Londra, Louise Joplin e le artiste “dilettanti” - la Repubblica
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Londra, Louise Joplin e le artiste “dilettanti”

Through the Looking Glass, Louise Jopling
Through the Looking Glass, Louise Jopling 

L’autoritratto della grande pittrice, realizzato nel 1875 quando era incinta del figlio, esposto alla Tate Britain di Londra fino al 13 ottobre. E anche molte altre opere

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Per la prima volta, la Tate Britain di Londra ha deciso di acquistare - inserendolo permanentemente nella sua collezionale nazionale - un dipinto di Louise Jopling, una delle artiste britanniche di fine '800 più famose del Paese ma che per più di un secolo è stata considerata una dilettante dall'establishment dell'arte. Through the Looking Glass, l'autoritratto realizzato nel 1875 mentre era incinta del figlio Lindsay, sarà esposto insieme ad altri due suoi quadri in una mostra che fino al 13 ottobre la Galleria d'arte dedicherà a molte artiste spesso considerate dilettanti. Now you see us. Women artists 1520-1920 è un viaggio di 400 anni in 150 opere, dai Tudor alla Prima guerra mondiale, per mettere in luce il modo in cui molte artiste come Mary Beale, Angelica Kauffman, Elizabeth Butler, Laura Knight abbiano sostenuto la parità di accesso alla formazione artistica e all'appartenenza all'accademia, rompendo i confini e mostrando cosa significasse essere una donna nel mondo dell'arte.

Tabitha Barber, curatrice della mostra, in una lunga intervista al Guardian ha dichiarato che “quello che è successo all'eredità di Jopling è la storia della maggior parte delle donne artiste. Considerate, studiate, giudicate in modo diverso. Nel loro caso l'arte doveva dimostrare le virtù e le qualità di una donna elegante. Il concetto di donna artista come artista dilettante è stato molto difficile da eliminare. È qualcosa che abbiamo ereditato” e che ha contribuito a far sì che studiosi e curatori trascurassero il loro lavoro per secoli.

Nata nel 1843, Louise Jopling ha esposto alla Royal Academy di Londra e al Salon di Parigi ed è stata elogiata da contemporanei e critici d'arte vittoriani. Ma proprio a causa dell'etichetta da “dilettante”, il suo lavoro è stato trascurato dai successivi curatori della collezione nazionale. Ha dipinto più di 750 opere d'arte prima di morire nel 1933 all'età di 90 anni. Oggi, solo poche di queste opere sono stati acquistate da gallerie d'arte pubbliche e l'ubicazione della maggior parte dei suoi dipinti rimane ancora sconosciuta. Un destino diverso da quello che si prospettava all'epoca. «In un tempo in cui le donne non potevano essere membri della Royal Academy, le sue opere venivano esposte quasi ogni anno e se ne parlava sulla stampa. Veniva recensita, e bene, da critici d'arte maschi» continua Barber.

Ritratti, ma anche interni, soggetti narrativi e scene di genere. Tra i suoi mecenati spiccavano i fondatori della Grosvenor Gallery, Sir Coutts e Lady Lindsay, e la famiglia de Rothschild. Un giorno, durante gli anni in cui suo marito Frank Romer lavorò come segretario privato del barone de Rothschild, la baronessa vide alcuni schizzi disegnati a matita da Jopling e la incoraggiò a intraprendere una vera formazione artistica a Parigi. Fino a quel momento «il pensiero di una carriera artistica non mi era passato per la testa» scriverà Jopling nella sua autobiografia Twenty Years of My Life, 1867 to 1887. «A quel tempo non conoscevo nessuna ragazza, tanto meno una donna sposata, che avesse studiato arte».

Convinta sostenitrice del voto alle donne, fu suffragista e componente fondamentale della National Union of Women's Suffrage Societies. In On the Education of the Artistic Faculty scrisse che le donne avessero diritto alla stessa formazione artistica degli uomini. In epoca vittoriana le donne erano escluse per “decoro” dalle lezioni della Royal Academy dove le modelle posavano nude. E così, negli anni Ottanta del XIX secolo, decise di aprire una sua scuola d'arte. “Considerava il disegno dal vero come la pietra miliare della formazione di un artista – racconta ancora Barber – e si assicurò che nella sua scuola le donne avessero accesso a questa formazione”. Lo trasformò nell'Atelier del Suffragio, un luogo in cui spesso le compagne suffragiste prestarono al ritratto i loro corpi.

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