ad impreziosire ulteriormente l’uscita, segnaliamo anche la cover dell’album, a cura dell’artista Val Denham (Survivor, 1987). Sicuramente siamo in presenza di un lavoro essenziale per tutti i fan di Regis e del suono B.E.B. in generale, che qui trova una sorta di consacrazione iconica, ma siamo anche di fronte ad un documento storico che permette di capire cosa sia successo di rilevante negli ultimi cinque anni nel campo di quella musica elettronica che oggi riesce ad rinnovare se stessa, recuperando le sue radici in un underground sonoro oscuro, vitale e mai sceso a compromessi.

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