Renzi: «Mi candido e non truffo gli italiani. Io, se eletto, vado davvero in Europa»

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L'intervista a Matteo Renzi per «La Stampa» del 1-05-2024

di Alessandro Di Matteo

Il leader di Italia Viva prende posto in fondo alla lista di Stati Uniti d'Europa: «A Strasburgo abbiamo bisogno di una leadership forte e non di influencer mediocri».

Matteo Renzi è pronto a traslocare. Il leader di Italia viva sarà candidato alle Europee, e questo era nell'aria, ma lo fa chiarendo che se verrà eletto non rinuncerà al seggio ma lascerà il Senato italiano. Per Renzi fare come gli altri leader, che si candidano già chiarendo che resteranno a Roma, è «una truffa agli elettori». L'ex premier boccia la Presidente della commissione uscente Ursula von der Leyen («Una burocrate, una delusione») e invita ad usare «intelligenza politica» per riuscire a portare Mario Draghi ai vertici Ue.

Sul Pd è drastico, «non è più un partito ma un comitato elettorale», e ancor più netto sulla segretaria Elly Schlein, che con l'ipotesi del nome nel simbolo «voleva mostrare la propria leadership, ha mostrato la sua debolezza».

L'annuncio della candidatura arriva all'ultimo momento. Cosa l'ha convinta?

«Il mondo brucia, l'Europa dorme. Pensi al dramma ucraino o alla tragedia mediorientale. Le grandi potenze si muovono, Bruxelles che fa? Se davvero crediamo che sia il momento di provare a cambiare le cose bisogna mettersi in gioco in prima persona. Io credo al sogno degli Stati Uniti d'Europa. E voglio dire ai miei figli che fare politica significa rischiare, anche in prima persona».

Lei critica Meloni, Schlein, Tajani, Calenda che si candidano pur dicendo già che non andranno. Ma non basta che annuncino prima le loro intenzioni?

«No. Candidarsi per un posto a Strasburgo e annunciare di non andarci significa truffare i cittadini. È uno scandalo solo italiano. Io rimango allibito dal silenzio dei media su questo tema: solo da noi ci sono dei leader politici che preferiscono contarsi in Italia anziché contare in Europa. Noi di Stati Uniti d'Europa siamo diversi. E, se eletti, tutti noi, a cominciare da Emma Bonino, andremo a Strasburgo».

Intanto von der Leyen sta aprendo a Ecr, il gruppo guidato da Meloni. Lei l'ha definita una «burocrate». Rischiamo una maggioranza Ppe-destra in Europa?

«Ursula è stata una delusione. Ha contribuito a distruggere intere filiere dell'economia europea, in nome dell'ideologia e non dell'ambiente. Ha tentennato sullo stato di diritto rispetto a Orban. Ha perso di vista la capacità di tenere insieme diplomazia e sforzi militari. Non è cattiva, è incapace: prima la cambiamo, meglio è. L'Europa ha bisogno di una leadership forte, non di influencer mediocri».

Macron ha lanciato Draghi. Ma è più adatto per la Commissione o per il Consiglio europeo? E non si rischia di bruciarlo come accaduto per il Quirinale?

«Draghi potrebbe svolgere entrambi i ruoli. Per portare uno come lui al vertice delle istituzioni bisogna usare l'intelligenza politica come abbiamo fatto noi nel 2021 togliendo Conte. Non l'approccio sbagliato avuto da qualche suo consigliere nel 2022 per il Colle. Se Stati Uniti d'Europa avrà successo, al gruppo parlamentare di Renew Europe proverò a fare la differenza».

Lei ha parlato di eliminare il diritto di veto e di elezione diretta del presidente della Commissione. È un obiettivo realistico già in questa legislatura? Un Ppe che guarda a destra non rischia di impedire ogni avanzamento?

«Questo Ppe ha messo la retromarcia. Bei tempi quando c'erano i Kohl e gli Aznar. Non so se la prossima legislatura sarà costituente, è oggettivamente difficile. Ma se non ci prova nessuno, non si farà mai nulla. Servono dei folli sognatori per andare avanti».

Il Pd ha candidato Marco Tarquinio e Cecilia Strada. Pensa che il fronte pro-Ucraina e pro-difesa Ue possa indebolirsi?

«Penso che il Pd non sia più un partito ma un comitato elettorale che tiene insieme le idee più disparate. Se con Stati Uniti d'Europa faremo un risultato buono, allora anche pezzi del Pd riformista abbandoneranno questa deriva populista del Pd e verranno con noi a costruire una cosa nuova. Ma ora concentriamoci sull'Europa. Bisogna tenere insieme l'obiettivo della difesa comune con un nuovo sforzo diplomatico. Ma servono le persone giuste. Se a Riad mandiamo Luigi Di Maio non se lo fila nessuno».

Schlein rivendica di essere stata eletta per cambiare il Pd. Sulla sua candidatura e sul suo nome nel simbolo c'è stato uno stop: lei conosce bene quel partito, si è incrinato qualcosa tra la leader e il gruppo dirigente?

«Elly è una persona per bene. Ma se ti candidi e dici che sei il partito del "noi" e poi provi a mettere il cognome nel simbolo… ma dove vuoi andare? Voleva mostrare la propria leadership, ha mostrato la sua debolezza».

Lei ha detto che Meloni è in lista per regolare i conti con Salvini. Si aspetta scossoni al governo dopo le Europee?

«Sì. Giorgia usa le Europee per contarsi in casa. Ma è ridicolo con tutti i problemi che abbiamo nel mondo. Dobbiamo rilanciare sull'Europa gigante mondiale non trasformare le Europee in una rissa di condominio tra alleati».

Il campo delle opposizioni cambierà dopo il voto? Potrà riprendere un dialogo tra i centristi e il Pd?

«I centristi in questo Paese ci sono: sono stati decisivi, lo saranno alle prossime politiche. Il Pd deve decidere se diventare la sesta stella grillina o tornare al riformismo. Nel dubbio noi facciamo ciò che serve: rappresentare gli interessi delle aziende e dei cittadini italiani in Europa. Per dirla banale: un lettore della Stampa se vota Tajani o Schlein o Meloni butta via il voto perché nessuno di costoro andrà in Europa. Se vota noi, ci batteremo per fare la differenza sull'automotive, sulle case green, sulle infrastrutture. Con noi il voto vale davvero».