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Lo scandalo che ha squassato la Liguria, colpendo leader politici, manageriali e industriali storici, una solida (sembrava) alleanza di centrodestra, oltre a compromettere molto seriamente il futuro economico del nostro territorio che sembrava in grande spolvero (almeno stando a narrazioni e celebrazioni) avrà sicuramente una ricaduta lavica anche sulla politica a poche settimane dalle Europee.

Un appuntamento elettorale che per l’Italia dei partiti (pochi) e dei movimenti personali (una pletora) ha una lettura molto particolare e molto italiana: il risultato di queste elezioni disegnerà il prossimo quadro politico del Paese, a seconda che succedano alcune cose: con quanto margine vince la Meloni (ammesso che vinca), con quanto esce dalle urne il Pd della Schlein e che margine avrà rispetto al partito numero uno (Fdi?) e al possibile numero tre cioè il Movimento Cinque Stelle. Che fine farà la Lega di Salvini anche rispetto a Forza Italia e che sorte toccherà alla schiera dei centristi da Renzi a Calenda.

Logicamente tale quiz avrà effetti pesanti anche sulla Liguria. Effetti che ora in Liguria esploderanno a ripetizione dopo la stroncatura giudiziaria di Giovanni Toti. Sia che si dimetta aprendo una crisi difficile forse con elezioni anticipate, sia che non si dimetta.

Il guaio è che non ci sono nomi o almeno apprendisti candidati, né a destra, né a sinistra e nemmeno al centro. Cioè non ci sono candidati pronti e ormai é tardissimo per costruirli. Allora chi chiedeva per esempio al Pd rinfrescato più o meno dalla Schlein di indicare un nome a Genova e in Liguria la risposta era sempre la stessa e monotona: prima il programma. E poi vedremo i nomi. Si parla evidentemente di nomi “nuovi” tanto più dopo il crollo di un “sistema”.

Complimenti. Il programma mi pare in mezzo a una densa foschia. Ma se Toti sparirà dal panorama politico l’opposizione col Pd (probabile primo partito) in testa non ha nessun nome nuovo, fresco, spendibile, pronto a giocarsi la partita. Nemmeno i Cinque Stelle. Senza contare che poi ci si dovrebbe alleare per vincere senza angoli oscuri, sapendo che tutti si accetta la proposta di un candidato! Dunque logico e giusto che nel Pd rivernicino di apparente novità un anziano (della politica s’intende) come Andrea Orlando. Ma non potranno mai e poi mai presentarlo come una svolta non dico radicale, ma nemmeno abbozzata. Avrebbero, invece, potuto lavorare magari sul sindaco di Savona Russo che, unico della sinistra, ha vinto le ultime elezioni comunali conquistando Savona. O come sostiene qualcun altro su Luca Pastorino.

I Cinque Stelle forse avrebbero chance se convincessero Luca Pirondini oggi parlamentare a prendere la bandiera. E qui ecco che si presenta la “teoria dell’Innesco” vagheggiata via chat dall’ex presidente Burlando: dal centro a sinistra un campo larghissimo che più largo di così non si può. Resta sempre la questione non da poco del nome.

Non parliamo del centrodestra, spianato con lo schiacciapietre giudiziario. Unica ipotesi spendibile il nome del sottosegretario Rixi che però ha già rapidamente declinato l’invito.

Ma il vero, grande problema ce l’ha il sindaco di Genova, Marco Bucci, che con Toti faceva squadra, coppia fissa e vincente da quando si sono presentati sul palcoscenico della politica locale con molti voti al seguito. Poi rafforzati dalla gestione della ricostruzione-record del ponte crollato. Marco Bucci, senza partito (anche se fu scoperto proprio da Rixi) ma leader di un suo personale movimento sembra essere nel mezzo di una dura solitudine politica. Questo a metà mandato (ultimo) nel pieno di un piano di impegni per la città da far tremare i polsi e anche le gambe. La “solitudine politica” di Marco Bucci deriva innanzitutto dal fatto di non avere alle spalle un vero partito più o meno organizzato e strutturato, ma una lista locale. Così come Toti peraltro anche se il governatore ha un incancellabile marchio berlusconiano. Se le liste locali e personali in questi ultimi anni sono fiorite per indicare un “distacco” dalla politica dei vecchi partiti compromessi che non ci sono più a parte Pd, Lega e Cinque Stelle, è evidente che di fronte a terremoti come quello che ha sbaragliato gli assetti di potere in Liguria, rischiano di indebolirsi e di mostrare la loro fragilità organizzativa.

Ed ecco, quindi, oltre al rischio politico anche quello del quadro futuro per il complicato territorio ligure e per la città di Genova a cominciare dagli affari del porto “bombardato” dall’inchiesta sulla corruzione, così come ieri lo ha bene disegnato su questo sito Franco Manzitti.
Una “solitudine” quella di Bucci molto rischiosa per Genova e senza apparenti alternative.

Insomma ora il tempo è davvero scaduto. Senza programmi, senza alleanze e senza nome che cosa inventare?