Iran, Guerra alle donne - La Redazione

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Iran, Guerra alle donne


Continua la nostra inchiesta sulle donne iraniane
. È in corso una vera e propria “guerra alle donne”: con l’introduzione del progetto Noor le donne risultano essere maggiormente represse e perseguitate, inoltre la polizia controlla come indossano lo hijab mentre viaggiano in auto, scattando foto e sequestrando l’auto a chi non rispetta la legge dell’obbligatorietà del velo.

Teheran, 7 Maggio. Con feroce violenza una donna viene trascinata dalla Gašt-e Eršâd (polizia morale) all’interno di uno dei loro furgoni, la donna viene strattonata, afferrata per i capelli e catturata con la forza. Il suo “crimine”? Non aver sottostato all’oppressiva politica statale dell’uso obbligatorio dello hijab, per questo motivo sarà condotta nel centro di detenzione dove, oltre essere molto probabilmente soggetta a violenze e torture, dovrà subire sentenze giudiziarie senza aver avuto diritto a un giusto processo.

Qualche giorno prima, il 27 Aprile, sempre a Teheran, una madre grida: “Non porterai via mia figlia!”. Le sue urla rimbombano per le strade del distretto di Shamsabad mentre la polizia afferra con aggressività sua figlia scagliando verso di lei minacce e insulti sessuali. Anche questa ragazza è, per la Repubblica islamica dell’Iran, “colpevole” di non aver indossato correttamente lo hijab.

Progetto Noor: la repressione verso le donne si intensifica

Episodi di questo tipo che ricordano l’incarcerazione e la morte di Jina Mahsa Amini non sono casi isolati. La repressione statale contro le donne e le ragazze che non indossano adeguatamente il velo si è infatti accentuata proprio in questo ultimo mese quando, all’ombra del conflitto tra Israele e Iran, la Repubblica Islamica ha lanciato il progetto “Noor” (luce in farsi), una nuova serie di misure tese a punire ulteriormente chi viola la legge obbligatoria sullo hijab.

Scopo dell’introduzione di queste nuove forme di sorveglianza è quello di “preservare la sacralità della castità e dello hijab e combattere le cattive condotte”, in quanto lo stesso Presidente Ebrahim Raisi ha definito il mantenimento dell’hijab obbligatorio “un dovere legale e della shari’a e che tutti devono rispettare tale legge”.

Quindi da metà Aprile le donne in Iran a causa dell’introduzione di questa campagna risultano essere maggiormente represse e perseguitate e, come denuncia Amnesty International, si trovano ad affrontare un nuovo attacco ai loro diritti umani, è in corso in pratica una “Guerra alle donne” .

Non a caso i membri della squadra di sicurezza del progetto (noor patrol) sono stati addestrati per far rispettare nei luoghi pubblici l’uso dello hijab in modo più severo, inoltre sono aumentate considerevolmente le presenze delle pattuglie delle forze di polizia, dei Basij e degli agenti in borghese. Da ciò si deduce che gli spazi pubblici e di ritrovo, già soffocanti e intrisi di regole orwelliane o kafkiane (per citare il recente film denuncia Kafka a Teheran), a causa di questi nuovi controlli rischiano di trasformarsi, ancor più, in luoghi di violenza, sorveglianza e punizione, così come testimoniano i moltissimi video diffusi sui social dopo l’introduzione del piano Noor.

A proposito un cittadino iraniano tramite un video pubblicato su X ha denunciato che ad Aprile tra Abbas Abad e Valiasr Street a Teheran gli agenti hanno arrestato una ragazza dopo averla picchiata, presa per i capelli e gettata nel furgone della pattuglia di Irshad. Secondo questo cittadino alcune persone presenti hanno protestato contro l’azione violenta degli agenti della pattuglia, a quel punto la polizia li ha minacciati con i gas lacrimogeni.

Non sorprende dunque che da quando queste pratiche sono state introdotte, per le strade delle città iraniane si sia assistito ad un’impennata di arresti, violenze, aggressioni, nonché tentativi di molestie sessuali, contro le donne che non indossavano correttamente il velo. E attenzione, a essere prese di mira non sono “soltanto” le donne che passeggiano o che usano i mezzi pubblici, ma anche coloro che viaggiano in auto.

Auto confiscate alle donne che non portano il velo

«Recentemente ho ricevuto un messaggio riguardante la mia macchina, in cui si informava che per l’undicesima volta avevo violato le leggi sull’obbligo del velo mentre mi trovavo nella mia automobile e che entro le prossime 48 ore avrei dovuto consegnare la mia auto per il sequestro» (Sheyda, Provincia di Fars).

«Mia madre ed io eravamo in macchina dirette all’ospedale per una visita medica quando due motociclette della polizia si sono parate davanti alla macchina e ci hanno bloccato. Sapevo esattamente perché ero stata fermata, in quanto la stessa cosa era successa a mia sorella nella stessa zona diversi mesi prima. L’ufficiale di polizia ha chiesto i miei documenti, io mi sono rifiutata di darglieli e gli ho chiesto di dirmi quale fosse il mio crimine. Lui ha risposto che era il suo dovere e doveva controllare se la targa era contrassegnata da sequestro» (Parvin, Teheran).

Amnesty International ha denunciato che la Repubblica islamica attraverso una sorveglianza diffusa ha intensificato i controlli di massa contro le donne alla guida. In questi ultimi mesi infatti decine di migliaia di donne si sono viste confiscare arbitrariamente le loro auto come punizione per aver sfidato le leggi sull’obbligatorietà dello hijab.

«In un sinistro tentativo di logorare la resistenza al velo obbligatorio sulla scia della rivolta del movimento “Donna, Vita, Libertà”, le autorità iraniane stanno terrorizzando le donne e le ragazze sottoponendole a una sorveglianza e a controlli della polizia costanti, sconvolgendo la loro vita quotidiana e causando loro un immenso disagio mentale. Le loro tattiche draconiane vanno dall’arresto delle donne alla guida sulla strada, alla confisca di massa dei loro veicoli, fino all’imposizione di fustigazioni disumane e pene detentive» ha dichiarato Diana Eltahawy, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.

Dunque, ancor prima dell’introduzione del piano Noor, il regime iraniano ha attuato pratiche repressive verso le donne che viaggiano in auto. Attraverso l’app della polizia Nazer, basata su una tecnologia simile ai dispositivi portatili utilizzati per le multe elettroniche, agenti in borghese pattugliano le strade e catturano l’immagine delle auto in cui all’interno ci sono donne che non indossano il velo. A quel punto coloro che hanno violato la legge ricevono minacce e viene emesso l’obbligo di confisca dell’auto.

Ma c’è di più: oltre agli avvisi, soprattutto in questo ultimo periodo sono aumentati gli inseguimenti e le perquisizioni casuali di auto in cui viaggiavano donne. Nelle testimonianze raccolte da Amnesty (come quelle citate all’inizio di questo paragrafo) molte ragazze hanno denunciato improvvisi sequestri durante i loro spostamenti tra casa – lavoro/scuola o le visite mediche; sottolineando il completo disprezzo della polizia per la loro sicurezza, con alcune donne lasciate bloccate su autostrade trafficate o in città lontane dalla loro città natale.

Il movimento “Donna, Vita, Libertà” resiste

Quanto detto fino a ora riflette la stretta che il regime teocratico dell’Iran attua verso le donne e le ragazze, ad essere soggette a severi controlli sono infatti anche le sedi universitarie, gli aeroporti, e per chi viola la legge gli accessi ai servizi bancari vengono negati. Nonostante tutto ciò il movimento “Donna, Vita, Libertà” non ha mai smesso di far sentire la sua voce e le giovani iraniane, e non solo loro, sfidano coraggiosamente ogni giorno le discriminanti imposizioni dettate dal regime senza lasciarsi intimorire.