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Tajani fa il controcanto di Salvini e viceversa. Solo campagna elettorale o a rischio la stabilità del Governo?

Nelle ultime settimane le divaricazione sono state diverse. Ultima in ordine cronologico, la leva obbligatoria

Giuseppe Alberto Falcidi Giuseppe Alberto Falci   
Tajani fa il controcanto di Salvini e viceversa. Solo campagna elettorale o a rischio la stabilit...

Ogni giorno ha il suo contro canto. Una volta si chiama superbonus, un’altra Marine Le Pen, un’altra ancora condono. Antonio Tajani e Matteo Salvini si marcano a uomo. Quando uno parla, l’altro replica. Si dirà, è il grande gioco della campagna elettorale con il sistema di voto proporzionale. Forse c’è un fondo di verità. Però «è preferibile non scherzare con il fuoco» sussurra nemmeno troppo un forzista di lungo corso. Non c’è giorno in cui i due non divergono e non si scontrano. Curiosità: anche sul calcio hanno due visioni diverse: Salvini è super tifoso del Milan, Tajani è juventissimo e qualche giorno fa è stato immortalato all’Olimpico in occasione della finale di coppa Italia tra la Vecchia Signore e l’Atalanta. 

Nelle ultime settimane le divaricazione sono state diverse. Ultima in ordine cronologico, la leva obbligatoria. Il leader della Lega, ieri, ha depositato «alla Camera la proposta di legge della Lega per reintrodurre sei mesi di servizio civile o militare per i ragazzi tra i 18 e 26 anni, su base regionale e da svolgere esclusivamente in Italia. Ne sono convinto. È una forma di educazione civica al servizio della comunità, di disciplina, di attenzione al prossimo e rispetto per se stessi e per gli altri che potrà avere effetti molto positivi». 

L’uscita fa il giro dei palazzi e arriva sul tavolo del ministro degli Esteri. Tajani non perde e sbotta: «Non credo che si possa reintrodurre la leva obbligatoria, costerebbe talmente tanto. Con il sistema che abbiamo noi sarebbe troppo costoso». Insomma, non ci sono margini ed è allora scontro. Gli azzurri vicini a Tajani sono convinti che «quella di Matteo sia una sparata per racimolare qualche voto in più». La questione non è praticabile, «è una boutade elettorale» secondo il leader azzurro. «Ormai si è vannaccizzato» mormorano dalle parti del ministro degli Esteri. 

La divaricazione è profonda. E riguarda la politica interna, ma soprattutto la postura in Europa. Tajani è il vicepresidente del Ppe, è stato presidente dell’Europarlamento, commissario europeo. Il suo è un curriculum da europeista convinto. Ecco perché non vuole sentire parlare di “meno europa”, slogan caro a Salvini e a alla Lega: «Per carità, non ha alcun senso logico. Se non siamo parte di un progetto più ampio siamo destinati ad essere travolti, ad essere ininfluenti». E ancora, sempre Tajani: «Serve un linguaggio meno roboante, meno da Capitan Fracassa. Chi urla in genere è più debole di chi è calmo, come si dice, del resto, 'la calma è la virtù dei forti'. Occorre dimostrare ai cittadini di essere una classe politica capace di portare l'equipaggio in un porto sicuro, anche dal punto di vista economico. Quanto al valore di questa tornata elettorale, è importante - insiste il leader di Fi - perché l'Europa ha ruolo da giocare, e noi dobbiamo dire qual è l'Europa che vogliamo».

Gli scontri, come si diceva, sono quotidiani. Si verificano quasi ogni giorno. Giovedì scorso, per dire, Tajani si è presentato negli studi di Piazza Pulita su La7 e ha recitato la parte dell’uomo di sinistra della coalizione di centrodestra.  «Gli estremisti come AfD non agevolano un'Europa coesa. Alcune posizioni di AfD mi fanno schifo, ad esempio la differenziazione tra bambini normali e no». Un ragionamento che aveva solo un obiettivo: inviare un messaggio al solito Salvini. Si è poi dichiarato «antifascista», quasi a voler rimarcare la distanza dagli alleati che hanno difficoltà a pronunciare la parola “antifascista”. Tajani punta al mondo moderato, a chi oggi non ha una casa e si rifugia nell’astensionismo. Obiettivo nemmeno tanto velato aggregare tutti i cespugli centristi. «Alle elezioni Europee puntiamo ad arrivare al 10%, non ne ne importa niente di superare Salvini». Una dichiarazione che rimarca il fatto di quanto sia importante il match interno alla coalizione. Non a caso, sempre nel salotto di Corrado Formigli, il leader azzurro boccia l’idea del generale Vannacci di costituire delle classe separate per i disabili. «Io sono contrario». 

E invece l’altro vice, Salvini, punta tutto sul generale della discordia. «Con il generale Vannacci, ex comandante, parà della Folgore che ha combattuto l'Isis e i terroristi islamici, che ha difeso i nostri ragazzi in Iraq e Afghanistan, un servitore dello Stato onesto, leale e coraggioso offriamo agli italiani la possibilità di cambiare l'Europa con un altro profilo. Sono sicuro che la scelta verrà premiata: non azzecco mai i pronostici calcistici ma penso sarà uno dei più votati dagli italiani, non della Lega ma di tutti i partiti». Salvini schiera Vannacci per salvare il progetto di Lega nazionale ma soprattutto per non farsi agguantare da Forza italia. È convinto infatti che il generale possa portargli in dote un ulteriore 2% che lo salverebbe anche dalla critiche di chi all’interno della Lega non ha gradito la candidatura di Vannacci. Insomma, se la campagna di Tajani è nel segno della moderazione, quella di Salvini è nella direzione opposta: nel segno degli eccessi. Con un refrain: se il mio avversario dice una cosa, io mi distinguerò. «Adoro la libertà di pensiero e di parola per tutti: c'è un partito di sinistra che legittimamente ha candidato Ilaria Salis, che si trova in carcere all'estero con accuse gravi da cui spero si possa dimostrare innocente, dicendo agli italiani se votate noi l'Italia sarà rappresentata da questa signora in Europa».

E quando Salvini assieme a Marine Le Pen prende le distanze da Afd, «mai più con loro  al Parlamento Ue», Tajani gli risponde dagli studi di Lilli Gruber su La7 e ribadisce che mai e poi mai si alleerà con Marine Le Pen: «Avevamo ragione su Afd quando dicevamo che era una forza politica impresentabile con cui nessuno avrebbe fatto accordi. In Italia con Salvini non ho alcun problema, ma con Le Pen non condivido le posizioni su Ue e Nato. La mia visione politica è quella del Ppe, credo nell'Europa che ha bisogno di riforme. Noi non saremo assolutamente alleati con Le Pen, spero in un'alleanza con tra popolari, liberali e conservatori, la maggioranza alternativa a quella di verdi e socialisti». Resta capire se tutto questo si fermerà il 9 giugno. Se i distinguo di questi giorni, di queste ore, possano mettere a rischio la stabilità dell'esecutivo e dunque della coalizione di maggioranza. L'ultima volta che due alleati, Berlusconi e Fini, cominciarono a dividersi come oggi, sappiamo tutti come andò a finire.

Giuseppe Alberto Falcidi Giuseppe Alberto Falci   
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