«Com'è umano lui», film su Paolo Villaggio: «C'è stato un vero Fantocci nella sua vita» | Corriere.it

«Com'è umano lui», film su Paolo Villaggio: «C'è stato un vero Fantocci nella sua vita»

diEmilia Costantini

Il biopic va in onda su Rai1 il 30 maggio. Il regista Luca Manfredi: «È il mio omaggio a un antieroe»

Fantozzi

Enzo Paci nei panni di Paolo Villaggio in «Com'è umano lui»

«La prima e unica volta che l’ho conosciuto, si fa per dire, di persona, fu una sera davanti al Politeama Genovese. Paolo Villaggio aveva appena finito di recitare l’Avaro di Molière. Non vidi lo spettacolo, ma lo aspettai fuori e, quando mi presentai, mi rispose serio: si inginocchi. Eseguii l’ordine, lui si voltò e se ne andò... avevo vent’anni». 

Adesso Enzo Paci lo impersona nel tv-movie «Com’è umano lui» in onda su Rai1 il 30 maggio con la regia di Luca Manfredi. Un divertente biopic, prodotto da Rai Fiction e Ocean Productions, che ripercorre la vita privata e artistica del grande attore, dal 1959, quando Villaggio è ancora uno studente fuori corso all’università, fino al 1975, anno in cui raggiunge la consacrazione col suo primo film sul ragionier Fantozzi diretto da Luciano Salce.

«Il film biografici da qualche anno mi appassionano — spiega il regista — perché raccontano non solo il personaggio, ma anche la sua sfera intima. Ho già realizzato quello su mio padre Nino e quello su Alberto Sordi. Questo è dedicato a un interprete che ha lasciato un segno nella commedia italiana con la parodia impietosa dell’impiegato, l’antieroe per eccellenza: una maschera tragica e grottesca». 

Tra gli altri volti, la moglie Maura (Camilla Semino Favro), il padre Ettore Villaggio (Augusto Zucchi), la madre Maria (Emanuela Grimalda), Fabrizio De André (Andrea Filippi), il ragionier Filini (Gianni Fantoni, che ha già interpretato Fantozzi in teatro).

«Sono un fan accanito di Villaggio — racconta il genovese Paci —: sin dalle elementari sapevo imitarlo. Per esempio facevo il Muzio Scevola che mette la mano sul fuoco e, fantozzianamente, cerca di trattenere il dolore. Inoltre avevo un po’ le sue fattezze grassottelle e infatti, da bambino, i compagni mi chiamavano Fantozzi, ma per me era quasi un vanto, un modo di realizzare il sogno di fare il comico. Ora il cerchio si chiude». 

Interviene Manfredi: «Ho dovuto chiedere a Paci di dimagrire un bel po’ di chili perché incarna Villaggio da giovane. E pensare che ho conosciuto Paolo negli anni ’80: mi occupavo di spot pubblicitari, lui ne era protagonista e ricordo che, durante le pause, mangiava continuamente... svuotava i frigoriferi! Una roba impressionante. Ma rimasi affascinato dalla sua cultura e intelligenza, più che dall’umorismo: per questo ho deciso di rendergli omaggio».

Il film descrive fatti che forse non tutti sanno. «Per esempio — riprende Manfredi — che, dopo aver abbandonato l’università, mette incinta la futura moglie e il padre ingegnere lo costringe a fare l’impiegato alla Cosider di Genova, dove poi nasce il suo “tragico” divertentissimo ragioniere: il capufficio si chiamava proprio Fantocci. Poi l’amicizia con De André... Poi la madre autoritaria che insegnava tedesco e a lei si ispira, prendendola in giro, per inventare il prestigiatore tedesco Otto von Kranz... poi l’incontro in un cabaret genovese con Maurizio Costanzo che lo porterà a Roma».

Alla sceneggiatura hanno partecipato come consulenti i figli Elisabeta e Piero Villaggio. «Non ho voluto fare una semplice imitazione fine a sé stessa, non volevo sentirmi imprigionato — conclude Paci —. Ho studiato fisicamente e vocalmente i suoi personaggi. Certo c’è il rischio che qualcuno dica: “non lo fa bene”... mi assumo la responsabilità di qualche critica violenta, sperando che anche gli spettatori siano “umani”». Conclude Manfredi: «Villaggio è un personaggio molto difficile, a volte anche sgradevole. La cosa più complicata è stata tirare fuori la sua generosità: dietro la sua apparenza straripante si nascondeva una grande umanità».

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17 maggio 2024