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Un film deliziosamente leggero, ilare come l’acqua argentina di un ruscello. I fratelli Coen non smentiscono il loro modo di fare cinema, anzi ne vivificano la semantica attraverso un’arguta metafora dell’Odissea di Omero. I Coen si cimentano con l’Epica dunque, traendone una creatura tutta loro che cavalca il periplo di Ulisse con gli strumenti affusolati dell’ironia e del lirismo di frontiera. E così gli elementi omerici che caratterizzarono il flusso degli avvenimenti dell’Odissea vengono trasfigurati in una realtà grottesca popolata da cialtroni, imbonitori e uomini di strada. Tutto in questo film è funzionale al concetto di levità: la caratterizzazione dei tre protagonisti con le loro bislacche schermaglie dialettiche, la colonna sonora frivolmente country, le ambientazioni in un’America incontaminata. La narrazione è incentrata sul viaggio di tre galeotti evasi di prigione alla ricerca di un favoloso bottino nascosto. Durante il viaggio incontreranno una selva grottesca di personaggi vagamente ispirata alle prove che dovette sostenere Ulisse. Tra questi spiccano: un cantante che ha venduto l’anima al diavolo per suonare bene la chitarra, un venditore di bibbie imbroglione, un politico disonesto, un criminale incallito con cui faranno, loro malgrado, una rapina. Insomma un’opera densa di rimandi classici ma sfolgorante nel suo moderno senso del ritmo. Un film splendido che ristora come un sorso d’acqua ghiacciata in un giorno di afa.

Titolo originale: O Brother, Where Art Thou?

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