Il caso Orlandi-Gregori dall'inizio alla fine: il cambio di cittadinanza, il monaco-spia e l'anagramma. «Come ha preso Mirella poteva prendere anche me...» | Corriere.it

Il caso Orlandi-Gregori dall'inizio alla fine: il cambio di cittadinanza, il monaco-spia e l'anagramma. «Come ha preso Mirella poteva prendere anche me...»

diFabrizio Peronaci

Domani al via la commissione d'inchiesta con le audizioni di fratello e sorelle delle ragazze scomparse nel 1983. Cosa è successo in 41 anni: l'attentato al Papa, gli antefatti del rapimento, i servizi segreti, lo scandalo Ior-Ambrosiano

Orlandi-Gregori, la commissione parlamentare d'inchiesta comincia dai familiari. La ricostruzione, il duplice movente, le prove

Emanuela Orlandi e Mirella Gregori

Giallo Orlandi-Gregori, si parte.  A 41 anni dai fatti, il cold case più inquietante e indecifrabile della storia d'Italia, la scomparsa di una ragazzina di 15 anni fuori dalla scuola di musica e di una coetanea uscita da casa dicendo che sarebbe tornata entro dieci minuti, torna alla ribalta: il 9 maggio 2024, alle 13:30, la commissione parlamentare d'inchiesta dedicata alla vicenda inizia i suoi lavori. Un compito impegnativo, quello dell'organismo composto da 20 deputati e 20 senatori, che avrà poteri inquirenti e il tempo restante della legislatura (circa tre anni) per tentare di scoprire finalmente la verità sul mancato ritorno a casa di Emanuela Orlandi, sparita il 22 giugno 1983, e di Mirella Gregori, svanita nel nulla il 7 maggio precedente. 

La prima era (o è) cittadina vaticana, figlia del messo pontificio Ercole (qui le foto di famiglia); la seconda, figlia di un barista in zona Termini, è pure lei riconducibile ad ambienti di Chiesa per la conoscenza di un alto esponente della Gendarmeria, un vicino di casa che frequentava lo stesso bar, e per un fatto casuale: la foto in primo piano di Mirella con papa Wojtyla, scattata durante una visita della scuola in Vaticano, era stata affissa in una bacheca dell'Osservatore romano, dove lavorava un monaco-spia, il benedettino Eugen Brammertz, al soldo dei servizi segreti della Ddr (l'allora Germania orientale).

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«Per Mirella pari dignità»

Ora, la domanda che tutta Italia si pone è: come venire a capo di un intrigo tanto complesso? I parlamentari sanno di avere di fronte un compito arduo: da un lato dovranno analizzare il contesto storico-politicoin cerca del movente dei sequestri, e dall'altro rintracciare nuove prove (testimoni, documenti, confessioni) per chiarire le responsabilità

«Abbiamo convocato per primi la sorella di Mirella Gregori e il fratello e le sorelle di Orlandi - ha annunciato il presidente della Bicamerale, Andrea De Priamo (FdI) - lavoreremo in modo rigoroso dando ai Gregori pari dignità». Premessa non scontata: Mirella è sempre stata trattata come una scomparsa di serie B. «La collaborazione del Vaticano sarà essenziale - ha dichiarato il vicepresidente, Roberto Morassut  (Pd) -  e confidiamo che ci sarà senza incertezze, come ha detto papa Francesco. Nessuna strumentalizzazione politica deve inquinare questo lavoro». 

Il contesto storico-politico

Pronti, via. Per decodificare correttamente l'accaduto senza lasciarsi fuorviare da depistaggi, documenti farlocchi e illazioni infamanti (come quelle contro Karol Wojtyla, propalate un anno fa da ambienti della «mala» romana), l'enigma va ripercorso passo passo, fin dall'inizio, con un'accortezza metodologica: dare rilevanza solo a fatti supportati da riscontri obiettivi e indiscutibili, logicamente riconducibili alle due scomparse. Un viaggio che farà emergere la natura politica del caso, già implicita, del resto, nella decisione di istituire una commissione d'inchiesta (un organismo parlamentare non indaga su reati comuni).

Caso Orlandi-Gregori, la commissione parlamentare convoca i familiari. Ecco la ricostruzione completa (più una prova audio inedita)

L'attentato al Papa e Ali Agca

Piazza San Pietro, 13 maggio 1981: è da qui che occorre partire. Alle 17:17 di quel mercoledì la storia del Novecento registrò una scossa. Durante il bagno di folla, mentre era in piedi sulla Papamobile, Karol Wojtyla, primo pontefice venuto dall'Est, fu gravemente ferito dai colpi di pistola esplosi dal Ali Agca, terrorista turco di estrema destra.  La corsa disperata al Gemelli, il mondo con il fiato sospeso. Chi erano i mandanti? Giovanni Paolo II era finito nel mirino per la sua lotta contro «l'impero del male» comunista? Queste le domande delle polizie segrete di mezzo mondo.

Gli sviluppi - una sorta di «primo tempo» dell'azione Orlandi-Gregori - furono i seguenti: la Corte d'assise presieduta dal giudice Severino Santiapichi già nel luglio '81 condannò Agca all'ergastolo; il turco rinchiuso a Rebibbia fu subito «corteggiato» da elementi dei servizi segreti, come i funzionari di Sisde e Sismi Luigi Bonagura e Alessandro Petruccelli, che lo andarono a trovare in cella a dicembre; Agca - e questo è uno snodo cruciale, sottovalutato - non presentò appello contro il carcere a vita. Perché? Una possibile risposta sta nelle voci che di lì a poco cominciarono a girare.

Caso Orlandi-Gregori, la commissione parlamentare convoca i familiari. Ecco la ricostruzione completa (più una prova audio inedita)

Gli antefatti del doppio sequestro

Siamo agli antefatti del duplice rapimento. L'attentatore dall'inizio del 1982 diventò una «bomba a orologeria», per le dichiarazioni che andava facendo a Ilario Martella, il giudice della seconda inchiesta sull'attentato. La tesi del «cavaliere solitario», d'altronde, non reggeva. Prima di arrivare a San Pietro, Agca era passato per molti Paesi, dormendo in hotel di lusso. Qualcuno doveva averlo istruito, finanziato, coperto

Fatto è che, dal maggio '82, iniziò a «collaborare», accusando tre funzionari dei servizi bulgari (tra i quali il caposcalo della Balkan Air, Sergej Antonov) di essere stati la «mente» dell'attentato, con l'avallo del Kgb.  Nacque così la «pista rossa». Strumento formidabile in mano a cancellerie e apparati di intelligence occidentali, per screditare Mosca agli occhi del mondo e vincere la Guerra Fredda. 

Caso Orlandi-Gregori, la commissione parlamentare convoca i familiari. Ecco la ricostruzione completa (più una prova audio inedita)

La promessa al turco

È in questo tornante che presero a girare voci di una «promessa» fatta ad Agcaliberarlo tramite un sequestro di persona (il che spiegherebbe la rinuncia a ricorrere contro l'ergastolo), in cambio di una contropartita. Quale? Forse la ritrattazione delle accuse agli «spioni rossi» per salvaguardare il dialogo Est-Ovest, al quale tanto teneva il Segretario di Stato Agostino Casaroli? 

L'intrigo sale di livello. Non deve stupire. I primi Ottanta furono gli anni della Milano da bere ma anche tempi cattivi, segnati da scandali finanziari, liste massoniche e banchieri «suicidati», soldi sporchi «lavati» nel torrione dello Ior guidato da monsignor Marcinkus e finanziamenti opachi alla causa contro il Cremlino, che passava attraverso il sostegno al sindacato polacco Solidarnosc. 

Sos-sequestri e pedinamenti 

Tra il 1982 e il maggio-giugno '83 accaddero tre fatti che la Bicamerale sarà chiamata a valutare. Primo: l'alert lanciato dallo Sdece (servizi francesi) su «un imminente sequestro in Vaticano», talmente serio che il capo, Alexandre de Marenches, venne di persona a Roma per parlarne con un religioso di sua fiducia, padre Norbert Calmel, dell'ordine dei premostratensi. Secondo: l'avviso delle alte gerarchie all'assistente del Papa, Angelo Gugel, e al capo della Gendarmeria, Camillo Cibin, di tenere d'occhio le figlie, considerate «in pericolo». Una di loro (Raffaella Gugel) era stata più volte pedinata sul bus verso scuola «da un giovane con fattezze mediorientali». 

Caso Orlandi-Gregori, la commissione parlamentare convoca i familiari. Ecco la ricostruzione completa (più una prova audio inedita)

Il verbale di Raffaella Gugel

Alt, questa è una prova: Emanuela, quindi, non fu la prima scelta. Fanno testo le dichiarazioni dei papà coinvolti e l'interrogatorio della giovane Gugel, che ci portano a una deduzione importante: l'azione Orlandi-Gregori fu premeditata, altro che «uccisa durante un festino», versione spesso accreditata senza prove, di certo utile a chi abbia interesse a sviare la ricerca della verità. 

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Il cambio di cittadinanza

Il terzo tassello,  fondato anch'esso su un dato obiettivo, è stato svelato dal Corriere: la «ragazza con la fascetta» emigrò dall'Italia (dove era nata, a Roma, in una clinica del centro) allo Stato Città del Vaticano (dove aveva abitato fin da piccola) soltanto 3 mesi prima della scomparsa.  Una coincidenza? O invece farla diventare «concittadina» del Papa fu funzionale  al successivo ricatto contro lo stesso pontefice amico di Reagan e nemico dei «bolscevichi»? 

Caso Orlandi-Gregori, la commissione parlamentare convoca i familiari. Ecco la ricostruzione completa (più una prova audio inedita)

Mirella Gregori in trappola

Il 7 maggio 1983 Mirella Gregori sparì dopo aver risposto al citofono e aver detto alla mamma che doveva incontrare Alessandro, un compagno delle medie che però era da tutt'altra parte. Un allontanamento volontario corredato da una bugia. O, meglio: una trappola, presto diventata un vero sequestro. Sulla base di una frase pronunciata in casa giorni prima («Mamma, non ti preoccupare dei soldi, presto ne guadagnerò tanti»), a più riprese si è ipotizzato che Mirella potesse essere stata coinvolta in un giro di prostituzione. Di nuovo, alt: tenendo sempre la barra sui riscontri, anche qui almeno tre dati fattuali vanno in direzione diversa.

Caso Orlandi-Gregori, la commissione parlamentare convoca i familiari. Ecco la ricostruzione completa (più una prova audio inedita)

I Gregori al Quirinale

Nel maggio-giugno 1983, a cavallo delle scomparse, sul Messaggero Il  Tempo uscirono infatti numerosi moduli a pagamento con richieste di «contatto» rivolte a una strana entità, «S.R.», in relazione a non meglio precisate «trattative». Un classico messaggio in codice che una fonte del Corriere in  tempi recenti ha decrittato«La sigla S.R. stava per Servizi della Repubblica, il Sisde, che era coinvolto nelle indagini e nei negoziati sotterranei». Inoltre la mamma di Mirella, Vittoria Arzenton, già prima del sequestro di Emanuela, il 21 giugno 1983 (come certifica il timbro sulla busta), aveva avuto interlocuzioni con il Quirinale, cosa inspiegabile se si fosse trattato di una «semplice» fuga adolescenziale.  

E ancora, molto sospetto, c'è il dialogo (riportato in una nota riservata del Sisde scoperta dal giornalista Tommaso Nelli) avvenuto il 26 ottobre successivo al bar sotto casa, in via Nomentana, tra due amiche, una delle quali, Sonia De Vito, diceva: «Lui ci conosceva. Come ha preso Mirella poteva prendere anche me...».  A chi si stava alludendo? Cosa sapeva, non diceva e, forse, continua a non dire l'amica?

Caso Orlandi-Gregori, la commissione parlamentare convoca i familiari. Ecco la ricostruzione completa (più una prova audio inedita)

Wojtyla e l'appello per Emanuela

22  giugno 1983: Emanuela non tornò a casa dopo la lezione di flauto. Palese, di nuovo, l'allontanamento volontario, del resto annunciato dalla stessa quindicenne a una compagna di scuola intervistata da L'Unità, alla quale disse «Non mi vedrete per un po'» (la famiglia, tuttavia, non crede a questa testimone). Altrettanto evidente il profilo spionistico, evidenziato da indizi concordanti e robusti.

Caso Orlandi-Gregori, la commissione parlamentare convoca i familiari. Ecco la ricostruzione completa (più una prova audio inedita)

Il movente internazionale

Il primo è rappresentato da una coincidenza temporale: Emanuela sparì il 22 giugno 1983 e solo 6 giorni dopo, il 28, Agca ritrattò le accuse ai bulgari (e indirettamente a Mosca), demolendo la «pista rossa» da lui stesso creata. Come dire: voi avete onorato l'impegno prendendo la ragazzina che mi farà uscire di galera, io vi ricambio «salvando» il dialogo Est-Ovest (la cosiddetta Ostpolitik). Stando a tale ricostruzione, il turco fu fatto fesso: la libertà gli fu promessa, ma da lì a concederla davvero ce ne correva... 

Il secondo indizio balzò agli occhi di tutti: l’accorato appello per Emanuela, quasi una supplica, che il Papa lanciò all'Angelus del 3 luglio 1983, 11 giorni dopo il mancato rientro in famiglia, oltre a essere irrituale rimarcò la gravità della posta in gioco. Se non fosse stato a conoscenza di un ricatto serio che metteva a rischio la Chiesa, Giovanni Paolo II avrebbe parlato urbi et orbi di un «semplice» caso di scomparsa di una minore?

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Il coinvolgimento di spezzoni di intelligence, inoltre, è suffragato da diversi elementi: l’ossessiva presenza dei servizi segreti in casa di Emanuela (gli agenti Giulio Gangi e Gianfranco Gramendola si presentarono già nelle prime ore); il consiglio non disinteressato dato agli Orlandi di farsi assistere dall'avvocato Gennaro Egidio, ben introdotto tra le barbe finte; la presa in carico dell'esosissima parcella da parte del Sisde, mentre i Gregori pagarono il legale fino all'ultimo, con sacrifici enormi, e quando scoprirono la differenza di trattamento ci rimasero malissimo; un'intervista al Corriere dell'11 maggio 2001 di Ercole Orlandi, il quale, per arrivare a una conclusione del genere, doveva avere i suoi buoni motivi: «Mia figlia fu rapita dai servizi segreti. Sono sicuro che è viva». A ciò si aggiunga una frase pronunciata spesso, con amarezza, dal papà di Emanuela, riportata dal figlio Pietro dopo la sua morte: «Sono stato tradito da chi ho sempre servito».

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La telefonata con i codici

Il cerchio inizia a chiudersi. Chiarito che la pista internazionale è avvalorata da non pochi riscontri (il ruolo di Agca, i pregressi pedinamenti, l'allerta dello Sdece, una cittadina vaticana e una italiana tenute fuori casa per agire su due fronti, il Papa e il presidente Pertini, titolare del potere di grazia), va salito un ultimo scalino: il movente, non unico ma duplice. 

L'attenzione va posta sull'ultima telefonata a casa, infarcita di messaggi in codice divulgati senza saperlo, fatta alle 19 del 22 giugno 1983: Emanuela disse alla sorella Federica che qualcuno le aveva proposto un lavoro per la casa di cosmetici Avon per distribuire volantini a una sfilata delle Sorelle Fontana, alla Sala Borromini, il sabato seguente, in cambio di 375 mila lire. Storia inverosimile: la cifra era troppo alta, la sfilata inesistente

Il movente economico

La polizia si mise a caccia di tutti i rappresentanti Avon all'epoca operativi nella capitale - primo errore di una lunga serie - e sono dovuti passare 30 anni fino a che, nel 2013, un personaggio equivoco e dalla fedina penale sporca, Marco Accetti, fotografo, figlio di massone, si è autoaccusato di aver partecipato all'«operazione Orlandi-Gregori», svelando la  natura «criptata» di quella comunicazione. 

A suo dire, le Sorelle Fontana alludevano all'istituto San Giuseppe de Merode, nel quale lui stesso aveva frequentato le medie, sito in piazza di Spagna, a fianco al noto atelier, e diretto da un ecclesiastico vicino a Casaroli, monsignor Pierluigi Celata, fiero avversario di Marcinkus; la Sala Borromini era citata come rimando alla controparte, perché «si trovava nei pressi dell'abitazione dell'agente segreto Francesco Pazienza», coinvolto nel procacciamento di fondi pro-Solidarnosc (lo 007 fu bloccato con un bel numero di lingotti d'oro in viaggio verso la Polonia); «Avon», infine, era anch'essa una parola-codice: letta al contrario richiamava la fondazione pontificia ecclesiastica «Nova», una delle casseforti nelle quali confluiva l'obolo della Chiesa. Un modo per dire: l'azione Orlandi-Gregori è diretta ai responsabili del dissanguamento delle casse vaticane (tema delicatissimo, che spiegherebbe la sollecitudine del Papa), per indurli a darsi una calmata.

Caso Orlandi-Gregori, la scomparsa di Mirella un mese prima di Emanuela. “A Porta Pia c’era De Pedis”

Lo scontro su Marco Accetti

Come è andata a finire? Le rivelazioni del reo confesso Accetti (l'uomo che, tra l'altro, consegnò il flauto riconosciuto dai familiari come quello di Emanuela) sono state sottoposte a verifica, in parte riscontrate (come l'indicazione delle cabine da cui partirono le telefonate di rivendicazione) e hanno dato vita a uno scontro senza precedenti nella Procura della capitale: il pm Giancarlo Capaldo voleva mandarlo a processo, mentre il capo, Giuseppe Pignatone (successivamente nominato presidente del Tribunale vaticano), si oppose, ottenendo l'archiviazione nel 2015. 

Caso Orlandi-Gregori, la scomparsa di Mirella un mese prima di Emanuela. “A Porta Pia c’era De Pedis”

Il «ganglio» all'ombra del Cupolone

Ma il dubbio resta: non sarà che i responsabili del crimine Orlandi-Gregori, uniti nel cosiddetto «ganglio», gruppo coperto composto da religiosi dissidenti, elementi di malavita e barbe finte (nel quale l'allora 27enne Accetti potrebbe essere stato ingaggiato), prelevando le ragazze abbiano inteso dire alla controparte «badate, fatela finita con la Polonia, vogliamo indietro i soldi»? 

In questo quadro si incastra anche la banda della Magliana di «Renatino» De Pedis, che secondo le ultime indagini (2008-2015) si occupò della «gestione» delle ragazze, prima che l'enorme richiamo mediatico le facesse diventare ostaggi scomodi, da eliminare (o portare all'estero).  

La pista economica connessa alla malagestio delle finanze della Santa Sede e alla bancarotta del Banco Ambrosiano, d'altra parte, era stata valutata fin dalla prima inchiesta giudiziaria (1983-1997). Oggi si è aggiunto il codice Avon-Nova: una specie di «firma». Sempre in tema di codici (strumento che si usava, eccome, nelle operazioni coperte) ragguardevole è il «158» utilizzato dai rapitori per le comunicazioni in Vaticano. Numero non casuale? Il «158» potrebbe essere stato scelto per rimandare, con un anagramma, all'attentato al Papa (5-81, maggio 1981), «primo tempo» della macchinazione, ma anche alla data di nascita di Agca (1-58, gennaio 1958). 

Ostaggi «multitasking»

È dunque lo scenario fin qui descritto - duplice movente inquadrato nelle tensioni della Guerra Fredda - a poggiare sul maggior numero di riscontri, rispetto alla pista sessuale, totalmente priva di appigli. Tutto si tiene, in una ricostruzione che parta dal contesto storico-politico-complottistico. Letta la vicenda con queste lenti, basandosi su elementi fattuali, Emanuela e Mirella sarebbero state usate come ostaggi «multitasking», allontanate da casa per ricattare il Papa nell'ambito di negoziati sotterranei, coperti dalla cortina fumogena di rivendicazioni volutamente astruse, ridondanti, inverosimili.

Anche l'analisi della messaggistica, in effetti, porta a questa conclusione. Basti pensare al «Fronte Turkesh» comparso nell'agosto 1983: stando ai comunicati, pareva una congrega di matti farneticanti, ma, in realtà, si dimostrò in possesso di informazioni genuine sulle quindicenni e, oltretutto, collegato con le altre «entità» già operative, come l'«Americano». O al cosiddetto «gruppo di Boston», legato a persone vicine ad Accetti, tra le quali una donna individuata di recente, G.B., i cui 4 messaggi furono ritenuti autentici. Un giallo dalle mille sfaccettature, insomma, che a tirar bene i fili potrebbe sbrogliarsi.

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Novità in vista in Procura 

La parola, adesso, passa ai parlamentari, nelle stesse ore in cui a Piazzale Clodio si profilano novità. L'avvocato di Marco Accetti, Giancarlo Germani, ha dato mandato a un perito fonico di realizzare una comparazione tra le voci dei telefonisti dell'epoca e del suo assistito. Oltre alla relativa consulenza, in Procura dovrebbe essere consegnato un memoriale-bis, a integrazione di quello presentato dall'«uomo del flauto» nel 2013, con nuovi nomi e circostanze. Vedremo. 

L'audizione dei familiari

Di certo, con la Bicamerale al lavoro, la «ragazza con la fascetta» e la coetanea dai capelli ricci tornano sotto i riflettori. Sta per iniziare un lavoro imponente, tra cronaca, storia e investigazione, che dovrà fare i conti con quarantennali reticenze, omissis, depistaggi. La prima tornata di audizioni, il 9 maggio a Palazzo San Macuto, prevede gli interventi della sorella di Mirella, Antonietta Gregori, delle sorelle di Emanuela, Cristina, Federica e Natalina, e del fratello, Pietro Orlandi

Sarà la volta buona? Tanti lo sperano. Perché i decenni passano ma l'Italia non ha mai smesso di aspettarsi verità sulla fine di quelle due ragazzine, ritratte anche in un maxi-murale a Corviale, alla periferia di Roma, diventate l'emblema delle trame più oscure e inconfessabili. (fperonaci@rcs.it) 

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8 maggio 2024 ( modifica il 8 maggio 2024 | 10:58)