Maria Schneider di Ultimo Tango a Parigi contro Bertolucci con un film a Cannes: la sua versione - la Repubblica
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Il sesso estremo di ‘Ultimo tango a Parigi’, il film su Maria Schneider che accusa Bertolucci arriva a Cannes. La regista: “Era un cinema per uomini”

Il sesso estremo di ‘Ultimo tango a Parigi’, il film su Maria Schneider che accusa Bertolucci arriva a Cannes. La regista: “Era un cinema per uomini”

Il biopic ‘Maria’, di Jessica Palud’, è dedicato all’attrice protagonista del celebre lungometraggio con Marlon Brando

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Cannes - E' di nuovo Ultimo tango a Parigi ma questa volta sulla Croisette, e lo scandalo viene dalla versione di Maria Schneider. E' l'attrice protagonista ora a raccontare come ha vissuto le riprese di quel film - il più famoso huit clos di sesso estremo tra due sconosciuti - diventato capolavoro entrato nella storia del cinema.


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Un'esperienza di umiliazione e sopraffazione, per coma la rappresenta Maria, l'atteso film di Jessica Palud, che abbiamo visto sotto embargo, e che sarà presentato ufficialmente a Cannes Première la settimana prossima. La sceneggiatura è tratta dal libro di Vanessa Schneider, cugina dell'attrice scomparsa nel 2011, a soli 58 anni, dopo essere finita un tunnel di droga e alcool.

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“Il libro si avvicina a Maria attraverso il prisma dell'intimità, attraverso la lente della testimonianza familiare” osserva Palud. “Ho voluto spostare questa prospettiva e concentrarmi su Maria. Essere nel suo sguardo e non abbandonarlo mai, viaggiare con lei”. Maria è Annamaria Vartolomei (già protagonista di un altro film coraggioso, L'évènement di Audrey Diwan, Leone d'oro a Venezia nel 2021). Giovanissima come Schneider che aveva solo 19 anni (e quindi minorenne per le leggi del 1969) quando incontrò Bertolucci (Giuseppe Maggio) in un café di Parigi.

Il regista, già noto all'epoca per il successo de Il conformista, voleva Schneider per tutto quello che rappresentava: una bellezza pura e fragile, una smania di apparire che non la fece esitare davanti alla proposta di recitare con la grande star americana Marlon Brando (Matt Dillon nel film). Palud non fa un processo a Bertolucci ma sposa il punto di vista di Maria. E quindi anche nella violenza che ha provato per la tristemente famosa ‘scena del burro’, il rapporto di sodomia con Brando inflitto all'attrice e che non figurava nel copione. Il regista era solito aggiungere scene, incoraggiare l'improvvisazione, cercare l'"accidentale" che nutre il cinema. Ma quella volta andò oltre.

Palud ha rigirato la scena con Vartolomei e Dillon, accompagnati da un intimacy coach e una stuntwoman nel caso l'attrice ne avesse avuto bisogno. Sul set di Maria, ha raccontato la regista, è stato riprodotto quello che successe allora: un'aggressione fisica davanti a tutti, nel silenzio della troupe. “Oggi, nel 2024, sembra impossibile. Ma all'epoca era così” continua Palud. Scomparso nel 2018, poco dopo l'esplosione di MeToo, Bertolucci aveva riconosciuto di aver colto di sorpresa l'attrice. “Ho agito in un modo orribile con Maria, perché non le ho spiegato cosa sarebbe successo”. Tutto per avere “la sua reazione come ragazza, non come attrice. Volevo si sentisse realmente umiliata”.

Il regista aveva aggiunto di non essersi pentito di aver girato così quella scena, perché «a volte nei film per ottenere una certa reazione bisogna essere liberi». Era un'altra epoca, un altro contesto che Maria inquadra perfettamente. “Non si parlava del posto delle donne nel cinema, né degli abusi che venivano messi a tacere in nome dell'arte” nota Palud che a 19 anni, la stessa età di Schneider per Ultimo tango a Parigi, ha lavorato con Bertolucci sul set di The dreamers. “Ammirando molto il lavoro di Bertolucci, mi sono spesso chiesta come avesse fatto a dirigere Maria”.

Le accuse di Schneider contro Bertolucci, rilanciate in interviste e un documentario prima della sua morte, sono state a lungo passate sotto silenzio, derise, accompagnate da commenti spregevoli sulla presunta fragilità psicologica e mentale dell’attrice. Era ancora complicato mettere in discussione la parola di artisti e attori onnipotenti. Impossibile ascoltare la voce di chi si sentiva vittima, interrogarsi sul reale consenso di alcune scelte. “Era un cinema di uomini, per uomini” come disse la stessa Schneider in un'intervista. Difficile non commuoversi, entrando ora nel destino spezzato di questa ragazza impreparata allo scandalo e alla libertà, finita in un gioco maschile più grande di lei.

“Non cerco di accusare o giudicare, ma di affrontare l'eredità e di offrire un ritratto di questa società, attraverso una nuova prospettiva, quella di Maria Schneider” spiega ancora la regista, che aveva presentato alla Mostra di Venezia il suo primo lungometraggio Revenir. La struttura del film gioca con ellissi temporali che articola i momenti più forti nella vita dell’attrice che solo negli ultimi anni aveva incontrato una compagna di vita che l’aveva aiutata e sostenuta (nel film Celeste Brunnquell). Maria non è solo un film che farà polemica ma aiuterà il dibattito sui limiti dell'arte, sull'integrità violata, sull'uso di una giovane attrice e sul suo tradimento. Queste domande, che il film cerca sollevare, sono poste attraverso la prospettiva di Maria. Un punto di vista che oggi non si può più ignorare.

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