Baby Reindeer: la serie Netflix che fa discutere e riflettere
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Baby Reindeer: la serie Netflix che fa discutere e riflettere

Baby Reindeer: la serie Netflix che fa discutere e riflettere

Serie TV Di Elena Genero Santoro. Baby Reindeer, la miniserie Netflix ispirata alla storia vera di Richard Gadd, vittima di molestie sessuali e stalking, che fa riflettere sulla dipendenza della vittima da chi ne abusa.

Non si placano le polemiche su Baby Reindeer, miniserie di Netflix in sette episodi, scritta e interpretata dallo scozzese Richard Gadd che si è ritagliato il ruolo del protagonista.
La serie è breve, veloce, si beve in un sorso, ma lascia un’inquietudine che rimane incollata addosso.
È la storia di uno stalking diverso da ciò a cui siamo abituati a sentire.

Donny Dunn è un barman scozzese che lavora in un pub di Camdem e ha il sogno di diventare un cabarettista.

La sua vita viaggia su binari di sicura e confortevole mediocrità finché un giorno nel pub entra una donna dall’aria infelice e lui, che è empatico e sensibile, si intenerisce e le offre una tazza di tè.
È l’inizio di un incubo.
La donna, Martha, che si presenta come improbabile avvocata, trova l’indirizzo di posta elettronica di Donny e inizia a tempestarlo di email sgrammaticate piene di allusioni sessuali.
Se ricevere centinaia di email al giorno manderebbe fuori di testa chiunque, ancora più allucinante è per Donny accorgersi che Martha interpreta ogni episodio avvenuto tra di loro, anche il più insignificante, come il tassello di una relazione promettente e se all’inizio Donny pensa che sia sufficiente chiarire la situazione, chiedere a Martha di smettere, prometterle amicizia, ma niente di più, dopo un po’ si rende conto che Martha è indomabile, ingestibile, che alterna momenti di allegria, tenerezza, sconforto a episodi di rabbia e azioni distruttive.

Martha è una donna sovrappeso, più vecchia di Donny, il quale non prova per lei alcuna attrazione fisica.

L’attrice che è stata scelta per interpretarla, Jessica Gunning (che in realtà ha solo tre anni più di Richard Gadd ed è stata invecchiata e imbruttita nella serie), ricorda in alcune espressioni Annie Wilkes di Kathy Bates in Misery non deve morire. Peraltro, Baby Reindeer, Piccola Renna (il soprannome che Martha ha dato a Donny), è stata accostata al romanzo di Stephen King.

In questi giorni impazza la polemica sui veri personaggi a cui la serie si è ispirata.

L’avvocata Fiona Harvey, a cui il personaggio di Martha pare ispirarsi, è uscita allo scoperto per ribadire che sì, è vero che lei e Richard Gadd si sono conosciuti in un pub di Camdem, ma che tutte quelle email sconce e quella persecuzione non ci sono mai state.
Chiosa asserendo che Richard Gadd è uno psicotico. Se Fiona Harvey è davvero come Martha Scott, avremmo una ragione in più per non crederle.

Ma non ci interessa sapere quanto Richard Gadd abbia inventato e quanto si basi su eventi reali.

Si sa che gli autori attingono dal vero e poi ci ricamano sopra.
Non ci interessa saperlo, intanto perché si valuta la storia raccontata su Netflix (che abbiamo visto), non quella accaduta (che non conosciamo).
E poi perché, con buona pace dell’avvocata Fiona Harvey, il protagonista in Baby Reindeer non è la sociopatica Martha, ma è la vittima Donny.

Di Martha lo spettatore vede cosa fa, ne coglie la lucidità nonostante le contraddizioni.

Le motivazioni profonde rimangono sullo sfondo, si intuisce che Martha abbia avuto dei traumi, ma non è la sua psiche a essere indagata. Da un canto, peccato, perché uno stalking al femminile è qualcosa di meno comune e forse per molti non sarebbe neppure credibile. Invece accade e anche la vicenda, come narrata, pare verosimile. Persino la polizia non scava nella vita di Martha, tende a crederle quando lei si mostra accondiscendente, quando acconsente a partecipare a degli incontri riabilitativi. Invece Martha è subdola, minaccia, ricatta, ferisce con le mani e con le parole.

Il mattatore è Donny, che con i suoi occhioni azzurri sgranati e la sua aria da eterno sfigato un po’ intenerisce, un po’ muove a compassione, un po’ fa prudere le mani dalla rabbia perché davvero non ne azzecca una.

Io mi auguro vivamente che Richard Gadd, nonostante l’ispirazione iniziale, non abbia una storia sovrapponibile a quella di Donny Dunn, perché Donny Dunn è una vittima co-dipendente da chi abusa di lui.
Baby Reindeer è stato paragonato a Misery non deve morire, ma c’è una differenza sostanziale: lo scrittore Paul Sheldon (nel film) non prova alcun sentimento di empatia per la sua rapitrice Annie Wilkes. Nel momento in cui realizza che Annie è matta da legare, ha un unico obiettivo: sfuggire alle sue grinfie con ogni mezzo possibile.

Donny invece nutre un ventaglio di sentimenti per Martha che sono molto più variegati, che vanno dalla pena a una sorta di attrazione mentale.

Perché, lo ammette lui stesso, in uno dei momenti clou della serie, in fondo essere cercato da Martha lo lusinga. Perché Donny non si è mai sentito importante, Donny si è sempre odiato, Donny non ha mai saputo vivere appieno i suoi momenti felici. Soprattutto dopo che è stato abusato la prima volta (non da Martha). Da allora Donny, dice, è diventato carta moschicida per i soggetti abusanti, è entrato in confusione, si è rotto in tanti pezzi, non ha più capito nulla di se stesso e Martha ha trovato terreno fertile nella sua empatia, nella sua fragilità. Ha messo in dubbio persino i propri gusti sessuali.
E l’abuso, soprattutto il primo, viene descritto nel dettaglio, con tutti i sentimenti che si porta dietro: incredulità, senso di colpa della vittima, non immediato riconoscimento che si tratti di una violenza.
E ad abuso è seguito un altro abuso.

Che sia chiaro: le vittime non sono colpevoli delle molestie che subiscono. I colpevoli sono i sociopatici che le perpetrano.

Donny incarna una tipologia di vittima di molestia e abuso, è anche un dipendente affettivo, che presumibilmente era già così prima del primo abuso e poi, dopo il primo trauma, non ha trovato la via della guarigione. Le cose sono solo peggiorate.
Come dice Marie-France Hirigoyen nel libro Molestie morali, le vittime non sono mai simpatiche, non piacciono a nessuno. Devono essere complici del carnefice, deboli, pappemolli, se non lo sono, se diventare vittima è un fatto aleatorio e non porta con sé una colpa, allora chiunque di noi può diventarlo e questo è spaventoso.
La vittima ideale è una persona coscienziosa, naturalmente propensa a colpevolizzarsi. In psichiatria fenomenologica questo tipo di comportamento è conosciuto e descritto, […] come un carattere predepressivo, il typus melancolicus. Sono persone che tendono all’ordine, sia in campo lavorativo sia nelle relazioni sociali, che si dedicano a quanti stanno loro vicino e accettano raramente piaceri dagli altri. Marie-France Hirigoyen, Molestie morali
Sembra la descrizione di Donny.

La miniserie Baby Reindeer non pare aver in programma un seguito.

Il che da un certo punto di vista è un peccato, perché il finale è abbastanza amaro. Donny risolve una parte dei problemi, ma non tutti.
Lui prende coscienza delle proprie fragilità.
Tuttavia le ossessioni, la co-dipendenza non sono risolti.



Elena Genero Santoro



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