Il narcos Diabolik e il «re» Senese; Mala, il lato oscuro di Roma criminale | Corriere.it

Il narcos Diabolik e il «re» Senese; Mala, il lato oscuro di Roma criminale

diFrancesca Fagnani

Francesca Fagnani, il libro-inchiesta della giornalista

Il narcos Diabolik e il «re» Senese; Mala, il lato oscuro di Roma criminale

Francesca Fagnani e la copertina del suo nuovo libro «Mala. Roma criminale»

Pubblichiamo un estratto in anteprima del libro «Mala. Roma criminale» della giornalista Francesca Fagnani in uscita nelle librerie martedì per la casa editrice Sem.

A Roma, quel 7 agosto non si respirava e non era certo una sorpresa, le previsioni meteo per la settimana annunciavano l’apocalisse, colpa del solito anticiclone nordafricano. Trentacinque gradi per le strade, molti di più sull’asfalto, ancora di più tra le automobili e i cassonetti, sempre troppo pieni in periferia. I telegiornali continuavano a ripetere l’ovvio come un mantra: bere acqua, non uscire nelle ore più calde e nel caso camminare all’ombra, meglio al tramonto e preferibilmente in un parco.

Il parco degli Acquedotti, il grande polmone verde del quadrante sudest della Capitale, era l’ideale e infatti alle 18 era affollato di persone: anziani rimasti in città, famiglie prossime alla partenza, i soliti spacciatori e l’andirivieni continuo da quegli anfratti neanche troppo segreti, dove da sempre succede di tutto. 

Quel 7 agosto, però, il posto era frequentato in particolare da runner. Correvano misurando le proprie buone intenzioni nel calcolo dei chilometri percorsi, nei battiti accelerati e nelle calorie bruciate. Solo un uomo vestito da runner, quel tardo pomeriggio nel parco, correva per un motivo diverso: uccidere. Mentre un altro uomo, quel giorno, a tutto pensava tranne che a morire. 

I due agenti del commissariato di Porta San Giovanni erano quasi a fine turno, erano appena rientrati in ufficio per la consegna dell’attività svolta, quando verso le 18.50 veniva diramata una nota: “Persona attinta da colpi di arma da fuoco all’interno del parco degli Acquedotti, per la precisione in via Lemonia”. 

La giornata di lavoro sembrava finita e invece eccola lì che era appena iniziata e anche nel peggiore dei modi. Giusto il tempo di uscire di nuovo dal commissariato per verificare sul posto l’accaduto, che un altro equipaggio a bordo dell’autoradio Tuscolano 1 confermava il fatto e pure l’epilogo: “Giunti sul posto e precisamente fronte civico 273, all’interno del parco si notava la presenza di un soggetto a terra antistante una panchina con occhi aperti, un foro all’altezza dell’orecchio sinistro e una notevole fuoriuscita di sostanza ematica dalla testa. Data l’assenza di pulsazioni si presumeva il decesso dello stesso”. 

In pochi minuti via Lemonia si riempiva di curiosi e di lampeggianti blu, mentre la polizia e la Scientifica delimitavano con il nastro a bande rosse e bianche la scena del crimine, per repertare le prove di un delitto per molti aspetti ancora da chiarire, sebbene sia avvenuto nel 2019. 

Già, ma chi era la vittima? Si chiamava Fabrizio Piscitelli, anche se per tutti era Diabolik, o Diablo. Era il capo degli Irriducibili, il leader dei tifosi della curva nord della Lazio, un mito per la sua gente, un bandito per tutti gli altri, con precedenti non da poco legati al traffico di droga e al progetto di scalare – insieme ad altri capi ultrà – la S.S. Lazio, che si era risolto con una condanna per tentata estorsione ai danni del presidente Claudio Lotito. 

Piscitelli, però, è morto da uomo libero e le sue tante vite parallele sono state indagate quando ormai era troppo tardi sia per mandarlo in galera sia per salvarlo. 

Ma salvarlo da chi? Diabolik è stato ucciso con una vera e propria esecuzione, un gesto eclatante, in pieno giorno e in un parco pubblico. Era dai tempi della banda della Magliana che non si vedeva un omicidio così in una città dove di solito non si spara, perché ci si accorda prima, perché la torta da spartirsi è talmente grande che ce n’è per tutti e perché lontano dai polveroni mediatici gli affari funzionano decisamente meglio. Ma allora per quale motivo Piscitelli doveva morire? 

Provare a capire le ragioni che hanno portato alla sua morte significa non soltanto indagare su uno degli omicidi di maggior peso tra quelli avvenuti nella Capitale negli ultimi anni, ma serve soprattutto a disegnare lo scacchiere della criminalità romana. 

La Suburra è una rete interconnessa di soggetti che si muovono in un rapporto di mutua assistenza, salvo imprevisti. I sodalizi malavitosi convivono l’uno accanto all’altro, spartendosi il territorio in modo più fluido che altrove, in un equilibrio che favorisce gli affari e allontana i problemi, almeno fino a quando i guai qualcuno non se li va a cercare, perché fa il furbo, perché non versa la stecca, per un debito non saldato o perché alza troppo la testa. E a quel punto si spara.

27 aprile 2024