Lettera a , a Soverato il prof. Giulio De Loiro esalta il libro “Calabria la prima Italia” dell’americana Gertrude Slaughter

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images Lettera a , a Soverato il prof. Giulio De Loiro esalta il libro “Calabria la prima Italia” dell’americana Gertrude Slaughter
Giulio De Loiro
  20 maggio 2024 10:35

di DOMENICO LANCIANO

Caro Tito, con questa “Lettera n. 538” voglio partecipare ai nostri lettori, specialmente a quelli più interessati e fedeli, l’intera relazione scritta e poi letta al Palazzo di Città di Soverato (venerdì pomeriggio 17 maggio 2024) dal prof. Giulio De Loiro di Satriano (CZ) durante la conferenza di presentazione dell’edizione italiana di “Calabria the first Italy” che la scrittrice americana Gertrude Slaughter ha pubblicato nel luglio 1939 (cioè quasi 85 anni fa) e che l’editore Meligrana di Tropea (VV) ha recentemente dato alle stampe, utilizzando la traduzione della calabro-romana Sara Cervadoro, con l’invariato titolo di “Calabria la prima Italia”. Oltre al generoso e dotto prof. De Loiro, ringrazio l’Università della Terza Età e del Tempo Libero di Soverato che ha organizzato con pieno successo l’interessante e utile incontro nella Sala del Consiglio Comunale della “perla dello Jonio”. Così come ringrazio gli amici che mi hanno molto gentilmente fornito i video e le foto, alcune delle quali utilizzo in questa “Lettera”; devo quindi particolare ed affettuosa riconoscenza a (in ordine alfabetico): Giovanni Borràro, Pietro Cilùrzo e Maria Immacolata Cùnsolo. E mi scuso con il prof. De Loiro se (per motivi di impaginazione propria di queste nostre “Lettere”) non posso mantenere gli spazi da lui preordinati. Ed ecco la Relazione integrale.

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RELAZIONE DEL PROF. GIULIO DE LOIRO

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Presentazione del libro “CALABRIA   LA PRIMA   ITALIA” di Geltrude Slaughter a cura di Sara Cervadoro (17 maggio 2024 – Soverato – Università della Terza Età)

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Mi sia consentito, prima di avviarmi alla presentazione del libro, di esprimere la soddisfazione mia e quella dell’Editore, che abbiamo la gioia di avere al tavolo della presidenza, per la partecipazione di un pubblico così numeroso. Numeroso e qualificato! Lo stesso sentimento di gratitudine è rivolto alla prof.ssa Sina Montebello, Presidente dell’Università della Terza età e del tempo libero, per le parole con cui ha presentato l’evento di stasera. Quando mi capita, come adesso, di dover presentare un libro di una certa importanza, qualche giorno prima preparo un’accurata relazione scritta, relazione che poi andrò a leggere nell’incontro con il pubblico, evitando così di parlare a braccio e di andare oltre il tempo ragionevole che mi sono prefissato e che per la presentazione di un libro non può superare un’ora e mezza di tempo, in cui restano compresi anche gli interventi del pubblico e le conclusioni. E’ quanto spero che avvenga stasera nella presentazione del libro “CALABRIA LA PRIMA ITALIA” di Geltrude Slaughter tradotto in italiano da Sara Cervadoro, e pubblicato dall’Editore Meligrana di Tropea. In via preliminare, prima di entrare nel merito della presentazione del libro credo che sia d’obbligo qualche nota sull’autrice l’americana Geltrude Slaughter.
 

La Slaughter è una studiosa americana, che nasce a Cambridge (Ohio) nel 1870 e che dopo aver completato gli studi superiori nel Bryn Mawr College in Pennsylvania, sposa Moses Stephen Slaughter, titolare della cattedra di cultura classica latina all’Università del WisconsinNel 1918, con l’entrata degli USA nella prima guerra mondiale, la coppia Slaughter parte volontaria in Europa nel corpo degli Ausiliari dell’American Red Cross che ha sede a Venezia. 

Terminata la guerra, per la quale entrambi sono decorati per il servizio prestato, Moses e Geltrude, fortemente attratti dal patrimonio culturale del nostro paese, rimangono in Italia presso l’Università di Roma.

Dopo la morte improvvisa nella Capitale del marito, Geltrude resta in Italia, legandosi in rapporti di Amicizia con importanti filantropi piemontesi, come Giuseppina La Maire e Umberto Zanotti Bianco. E saranno proprio questi due filantropi ad accompagnarla nei suoi viaggi in Calabria e successivamente ad incoraggiarla a scrivere e a pubblicare nel 1939 “Calabria the first Italy”.

E durante i suoi quattro viaggi in Calabria, a partire dal primo del 1924 che porta la Slaughter nella valle del Crati, sulla costiera tirrenica paolana e in Sila, la studiosa americana si mostra un’osservatrice attenta e caldamente interessata all’attualità delle cose e degli uomini, ma sempre in relazione con la storia passata della nostra regione, vista non come qualcosa di morto, ma come qualcosa che è rimasto vivo e che condiziona presente e futuro della Calabria.  Ovviamente, considerata la sua notevole preparazione letteraria, la Slaughter si mostra particolarmente sensibile alla ricchezza della storia della Calabria, per cui matura la decisione di scrutare questa storia, studiarla profondamente ed infine rappresentarne i capitoli più significativi.  E così, nel 1939, venne fuori questo libro, “Calabria the first Italy”, un libro che agli occhi della studiosa americana voleva essere la sua personale interpretazione della storia della Calabria, nella quale l’autrice intendeva offrire ai futuri visitatori di questa regione la possibilità di vedere e darsi ragione del modo di essere, di pensare e di sentire delle popolazioni calabresi. All’inizio della seconda guerra mondiale la Slaughter rientra negli USA, dove per quasi vent’anni si dedica all’insegnamento presso l’Università del Wisconsin. Muore a Madison, nel Wisconsin, il 2 dicembre del 1963, a 93 anni.

A presentare questo suo libro é la stessa autrice nella prefazione, in cui la Slaughter riferisce che prima di lei la Calabria ha rappresentato la meta di un intrepido intellettuale, quale è stato George Gissing, che arriva in Calabria all’inizio del ‘900, giusto per soddisfare il desiderio di conoscere la terra della Magna Grecia, dove “le acque di due fonti, l’antica Grecia e Roma, si uniscono e fluiscono insieme”.  Impressioni e ricordi dello studioso britannico trovano poi spazio nell’opera “By the Ionian sea”, dello stesso Gissing, un piacevole volumetto di itinerari calabresi.  Ma già un secolo prima del Gissing, un altro studioso inglese, Henry Swinburne era arrivato in Calabria a raccogliere alcuni pregevoli dati paesaggistici della nostra regione in un diario intitolato “Travels in two Sicilies”. 

Ed è stato sicuramento questo diario a spingere poi a venire a visitare la Calabria Edward Lear e Norman Douglas, due intellettuali inglesi che, una volta arrivati nella nostra regione, fanno amicizia con molti Calabresi, assorbendo della Calabria cultura e tradizioni locali. Sicuramente, le opere dei succitati visitatori inglesi sono state oggetto di attenta lettura della Slaughter e hanno fatto nascere in lei l’interesse di conoscere personalmente questa “cresta montuosa tra i due mari”.  Interesse che cresce a dismisura soprattutto con l’incontro che la Slaughter ha a Roma con un gruppo di filantropi piemontesi, che da qualche anno erano impegnati a combattere in Calabria la povertà e l’analfabetismo.

Ed è dall’incontro con questi filantropi che in Geltrude nasce il desiderio di visitare quella che per la studiosa americana era la “regione più isolata dell’Italia meridionale”. E quanto avviene nei suoi viaggi in Calabria: il primo ha come meta Camigliatello Silano dove la Slaughter è l’unica straniera in un gruppo di trenta italiani, che arriva in Sila per inaugurare una scuola, che sarà descritta dalla autrice nella prefazione del suo libro come “omaggio delle popolazioni del nord e risultato di un’iniziativa promossa dal club di una donna di Torino, appoggiata anche dall’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia. Assistere alla cerimonia d’inaugurazione di quella scuola, continua l’autrice di “Calabria la prima Italia”, fu un’esperienza unica. La lunga estenuante inerpicata a piede e a dorso di mulo, dalle cinque del mattino alle due pomeridiane, fu premiata dal caloroso benvenuto con cui le donne e i bambini nei tradizionali e vivaci costumi multicolori, e gli uomini del villaggio, tutti vestiti di nero, ci accolsero lungo l’unica, erta mulattiera fatta a gradoni, invasa anche da capre e galline che ostacolavano il passaggio… Tutti i disagi, però, furono ricompensati dalla sincera e gioiosa ospitalità della gente locale che, dandoci il benvenuto e augurandoci ogni bene, ci ricoprirono di chicchi di mais, e petali di fiori, simboli locali di prosperità e felicità”.

Nel secondo e più lungo viaggio in Calabria la Slaughter ha la gioia di conoscere l’intera provincia di Cosenza che ha la possibilità di visitare assieme ad un’amica, che di ogni luogo conosceva tutto, presente e soprattutto passato: i filosofi greci prima di Socrate, i poeti lirici prima di Saffo, gli scultori prima di Fidia e i legislatori prima di Solone. Esperienza questa del secondo viaggio, straordinaria e meravigliosa, per cui l’interesse della studiosa americana per la nostra regione si traduce subito nel desiderio di approfondire la conoscenza della sua storia, attraverso la lettura di tutti i libri di storia antica e medievale, lettura che le è stata di grande aiuto, quando, dietro anche la forte sollecitazione di Umberto Zanotti Bianco, nel 1939 pensa di scrivere “Calabria the first Italy”.

Il libro, ovviamente, è scritto in inglese e la prima volta è pubblicato da un editore di Madison nel Wisconsin, per cui in Calabria lo approcciano pochissimi appassionati di storia calabrese, che conoscono anche la lingua inglese. Per questa ragione abbiamo dovuto attendere più di ottanta anni per avere la sua pubblicazione in italiano. La traduzione in italiano è stata curata da Sara Cervadoro, una docente di inglese in pensione, di origine marcatamente calabrese. La versione italiana con il titolo “CALABRIA LA PRIMA ITALIA” è stata pubblicata nel mese di novembre del 2023 da Meligrana Editore di Tropea, che stasera ci onora con la sua presenza. A sollecitare la traduzione e la pubblicazione in lingua italiana é stato Mimmo  Lanciano, un intellettuale di Badolato, appassionato e fervido cultore di storia calabrese, mio ex-allievo al ginnasio-liceo dell’Istituto Salesiano, il quale nel 1982 ha fondato l’associazione “Calabria Prima Italia” e fu tra i primi in Calabria ad affermare che il nome Italia è nato da Italo, re degli Enotri, antica popolazione che era stanziata 3500 anni fa nel territorio che si estende tra il golfo di Lamezia e il golfo di Squillace, tant’è che nel giugno del 2022 proprio a Lamezia si era pure tentato di realizzare la prima festa per il nome “Italia”.

Io personalmente sono rientrato in questa rete, ed è per questa ragione che mi ritrovo stasera a presentare il libro a Soverato, in una campagna di promozione che vede impegnati in prima persona intellettuali del calibro di Salvatore Mongiardo di Sant’Andrea dello Ionio, autorevole Scolarca della Nuova Scuola Pitagorica di Crotone e di Lorenzo Viscido, filologo di Squillace che attualmente svolge attività didattica in una Università di New York. Il libro “CALABRIA LA PRIMA ITALIA” di Geltrude Slaughter, nella versione tradotta in italiano da Sara Cervadoro, si apre con un’interessante prefazione dell’autrice e comprende 31 capitoli, ciascuno con un proprio titolo, un’ottima conclusione di due pagine e una ricca bibliografia. Tali 31 capitoli trovano una sistemazione dentro sei sezioni, corrispondenti alle principali epoche della storia della nostra regione che la Slaughter individua con questa ripartizione: 1) La Calabria prima dell’arrivo dei Greci; 2) La Magna Grecia; 3) La Calabria sotto il dominio di Roma; 4) Calabria bizantina; 5) La Calabria sotto il Regno Normanno; 6) il Regno Spagnolo.

In ogni capitolo trovano spazio e risalto le eccellenze più significative dei figli di Calabria che hanno contrassegnato la storia della nostra regione, per cui ne viene fuori una straordinaria galleria dei personaggi autorevoli e prestigiosi che hanno reso grande la Calabria. Una galleria in cui trovano posto Pitagora, l’inventore delle scienze matematiche, Zeusi il grande modello dell’arte pittorica, Zeleuco, il primo codificatore delle leggi, Ibico, l’illustre poeta lirico dell’antica Regium, Milone, il famoso atleta plurivincitore ad Olimpia, Telesio e Campanella, i geniali campioni del pensiero filosofico calabrese, Mattia Preti, il cavaliere di Taverna artista impareggiabile nella pittura. Si tratta di figure che accompagnano il racconto fluido con cui la scrittrice americana traccia l’evoluzione storica, letteraria e artistica della Calabria, istoriata da riflessioni filosofiche, da racconti di miti e leggende che sono state trasmessi oralmente da generazioni in generazioni.

Il tutto da intendere come risultato di ricerche accurate, con le quali la Slaughter presenta per la Calabria un passato che ha visto la nostra regione protagonista fino al punto che una sua antica popolazione ha dato il nome a tutta l’Italia. E’ questo il quadro storico che la scrittrice americana consegna ai lettori, un quadro dentro il quale personalmente sento il bisogno di addentrarmi proprio per evidenziare quanto di meglio Geltrude Slaughter è riuscita a cogliere nei secoli di storia che ha analizzato, e lo ha fatto con una profondità e un acume  eccezionali, e con l’intento di far sentire noi Calabresi orgogliosi dell’eredità che ci è stata trasmessa dai figli più prestigiosi di questa terra, che nel libro trovano corpo con riferimento preciso a Cassiodoro di Squillace, San Nilo di Rossano, San Bruno di Serra, Gioacchino di San Giovanni da Fiore e Campanella di Stilo.

Credo che per noi che viviamo nel basso Ionio catanzarese sia motivo di orgoglio aprire la galleria delle eccellenze calabresi con il maggior rappresentante del periodo romano, che è per l’appunto Cassiodoro di Squillace, personaggio di grande cultura, nel quale avviene l’incontro due mondi, quello antico e quello medioevale, nel senso che Cassiodoro resta un autorevole rappresentante della legge romana che, però, viene calata nel contesto del regno degli Ostrogoti, in quanto come romano egli lavorò per 40 anni sotto Teodorico e i suoi successori, con l’incarico di far convivere conquistatori e conquistati, ma sempre nel rispetto delle leggi di Roma. 

Ed è proprio per questa straordinaria connotazione che la Slaughter individua il grande squillacese anche come primo patriota italiano e come prototipo del moderno calabrese, e lo fa per due ragioni: primo perché Cassiodoro in tutta la sua vita operò sempre con la speranza e l’ambizione di contribuire a creare uno stato unito e libero, in secondo luogo perché questo prestigioso figlio di Squillace è stato il classico tipo che, come tanti Calabresi, si compiaceva nella discussione di questioni astratte che spesso non avevano alcuna relazione con l’attualità della realtà.

L’autrice del libro evidenzia la grandezza di Cassiodoro attraverso l’analisi attenta delle lettere che egli scrive in nome e per conto di Teodorico: sono atti documentali attraverso i quali la scrittrice americana trasmette al lettore la figura di un uomo dalla vasta gamma di interessi culturali. La sua mente, infatti, spazia liberamente dalla conoscenza delle tinture più variegate a quella delle abitudini di tutti i tipi di uccelli, dalla conoscenza particolareggiata dei decreti della giustizia a quella dei movimenti delle stelle e della natura e del suo rispetto, fino al punto da essere definito “il custode della scienza del V secolo d. C., nel senso pure che fu anche amante del sapere e del bello dell’arte”.

E’ significativo, infatti, che Cassiodoro, prima di ritirarsi nella sua Squillace, ha tentato con l’aiuto del Papa di fondare un’Università per lo studio della teologia e delle arti liberali. E una volta che questo progetto è fallito, come compromesso ha virato per la costituzione di un monastero, inteso diversamente dalla regola benedettina troppo ferrea e rigida.  Infatti, per Cassiodoro resta centrale anche nella vita in monastero, l’ammirazione per la giustizia, la moderazione, la musica, le scienze matematiche, che costituiscono il tramite naturale per la contemplazione del Creatore, che è per Cassiodoro fonte esclusiva di gioia infinita. E’ questo il patrimonio che Cassiodoro lascia ai Calabresi, e non è poco, anche perché la sua Squillace “appesa alla collina come grappolo d’uva”, ha poi saputo conservare l’eredità preziosa della sua storia di antica colonia greca “ricca e gloriosa di memorie” che ancora tutti noi possiamo ammirare nel sito archeologico di Roccelletta.

A seguire nel tempo, nel X secolo e in provincia di Cosenza, troviamo S. Nilo di Rossano, una figura prestigiosa di monaco, santo patrono della città di Rossano, che la Slaughter nel libro presenta come il rappresentante più prestigioso in occidente dell’ordine di S. Basilio, fondato in Siria nel IV secolo d. C.  Di questo monaco l’autrice americana testualmente scrive: “Quantunque celebre per miracoli e profezie, Nilo si rivela altresì acuto osservatore della natura umana, abile e severo nell’imporre regole e disciplina, amante della solitudine come “madre di saggezza”, ma sempre pronto a ribattere alla vanità terrena con arguzia”. La vita del patrono di Rossano si svolge tutta nel X secolo, un tempo dominato in Calabria dall’influenza bizantina. Quando entra in monastero, la sua esistenza resta segnata dall’obbedienza che lo porterà dall’oscurità alla fama di stimato intellettuale e sono molti gli episodi che rivelano in Nilo una vita frugale segnata da digiuni, una perseveranza incrollabile, un profondo acume mentale segnato da gioie, dispiaceri, severità e gentilezza. E ciò fino al punto da ricevere stima ed affetto non solo da parte di re e principi, patriarchi e vescovi italiani e stranieri, ma anche da parte di tiranni e Saraceni.

Fervido studioso, stava sui libri giorno e notte, e passava gran parte delle sue giornate a scrivere inni e poesie religiose; spesso si recava a Roma solo per procurarsi libri per le sue letture e non certo per caldeggiare presso la curia papale la sua carriera, per la quale non volle accettare neppure la carica di vescovo. Una volta la sua presenza a Roma fu sollecitata per dirimere una controversia sorta tra il Papa e l’Imperatore, e il suo intervento fu ascoltato da entrambi con rispetto anche se non servì a riappacificare Ottone III e il papa. S. Nilo muore a 95 anni a Grottaferrata e l’agiografo racconta che quando il monaco avvertì ormai prossima la sua fine, si rivolse ai suoi confratelli con queste sue ultime parole: “Seppellitemi in terra, non nel tempio. Non mettete alcun ornamento sulla mia testata tranne un’indicazione affinché possano fermarsi. Io sono stato un errante e un pellegrino per tutta la vita”. Sono state queste le ultime parole pronunciate da S. Nilo, e ciò nel segno della straordinaria umiltà che ha contrassegnata la sua esistenza. Ma per la sua fama non poteva morire così nell’anonimato, tant’è che il giorno dopo la morte, essendosi sparsa la notizia della sua dipartita, “venne tanta gente, scrive la Slaughter, da lontano e il principe e tutte le persone si unirono al cordoglio dei suoi confratelli”.

Tra i figli che resero grande la Calabria un posto speciale viene riservato da Geltrude Slaughter ad un altro monaco, che l’autrice ci presenta mentre è in preghiera sulla riva del fiume Ancinale, nella pace della quieta vallata, in mezzo a lecci, olmi e pioppi: è Bruno di Colonia, un monaco certosino, Calabrese di adozione, la cui prova di santità è stata quella di vivere a continuo contatto con la natura, come per l’appunto sembra provare una lettera scritta dal santo certosino ad un amico di Grenoble e che l’autrice di questo libro riporta testualmente: “Vivo in un romitorio lontano dagli affari del mondo. I molti diletti e le bellezze del luogo, la pianta ridente che si estende tra le montagne, i prati ricchi, i campi pieni di fiori come posso descriverli? Come posso rendere giustizia a questo panorama di verdi colline intorno a noi, a questi piacevoli luoghi appartati in valli ombrose, percorse da abbondanti torrenti e da fiumi? E non mancano neppure i giardini fertili, irrigati da queste acque, e i frutteti che intorno effondono una deliziosa flagranza e offrono al tempo stesso un’ombra rinfrescante”.

Luogo idilliaco questo descritto da S. Bruno, dove il monaco certosino fondò la mitica Certosa. Un luogo che agli occhi della scrittrice americana nel tempo non è cambiato rispetto al periodo in cui ha vissuto il fondatore dei Certosini. Un luogo d’incanto dove Bruno e i suoi monaci vissero nella semplicità e nella modestia, al punto che si tramanda che “si sostenessero, continua Geltrude Slaughter, di erbe selvatiche e ghiande, consapevoli che una coscienza tranquilla per loro è una festa eterna”. Per servirli e per coltivare la gran quantità di terra concessa loro dal conte Ruggero d’Altavilla avevano a disposizione i contadini calabresi che si divisero i compiti per farli fruttificare al meglio. Bruno è un monaco tedesco che giunge in Calabria a 60 anni da Grenoble, dove ha fondato l’ordine certosino.  Fino ad allora Bruno aveva vissuto in Francia una vita attiva sia come direttore della scuola della Cattedrale di Reims, e sia come canonico e cancelliere dell’omonima diocesi.   Chiamato a Roma da papa Silvestro II per assisterlo nelle controversie contro gli infedeli e gli eretici, Bruno diede ottime risposte in fatto di dottrina e di eloquenza, sino al punto che egli viene scelto dal Conte Ruggero d’Altavilla come emissario del Papa in Calabria per la latinizzazione della Chiesa, che era in gran parte di rito greco. Operazione questa che viene portata a compimento dal Conte e da Bruno con successo in pochi anni, tant’è che si racconta che Ruggero d’Altavilla divenne un assiduo visitatore dell’eremitaggio di Serra in quanto attratto, come sottolinea la scrittrice americana “dalla luce che illuminava il volto del monaco già in odore di santità”.  L’attivismo di Bruno fu assai determinante per il risveglio religioso della Chiesa Calabrese, nel senso che riuscì ad esercitare un forte influenza per il rafforzamento della fede ortodossa con la quale si incoraggiò il culto della Vergine. Tra le tante raffigurazioni, con cui è stato rappresentato il santo certosino di Serra, la più suggestiva per la Slaughter rimane la statua in legno policrono che mostra S. Bruno mentre fissa il suo sguardo sopra un teschio umano.  La solitudine di questa posa riflette l’ideale che egli cercò di raggiungere nel silenzio dei boschi di Serra, che era quello di ritrovare in se stesso il riflesso della natura nella vallata montuosa della sua Certosa. 

In una atmosfera naturale consimile visse gran parte della sua esistenza nel XIII° secolo Gioacchino da Fiore, l’abate di San Giovanni che Dante presenta nel XII canto del Paradiso, quando afferma “E lucemi da lato il Calavrese abate Gioacchin di spirito profetico”.  Il dono della profezia per Dante era stato attribuito all’abate calabrese cento anni prima, quando attorno al suo nome erano fiorite delle leggende, in cui fatti reali si mescolavano a fantasie.  Ma non è per queste leggende che il sommo poeta lo chiamò profeta e lo collocò nel Paradiso accanto a San Francesco, il fondatore dell’ordine francescano. Lo spirito pofetico di cui parla Dante a proposito di Gioacchino discende dai suoi scritti che circolavano tra i monasteri ed erano divulgati nella comunità cristiana, dove si avvertiva forte il desiderio di una nuova Chiesa, verso la quale Gioacchino mise in campo una rivoluzionaria spiegazione teologica della Trinità. Secondo Gioacchino le tre persone della Trinità non sono altro che tre rivelazioni di Dio in sequenza storica. La prima rivelazione è quella del Padre che coincide con il vecchio testamento, essa rappresenta l’età della schiavitù e quindi l’inverno dell’umanità. La seconda rivelazione è l’epoca del Figlio, cioè il periodo del nuovo testamento che coincide con l’età dell’emancipazione e con la primavera dell’umanità, e le rivelazioni si fermano qui, perché l’epoca dello Spirito Santo tardava ad arrivare, perché questa epoca apparteneva al futuro, che è il tempo in cui l’umanità avrebbe vissuto in perfetto amore, libertà e giustizia, e avrebbe rappresentato la piena estate dell’eterno Vangelo.

Per la Slaughter il successo di questa posizione teologica di Gioacchino dipese dal fatto che egli orientò i suoi pensieri verso l’intero genere umano, e non solo verso il mondo cristiano. E così le idee di Gioacchino si espandono in tutta Italia tra gli intellettuali del tempo, che si muovono anche in direzione del miglioramento delle condizioni di vita della gente. Ed è da qui che il messaggio di Gioacchino acquista una connotazione politica che resta valida anche per il presente e per il futuro. E sarà proprio sul piano politico che questo figlio di Calabria avrà grande successo, un successo che, oltre che ammantare di gloria l’abate, scivolerà anche sul piccolo centro della Sila che gli ha dato i natali. Per il peso religioso dei suoi scritti Gioacchino, dopo la morte, nel 1221 ottiene da Papa Onorio III il titolo di Servo di Dio, mentre il processo di canonizzazione non è portato a termine, anche se, giusto come sottolinea la scrittrice americana nella pagina conclusiva riferita all’abate, i Calabresi continuano a celebrarlo come Santo e come tale lo festeggiano il 26 maggio, che è il giorno in cui ricade il suo onomastico.

Tra le eccellenze calabresi presentate dalla Slaughter Tommaso Campanella è sicuramente la figura più complessa, la figura che più di tutti meglio esprime l’anima calabrese, e ciò in forza del suo entusiasmo e ottimismo intellettuale, del suo appassionato pessimismo sentimentale e del suo anelito potente e volitivo di redenzione e di attuazione universale dei principi di giustizia e di viva, profonda e sofferta partecipazione ai dolori della propria gente. Figlio di un calzolaio di Stilo entra giovanissimo in convento e anche come frate domenicano visse il tormento di trovare una soluzione politica radicale che potesse mettere fine alla drammaticità della situazione calabrese. Soluzione che trova corpo nel progetto ideato nella sua opera più importante, la “Città del Sole”, nella quale il Campanella tratteggia uno stato ideale, formato da cittadini istruiti e svincolati da ogni legame economico, e dove “vitto, scienze, onori e spassi sono bene comune, ma in maniera che nessuno possa appropriarsi di alcuna cosa”. Ovviamente, questo disegno resta un’utopia, che per la sua radicalità rivoluzionaria, trova l’immediata contrapposizione sia delle autorità spagnole che dello stesso papato, che si ritrovano uniti nel bloccare con ogni mezzo la propagazione delle teorie del filosofo di Stilo. Campanella, infatti, perseguito per le sue idee dalla polizia spagnola, viene processato e condannato a 27 anni di carcere, che il filosofo inizia a scontare nella prigione di Napoli. Nel 1626 il domenicano, dietro intercessione del Papa Urbano VIII presso Filippo IV, viene scarcerato e trova una sistemazione temporanea a Roma presso il Sant’Uffizio, dove riveste l’incarico di Consigliere del Papa.

Nel 1634, però, la notizia di una rivolta scoppiata in Calabria, di cui è ispiratore uno dei suoi vecchi amici e suo seguace, lo trascina di nuovo nello scontro politico contro gli spagnoli, procurandogli seri problemi, che Campanella riesce a risolvere, solo quando, dietro consiglio di Urbano VIII, lascia l’Italia e si trasferisce nella Provenza, in Francia, dove trova accoglienza presso il convento di Saint Honoré. Ma la Provenza va stretta al filosofo Calabrese, per cui dopo pochi mesi Campanella si trasferisce a Parigi, dove, scrive la Slaughter, “fu benevolmente ricevuto dal re di Francia e dal cardinale Richelieu”, e nella Capitale francese il filosofo rimane fino alla morte, “onorato come uomo di cultura e favorito come nemico della Spagna”. Al suo funerale, continua l’autrice del libro, “partecipa un gran numero di persone, professori della Sorbona, ministri di stato, rappresentati del clero e dell’aristocrazia, che accompagnarono il feretro da Parigi fino al monastero dove Campanella è stato sepolto”. Fatto questo che sarà verisimile, considerata la fama che aveva il filosofo di Stilo, una fama di cui finì per godere anche lo stesso borgo calabrese che gli ha dato i natali, per il quale la Slaughter incorre in un errore, quando a riguardo di Stilo afferma che a nord del paese si trova “la Sila, che fu rifugio di nobili esuli, di proprietari espropriati e di criminali evasi”. L’errata indicazione geografica potrebbe trovare la sua spiegazione nei ricordi che la studiosa americana conservava del suo primo viaggio in Calabria, ricordi che le ritornano in mente in modo prorompente fino al punto di piazzare le montagne silane a nord del paese natale di Campanella. E’ un errore che possiamo perdonarle, in considerazione che l’opera della Slaughter resta una testimonianza assai preziosa per l’evoluzione storica, letteraria e artistica della Calabria, un’opera ricca soprattutto di storia vera e documentata, che ha visto protagonisti tanti prestigiosi figli della nostra regione.

Una storia questa della Calabria di Geltrude Slaughter che di fatto è il risultato di ricerche accurate, di analisi approfondite e di riflessioni perspicaci, una storia che io stasera ho cercato di rappresentare per estrema sintesi, sperando di non essere stato eccessivamente pesante, anche perché il libro della scrittrice americana sicuramente va considerato una delle celebrazioni più autentiche della nostra regione, che dalla scrittrice americana viene nel titolo indicata come “prima Italia”, proprio perché in passato la Calabria è stata abitata dal popolo degli Itali, dai quali ha avuto origine il nome “Italia”. Fatto questo di cui prima della Slaughter fece menzione lo stesso storico greco Tucidide, nel 2° capitolo del VI libro delle sue Storie, dove testualmente si legge che “il paese fu chiamato Italia da Italo, un re dei Siculi, che giunti in Sicilia vinsero in battaglia i Sicani e fecero che la terra si chiamasse Sicilia invece di Sicania”. E qui, mentre mi avvio alla conclusione del mio intervento sul testo della Slaughter, avverto il bisogno di aggiungere che sulla vexata quaestio della Calabria che ha dato il nome all’Italia, di recente Rubbettino ha pubblicato un libro interessante sul piano storico. Esso si intitola “Unità multiple. Centocinquant’anni? Unità?” a cura di Giovanna De Sensi Sestito e di Maria Petrusewicz.  Un libro che in qualche modo richiama il tema della scrittrice americana in uno specifico capitolo intitolato “Italo, Italia, Italioti: alle origini di una nozione”.

E’ un capitolo nel quale le due autrici mettono a fuoco un’accurata indagine sui pochi autori antichi che in passato hanno curato una specie di esegesi storica sul nome dell’Italia. Certo per la Sestito e la Petrusewicz resta difficile stabilire quando i Greci abbiano cominciato a chiamare “Italia” la Calabria, la regione cioè che avrebbe accolto il maggior numero delle loro colonie occidentali, anche perché sull’origine di questo nome e sul suo valore etnico e geografico la tradizione greca aveva elaborato versioni diverse e tra loro contrastanti.  A cominciare da Antioco, per il quale il primo popolo che ha abitato la Calabria e che avrebbe preso il nome di Italia riguardava gli Enotri sotto il re Italo, che erano stanziati nel territorio compreso fra i golfi Napetino e Scilletino.  Circa poi la figura di Italo, questo re si arricchisce di particolari di notevole valenza etnografica nel riferimento che a lui ha dedicato Aristotele all’interno della Politica. Il grande filosofo racconta che da lui gli abitanti della zona si chiamarono Itali anziché Enotri e che Italo trasformò gli Enotri, che erano nomadi, in agricoltori e diede loro altre leggi e che per primo istituì i sissizi, le famose mense comuni che erano sorte a Creta al tempo Minosse e che erano i pasti in comune tipici delle società doriche. Sia in Antioco che in Aristotele Italo viene presentato con i tratti tipici di un “eroe culturale “che è stato il fondatore di un regno stabile in un’area delimitata e che avrebbe trasformato la sua gente da nomade in sedentaria, indirizzandola alla pratica stabile dell’agricoltura, le avrebbe dato leggi e ordinamenti e un’organizzazione militare comprensiva anche dell’obbligo della consumazione dei pasti in comune.

Sono questi tutti dati che sicuramente Geltrude Slaughter lesse e ritrovò in vecchi testi greci, e che costituiscono l’antica architrave di tutte le ricostruzioni greche dell’origo gentium. E una di queste genti abitava proprio la zona dell’istmo tra i golfi di Lamezia e quello di Squillace. Anticamente si chiamavano Enotri e successivamente col re Italo presero il nome di Itali. Ed è da questo secondo nome che prese il nome l’intera nostra penisola.  Questa è storia, cari amici, storia vera e documentata! E qui chiudo nella speranza di non avervi eccessivamente annoiato, ringraziandovi per l’attenzione che mi avete riservato. Grazie di cuore!  Adesso la parola va al pubblico a cui cercherà di rispondere, a conclusione della serata, l’editore del libro, Giuseppe Meligrana.  Soverato 17 maggio 2024 –  Giulio De Loiro

ALTRI INTERVENTI (Serrao, Mongiardo, Loiero, Meligrana) 

Prima di iniziare il suo dotto ed efficace intervento, il prof. De Loiro ha fatto leggere alla professoressa Sina Pugliese Montebello (che aveva aperto la conferenza, in qualità di presidente dell’Università della Terza Età) una interessante proposta di Vincenzo Serrao (nella foto, ex Dirigente Servizi Demografici del Comune di Badolato): cambiare nell’antico borgo badolatese due ben precise denominazioni topografiche, ritenute ormai obsolete e antistoriche. Cioè Corso Umberto I (ex Via Maggiore) in “Corso Calabria Prima Italia” e Corso Vittorio Emanuele III in “Via Re Italo”. Dopo la relazione del prof. De Loiro sono intervenuti il filosofo Salvatore Mongiardo (profondo studioso della “Prima Italia” e di Pitagora tanto da fondare la Nuova Scuola Pitagorica di Crotone), Mimmo Loiero con un’interessante visione storico-promozionale e l’editore Giuseppe Meligrana che, parecchio tempo fa, ha creduto coraggiosamente nella pubblicazione del libro di Gertrude Slaughter restituendoci così un capolavoro sconosciuto che rischiava di andare socialmente perduto se non fosse stato scoperto da me nel 2006.


Vincenzo Serrao

Nella sua telefonata di domenica 19 maggio 2024 alle ore 10.14 (per 18 minuti) il prof. Giulio De Loiro si è detto assai lieto di come è andata la conferenza di venerdì pomeriggio. Inoltre mi ha riferito dei tanti messaggi di congratulazioni e di commento (ricevuti sul telefonino) per la sua relazione e per la recepita importanza del libro della Slaughter che grande onore arreca alla nostra Calabria … tanto è che una persona ha acquistato ben cinque copie del libro da regalare.

Infatti quale dono più prezioso può essere fatto ad un calabrese (ma anche a qualsiasi italiano o amante estero dell’Italia) se non un libro che esalta la Prima Italia e la calabresità?… Riguardo poi la proposta di Vincenzo Serrao, sabato 18 maggio 2024 (alle ore 10.44 per 7 minuti e 15 secondi) ho parlato al telefono con il sindaco di Badolato, Giuseppe Nicola Parretta, per chiedergli se ha intenzione di effettuare il cambio di toponomastica indicato.

Mi ha risposto che ha già dato disposizione ai suoi uffici competenti di avviare la pratica.

Potrebbe essere quello dell’inaugurazione ufficiale della nuova denominazione un’utile occasione per valorizzare ancora di più la “Calabria Prima Italia” e “Re Italo” sollecitando altri sindaci calabresi e italiani a fare altrettanto.

ALCUNI COMMENTI SULL’EVENTO

Caro Tito, ti trascrivo poi (in ordine di ricevimento) i sette telegrafici messaggi ricevuti via whatsapp immediatamente dopo la conclusione della conferenza di Soverato (ore 20.15 di venerdì 17 maggio 2024). Ecco il primo: << Una lunga relazione ha tenuto il prof. Giulio De Loiro su Gertrude Slaughter, la scrittrice americana che consegna a noi la straordinaria Storia della “Calabria la prima Italia” in cui traspare la sua sensibilità e l’amore per questa nostra Terra. Ho acquistato copia del libro. Ciao. >> (C.M.I. – Soverato). Secondo: << De Loiro è stato magistrale! La partecipazione del pubblico è stata notevole. Bravo nel suo intervento il pitagorico Salvatore Mongiardo >> (D.R. – Badolato). Terzo: << Il prof. De Loiro è stato eccelso nella presentazione. A te grazie per il costante impegno al fine della divulgazione della cultura della nostra amata terra di Calabria. Riguardo la pubblicazione nel video su You Tube devo fare la conversione del formato accettabile dalla piattaforma. Sarà mia premura ottimizzare il tutto. Notizierò in merito… >> (P.C. – Soverato). Quarto: << Secondo me il professore De Loiro è stato bravo ed anche la professoressa Sina Pugliese Montebello, presidente dell’Università della Terza Età. Entrambi hanno parlato molto di te come motore primo di questa iniziativa … quindi credo che sia andata bene da tutti i punti di vista >> (G. B. – Santa Caterina dello Jonio). 

Quinto: << Sto tornando adesso da Soverato, dove ho partecipato alla presentazione del libro “Calabria la Prima Italia”. C’è stata una buona partecipazione di pubblico e il prof. Giulio De Loiro, che ti saluta, ha fatto un’ottima relazione/presentazione >> (V.S. – Badolato). Sesto: << Carissimo amico mio fraterno e stimatissimo giornalista badolatese doc, grazie per quanto fai per valorizzare la cultura e la conoscenza di personaggi calabresi che hanno scritto e decantato la nostra Calabria esaltandone i valori. Mi spiace di non avere potuto partecipare alla presentazione del libro “Calabria la prima Italia” perché ho la bronchite con forti dolori articolari. Un nostro comune amico mi ha riferito che è andato tutto bene e che tu puoi ritenerti soddisfatto dell’amore che ti hanno dimostrato tutti … >>. (P.M. – Soverato). Settimo: << E’ andato tutto benissimo. Una platea numerosa e interessata fino alla fine. Una relazione puntuale del prof. Giulio De Loiro. Intervento breve ma arricchente del dott. Salvatore Mongiardo. Conclusioni di Meligrana brevi, ma orientate. Ottima la sorpresa della proposta sulla nuova intitolazione delle vie di Badolato alla Prima Italia e a Re Italo. Gradito il ricordo di Vito Maida >>. (G.D. – Davoli).

RINGRAZIAMENTI

Intanto, ringrazio ovviamente, tanto e di vero cuore, questi sette amici così gentili ed affettuosi nei loro messaggi whatsapp. Così come ringrazio infinitamente il prof. Giulio De Loiro (che è stato mio docente di Lettere durante il quinto ginnasio 1966-67 dai Salesiani di Soverato) per la gran fatica fatta nel redigere una relazione così lunga, complessa e completa; e soprattutto per aver parlato con così tanta passione da incantare l’uditorio. Un grazie pure all’Università della Terza e Età e del Tempo Libero di Soverato che ha il merito di aver organizzato benissimo la conferenza nella Sala consiliare del Comune. Grazie a tutti coloro che hanno partecipato e, in particolare, a coloro che hanno acquistato il libro della Slaughter sperando che lo possano diffondere il più possibile. Grazie all’editore Meligrana e alla traduttrice Sara Cervadoro. Grazie a tutti coloro che finora mi hanno inviato una loro forbìta recensione. E, grazie, ovviamente, ancora e sempre a te, caro Tito, che mi permetti di diffondere fatti ed idee augurando una Calabria migliore e valorizzata al massimo. Noi lavoriamo proprio per questo da sempre!…

Soverato solitamente non delude mai. L’ho voluto bene evidenziare nella nota-stampa di sabato 18 maggio 2024 ore 07.00, inviata ai principali giornali web calabresi, come <<  https://www.preserreedintorni.it/una-citta-che-non-delude-mai-soverato-esalta-la-calabria-prima-italia/ >>. La stessa notizia è stata ovviamente riportata da te << https://www.costajonicaweb.it/soverato-cz-esalta-la-calabria-prima-italia/ >> – da << https://www.eventi.news/soverato-esalta-la-calabria-prima-italia >> – da << https://www.calabriareportage.it/soverato-esalta-la-calabria-la-prima-italia/ >> – da << https://www.ecodellalocride.it/news/soverato-presentato-libro-calabria-prima-italia/ >> – da << https://www.soveratoweb.com/soverato-esalta-la-calabria-prima-italia/ >> – da << https://www.politicamentecorretto.com/2024/05/18/soverato-esalta-la-calabria-prima-italia/ >> – da << https://www.strettoweb.com/2024/05/calabria-la-prima-italia-la-presentazione-a-soverato/1735630/ >>. Mi corre l’obbligo di ringraziare, in particolare, oltre te, pure quei colleghi giornalisti che pubblicano sempre e con lodevole puntualità ogni mio comunicato-stampa e ogni “Lettera a Tito”: Rita Barone di << www.lanuovacalabria.it” di Catanzaro;  Franco Pòlito direttore di << www.preserreedintorni.it >> di Squillace; Antonio Tassone direttore di << www.ecodellalocride.it >> di Siderno.

IL COMMENTO DEL DR. DOMENICO TUCCI DI PETRIZZI CZ

Caro Tito, il medico e psicoterapeuta Domenico Tucci di Petrizzi (CZ), un antico ed ameno borgo collinare a pochi km da Soverato, non potendo partecipare alla presentazione del libro della Slaughter di cui stiamo trattando in questa “Lettera n. 538”, mi ha inviato un suo telegrafico commento. Eccolo. << Grazie a Mimmo  Lanciano, ho potuto conoscere e leggere il libro “Calabria la prima Italia” tradotto da Cervadoro. Tale opera mi ha colpito per la scientificità storica e la cultura profonda che l’autrice americana comunica con passione, non solo per la cultura umanistica e per la Magna Grecia, ma per la Calabria in particolare. Riproporre dopo decenni questo libro è sintomo della possibilità di un rinascimento della nostra etnia calabrese.  Il libro conferma e testimonia quanto la Calabria sia stata determinante per la civiltà occidentale nell’ambito del pensiero che olisticamente spazia dall’arte alla medicina, alla filosofia, alla matematica, ecc. – Propongo un’attenta lettura del libro come nutrimento e presa di coscienza per una nuova e antica identità personale e di popolo >>.

Ringrazio il dottore Domenico Tucci per questa pur breve ma assai incisiva testimonianza, che spero possa essere utilmente acquisita da chi ama sul serio la Calabria. Ricordo che il lunedì 14 marzo 2022 ha risposto prontamente al mio pubblico appello-proposta di erigere una statua di Re Italo davanti alla Cittadella Regionale di Germaneto di Catanzaro come simbolo dell’unità dei calabresi ma anche come riferimento all’unità nazionale che da questo Re ha preso il nome di Italia. Inoltre, mi ha fornito alcuni documenti illuminanti sulla “Prima Italia”. Lo ammiro e lo stimo per la sua enorme sensibilità e per il suo stile umanistico davvero eccellente. Per queste ed altre doti sociali il 21 giugno 2023 ha ricevuto il “Premio Prima Italia” assegnato in Davoli (CZ) durante la Festa della Prima Italia pure ad altri personaggi che amano la Calabria tutta, specialmente quella delle più remote origini.

ALTRE PRESENTAZIONI IN PROGRAMMA

Caro Tito, come sappiamo, a parte quella esemplare di Soverato dello scorso venerdì 17 maggio, finora abbiamo avuto altre due presentazioni ufficiali del libro (in edizione italiana Meligrana) “Calabria la prima Italia” di Gertrude Slaughter: a  Reggio Calabria (mercoledì pomeriggio 20 dicembre 2023 a cura del Club Unesco “Re Italo” – Presidente arch. Alberto Gioffré) e a Squillace (mercoledì pomeriggio 03 gennaio 2024 a cura del locale Centro Studi e Ricerche sulla Prima Italia, voluto dall’allora assessore comunale al turismo Franco Caccia).

Entro settembre 2024 ci dovrebbero essere tre presentazioni già annunciate: la prima della Biblioteca Pubblica Vincenziana di Davoli (diretta dal prof. Aldo Marcellino), la seconda della Biblioteca Calabrese di Soriano (diretta dalla dottoressa Maria Teresa Iannelli) e la terza dall’Associazione culturale “Donne del Cedro” di Diamante – CS (a cura di Maria Rosaria De Rito). Sto aspettando notizie più precise riguardo la presentazione che dovrebbe avere luogo nel lametino. Mentre molto probabilmente altra presentazione dovrebbe avvenire a Taurianova (RC) nel contesto di “Taurianuova capitale italiana del libro 2024”. Ovviamente, saremmo tutti lieti se si facesse avanti qualche altro ente o associazione o anche privato che voglia curare la presentazione del libro della Slaughter.  

SALUTISSIMI

Quindi, assai lieto di come piano piano si faccia avanti questa benemerita opera di Gertrude Slaughter che esalta la Calabria, non mi resta che salutare pure i nostri lettori, specialmente quelli più affezionati. Un grazie particolare a Gaetano Drosi di Davoli per la sempre gentile disponibilità e collaborazione. Per il momento non mi resta che darti appuntamento alla prossima lettera n. 539 che, quasi sicuramente, proseguirà il discorso in altri interessanti tasselli di questo grande e stupendo mosaico che è la Calabria Prima Italia. Grazie ancora e a presto! Sempre con tanta riconoscente cordialità, Domenico  Lanciano (www.costajonicaweb.it)

ITER-City, lunedì 20 maggio 2024 ore 08.43 – Da 56 anni (dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto” (con Amore). Le foto, cui i diritti appartengono ai legittimi proprietari, sono state prese dal web mentre altre mi sono state fornite da Giovanni Borràro, Pietro Cilùrzo e Maria Immacolata Cùnsolo che ringrazio pure qui.

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