Naval’nyj: un politico diventato dissidente - La Nuova Europa

14 Maggio 2024

Naval’nyj: un politico diventato dissidente

Redazione

«In fin dei conti dovrà pur apparire in Russia qualcuno che non mente». È uscito in prima assoluta da Scholé-Morcelliana il libro di Naval’nyj «Io non ho paura, non abbiatene neanche voi».

Due parole per inquadrare la figura di Naval’nyj, di cui si è sentito molto parlare ma di cui si sa poco. Manager in gamba, avvocato grintoso e ottimo parlatore, politico carismatico votato alla leadership: questa l’immagine di Aleksej Naval’nyj che è circolata per anni; immagine tecnocratica, se la si guarda attraverso il prisma della lotta alla corruzione (su cui ha puntato sin dall’inizio), ma anche poco attraente per la fama di nazionalista cattivo che detestava i migranti.

Se ci si ferma alla superficie, l’etichetta è più o meno riscontrabile nei fatti, almeno parzialmente. Naval’nyj è stato un tecnocrate rampante, all’inizio… Ma il problema è che le etichette non corrispondono pienamente alla realtà, sono miseramente riduttive rispetto all’universo interiore di un uomo.

Il libro verrà presentato presso la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli mercoledì 15 maggio alle 19.

E Naval’nyj è stato appunto un uomo. All’inizio era uno dei tanti che hanno provato a fare della Russia uno Stato democratico, si aspettava grossi cambiamenti dalla denuncia della corruzione, poi la sua opposizione politica è diventata gradualmente testimonianza personale. Come questo sia avvenuto, e se sia stata una perdita o un guadagno per la coscienza della Russia, lo si può giudicare sin da ora, considerando i giudizi di molti russi e leggendo direttamente la sua testimonianza uscita da Scholé-Morcelliana, Io non ho paura, non abbiatene neanche voi (a cura di Marta Carletti e Adriano Dell’Asta).
Pur avendo i numeri per diventare il leader dell’opposizione, pur portando in piazza folle enormi (i suoi meeting superavano anche le centomila presenze), Naval’nyj si è visto man mano togliere ogni spazio d’azione: niente più manifestazioni di piazza né interventi pubblici; una montagna di accuse civili e penali che lo hanno imbavagliato con i relativi processi, multe, arresti domiciliari, detenzioni; i brogli elettorali lo hanno fermato alle elezioni a sindaco di Mosca; le condanne pregresse gli hanno impedito di correre come candidato presidente; quando si è spostato sui social hanno cominciato a bloccarglieli. Inoltre è stato attivamente diffamato, ha subito un attentato col Novičok che doveva essere mortale ma da cui si è salvato per puro miracolo; infine ha affrontato con piena consapevolezza l’arresto e una detenzione «estrema», che praticamente si è evoluta in ergastolo. Infine la morte a 47 anni.

Di fronte a questa evidente sconfitta, Naval’nyj non si è tirato indietro, ma ha proseguito facendo continuamente a se stesso delle domande serie: cosa mi aspetto dalla vita? Cos’è il bene per il mio paese? A cosa non posso rinunciare? Il suo è stato un cammino in profondità, verso la verità e al tempo stesso verso la fede. Lui che certamente non aveva la vocazione del filosofo, è arrivato a proporre delle verità alte, che qualcuno oggi può sentire un po’ magniloquenti e sorpassate, ma che lui giudicava di estrema e concreta attualità.

«Forse sembrerà ingenuo, e su queste parole si può ironizzare e sorridere, ma invito assolutamente tutti a vivere senza menzogna. Non c’è altro modo, non c’è un’altra ricetta nel nostro paese in questo momento».

Di questo raccontano i testi di Naval’nyj raccolti nel libro, che vanno dal 2010 alla morte. Una documentazione che al tempo stesso ci scuote e ci sfida perché mostra come si può arrivare alla radicale consapevolezza che la politica ha bisogno di un passo etico e del sacrificio personale. Sarà il futuro a mostrarci se l’offerta della sua vita sia stata utile a ricostruire la Russia. Per adesso resta la sfida alla «coscienza e al raziocinio» di ciascuno di noi.

Riportiamo un brano significativo, tra i tanti, del libro.

Arrestato all’aeroporto di Šeremetovo, gennaio 2021. (YT, Naval’nyj Live)

Perché sono tornato

17 gennaio 2024

Sono passati giusto tre anni da quando sono tornato in Russia, dopo le cure seguite al mio avvelenamento. Sono stato arrestato subito all’aeroporto. Quindi sono dietro le sbarre da tre anni.
E sono tre anni che rispondo sempre alla stessa e unica domanda. Gli zek me la fanno in maniera semplice e diretta. I dipendenti dell’amministrazione penitenziaria con cautela, a registratori spenti.
«Ma perché sei tornato?».
Nel rispondere provo un leggero fastidio, di due tipi.

Innanzitutto, verso me stesso, perché non sono riuscito a trovare le parole capaci di spiegarlo a tutti in modo che smettessero di farmi questa domanda. E poi, verso la politica russa degli ultimi decenni, che ha così profondamente inoculato nella società il virus del cinismo e del complottismo che la gente non riesce più a credere, per principio, a motivazioni semplici. Cioè, se è tornato è perché si è messo d’accordo con qualcuno, ma poi semplicemente la cosa non ha funzionato, tutto qui. O forse non ha ancora funzionato. Dietro tutto si nasconde qualche piano ingannevole, in cui le torri del Cremlino svolgono un ruolo. In ogni caso stanno progettando qualcosa IN SEGRETO. Poiché la politica è interamente costruita su qualcosa che non è mai come sembra.

Non ci sono né segreti né piani. In realtà, è tutto molto semplice.
Ho il mio paese e ho le mie convinzioni. E non voglio rinunciare né al mio paese né alle mie convinzioni. Non posso tradire né il primo né le seconde.
Se le tue convinzioni valgono qualcosa devi essere pronto a difenderle. E, se necessario, devi essere disposto ad accettare dei sacrifici.
Se non sei pronto, significa che non hai nessuna convinzione. Pensi di averne, tutto qui. Ma non sono né convinzioni né principi, sono soltanto delle idee che hai nella testa.

Naturalmente questo non vuol dire che tutti quelli che attualmente non sono dietro le sbarre non abbiano delle convinzioni. Tutti pagano il loro prezzo. Per molti, anche senza il carcere, il prezzo da pagare è pesante, davvero pesante.

Ho partecipato a delle elezioni e ho cercato di raggiungere posizioni da leader. Ma ciò che mi si chiede è diverso. Ho viaggiato per tutto il paese e ovunque ho annunciato dal palco: «Vi prometto che non vi tradirò, non vi ingannerò e non vi abbandonerò». Tornando, ho mantenuto la promessa fatta ai miei elettori. In fin dei conti, dovrà pur apparire in Russia qualcuno che non mente.

Ma la situazione che si è determinata da noi oggi è tale che, per il diritto ad avere delle convinzioni e a non nasconderle, il prezzo che devo pagare è quello di essere rinchiuso in una cella d’isolamento. La cosa, ovviamente, non mi piace. Ma io non rinuncerò né alle mie idee né alla mia patria.
Le mie convinzioni non sono esotiche, né settarie, né radicali. Al contrario, tutto ciò in cui credo si basa sulla scienza e sull’esperienza storica.

Le persone al potere devono alternarsi. Il modo migliore per scegliere chi deve avere il potere sono elezioni giuste e libere. Tutti hanno bisogno di tribunali equi. La corruzione distrugge lo Stato. Non ci dev’essere nessuna forma di censura.
Il futuro dipende da questi principi. (…)

Menzogne, menzogne, nient’altro che menzogne. Si sbricioleranno e si trasformeranno in polvere. Lo Stato putiniano non ha le forze per sopravvivere. Verrà un giorno in cui guarderemo il posto che occupava, e lui non ci sarà più.
La vittoria è inevitabile.
Ma per ora si tratta di non arrendersi e di aggrapparsi alle proprie convinzioni.


(foto d’apertura: IlyaIsaev, wikipedia)

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