Białowieża, l’ultima grande foresta europea - Antropia

Białowieża, l’ultima grande foresta europea

Alla scoperta dell’ultima grande foresta europea, tra Polonia e Bielorussia, casa degli ultimi grandi giganti europei.

Enormi alberi secolari tra le cui chiome penetra la luce del mattino e vaste piane avvolte nella nebbia. L’odore del sottobosco e il suono dell’acqua che scorre in una fonte vicina.

Il cinguettio degli uccelli e i fruscii di animali schivi, tra la vegetazione incontaminata.

Una fotografia dell’Europa che era e che ora sembra scomparsa.

Eppure, un piccolo lembo di terra, qui, nel Vecchio Continente, c’è ancora. Che respira. Vivo.

Si tratta della foresta di Białowieża, antica foresta vergine situata al confine tra Bielorussia e Polonia, la sola testimonianza rimasta di quella sconfinata foresta che migliaia di anni fa si estendeva su tutta l’Europa.

Segnaletica presente all’interno dell’area forestale

Figura 1: Segnaletica presente all’interno dell’area forestale

Diviso tra due Stati, questo sito appartiene ai patrimoni dell’umanità dell’UNESCO e detiene la qualifica di “Riserva della Biosfera”, assegnata dallo stesso UNESCO.

Di rilevante importanza a livello ambientale e conservazionistico, la foresta ha anche una storia profondamente antropica, segnata da viaggi e guerre, sepolta nel terreno rigoglioso.

La foresta vergine

Per “foresta vergine” si intende una foresta praticamente incontaminata, libera dalla presenza umana. Sotto questi termini si può dire che l’espressione “foresta vergine” è un modo informale per denominare una foresta primaria.

All’interno di questa tipologia di foreste è possibile riconoscere contemporaneamente tutti gli strati di crescita delle specie che la compongono, dato che questo tipo di ambiente non è mai stato sottoposto ad alcuna pratica di selvicoltura.

Uno scorcio della foresta di Białowieża

Figura 2: Uno scorcio della foresta di Białowieża

Geografia politica di una foresta

Come già accennato, la foresta di Białowieża – la cui pronuncia è “biauoviesa” – si estende lungo il confine tra la Bielorussia e la Polonia, 70 chilometri a nord di Brėst. Ciò comporta che le due parti della foresta – il lato polacco e il lato bielorusso – sono gestite e protette in maniere differenti.

L’area polacca della foresta è protetta come parco nazionale e si estende su circa 100 km2, mentre sul territorio bielorusso la stessa copre una superficie nettamente maggiore, arrivando a coprire circa 1.771 km2.

In generale, di tutta l’area compresa dalla foresta – tra parte centrale, area “cuscinetto” e zona di transizione – il parco nazionale e il Patrimonio dell’umanità vero e proprio si estendono per 876 km2 e la porzione di confine che divide i due Stati che corre attraverso la foresta è, ad oggi, chiuso sia per la fauna che per l’uomo.

Nel lato bielorusso della foresta vi sono laboratori, un museo regionale, alberghi e ristoranti costruiti durante l’era sovietica e uno zoo in cui è possibile ammirare nel loro habitat naturale bisonti europei (Bison bonasus) e altri animali autoctoni.

All’interno della zona è presente anche il Museo del Capodanno e la residenza di Dzied Maróz, noto come “Nonno Gelo”, che rappresenta la versione slava di Babbo Natale.

In generale, però, la parte bielorussa della foresta, ad oggi, risulta essere in gran parte in un cattivo stato di conservazione.

Per quanto riguarda il lato polacco della foresta, invece, possiamo trovare la cosiddetta “Radura di Białowieża”,) un’area originariamente costruita per gli Czar di Russia, ultimi proprietari privati della foresta (dal 1888 al 1917), quando questa di trovava completamente nel territorio dell’Impero russo.

All’interno di quest’area si trovano strutture per turisti, come alberghi e ristoranti, e possono essere intraprese visite guidate esclusivamente sotto stretta sorveglianza delle autorità locali.

Dal 1921, inoltre, circa 100 km2 di questo lembo di foresta sono protetti da uno dei più antichi parchi nazionali d’Europa – il Parco nazionale di Białowieża, appunto – che è anche il secondo parco nazionale polacco più antico. Nella sede del Parco si trova anche il Museo della Natura e della Foresta.

Mappa dell'estensione della foresta di Białowieża (UNESCO)

Figura 3: Mappa dell’estensione della foresta di Białowieża (UNESCO)

Sul territorio polacco è presente anche il “Mammal Research Institute”, un’unità di ricerca scientifica indipendente della Polish Academy of Sciences (PAS), la più antica dell’istituzione. L’istituto si occupa di fare ricerca sui mammiferi, ma anche della conservazione e della gestione delle popolazioni selvatiche.

Un luogo ricco di storia

La foresta di Białowieża è ciò che rimane delle foreste che un tempo ricoprivano tutta l’area dell’Europa orientale lungo i cui sentieri che costeggiavano i fiumi, fino al XIV secolo,  le persone viaggiavano prima dell’avvento di strade e ponti. Non è difficile immaginare come siano nate, quindi, alcune delle storie e leggende più popolari, immerse in paesaggi così selvaggi e misteriosi.

Nel XIV secolo la foresta di Białowieża era una grande riserva di caccia, per poi divenire di proprietà del re Ladislao II di Polonia nel XV secolo, che la usò come riserva di cibo per il suo esercito durante la battaglia di Grunwald. Lo stesso re, durante la peste nera – diffusasi in Europa a partire dal 1346 – costruì un castello di legno all’interno della foresta che utilizzò come rifugio durante la pandemia.

Fu nel 1538 che ci fu il primo atto legislativo, sancito da re Sigismondo il Vecchio, il quale istituiva la pena di morte per i bracconieri di bisonti e fu lo stesso re che fece costruire un casino di caccia in legno nella città di Białowieża, dalla quale la foresta ha preso il suo attuale nome.

La foresta tornò ad essere una riserva di caccia nel 1541 ed era così importante che qualche secolo dopo – più precisamente nel 1639 – il re Ladislao IV Vasa emanò un editto per spronare i contadini che vivevano nella foresta a prendersene cura e a diventare cacciatori del re. In cambio di questo servizio i contadini erano liberi dall’obbligo di pagare le tasse. Da questo momento in poi, fino al regno di Giovanni Casimiro Vasa (1648 – 1668) la foresta rimase prevalentemente disabitata.

Con il tempo la foresta tornò a ripopolarsi e nel XVII secolo vi si insediarono famiglie provenienti dalla Masovia e dalla Podlachia per l’estrazione di minerali ferrosi e la produzione di pece e i quali discendenti risiedono ancora in quelle zone.

Nel 1772, nel 1793 e nel 1795 vi furono le cosiddette spartizioni della Polonia ad opera delle potenze confinanti il Paese – Impero russo, Regno di Prussia e Monarchia asburgica – al seguito delle quali, per volere dello czar Paolo I, tutti gli abitanti della foresta diventarono servi della gleba e furono consegnati, assieme ai territori in cui vivevano, ai vari aristocratici e generali russi dell’epoca.

Da questo momento in poi la foresta visse momenti altalenanti, con periodi in cui la zona risultava sotto protezione altri in cui, invece, la stessa era sospesa.

Importante fu la visita nel 1860 dello czar Alessandro II che decise di reintrodurre la protezione dei bisonti, ma imponendo agli abitanti del posto di uccidere indiscriminatamente tutti i loro predatori naturali. Qualche decennio più tardi gli czar russi divennero i proprietari di tutta la foresta, che tornò ad essere una riserva di caccia.

La gestione zarista fu molto pesante in termini zoologici: molti bisonti vennero spediti in dono dagli czar a varie capitali europee, mentre nel territorio della foresta furono importati cervi, alci e altri animali da ogni angolo dell’Impero a fini venatori.

Durante la Prima guerra mondiale l’Esercito imperiale tedesco occupò la foresta dal 1915, con la conseguente caccia intensiva sugli animali da parte dei militari. L’occupazione durò poco più di 3 anni e portò ingenti danni nell’area forestale.

Fu proprio dopo la guerra che la foresta venne dichiarata Parco Nazionale.

Durante la Seconda guerra mondiale le cose non andarono meglio: nel 1941 la regione venne occupata dall’esercito nazista e i sovietici che la abitavano vennero deportati.

Da quell’anno la foresta servì da rifugio ai partigiani polacchi e sovietici, il che portò ad esecuzioni di massa ai danni delle popolazioni sospettate di aiutare la resistenza da parte dei tedeschi. Nel 1944 la zona fu liberata con l’avanzata dell’Armata Rossa, ma, durante la ritirata, le forze armate tedesche distrussero lo storico casino di caccia della foresta.

Il simbolo della foresta (e della rinascita)

Il bisonte europeo – che i polacchi chiamano Żubr – è il più grande erbivoro europeo e attualmente è classificato come “Vulnerabile” nella Lista Rossa della IUCN. La causa principale del suo rischio di estinzione è la degradazione dell’habitat e della frammentazione dello stesso dovuto all’attività agricola, ma anche alla caccia e al bracconaggio nei secoli.

Attualmente la mandria più famosa e numerosa è proprio quella che vive nella Foresta di Białowieża, che conta circa 500 esemplari.

Alcuni esemplari di Bisonte europeo presenti nella foresta

Figura 4: Alcuni degli esemplari di bisonte europeo presenti nella foresta

Subito dopo le spartizioni della Polonia – con la conseguente dispersione degli abitanti della foresta nelle corti dei potenti russi – tutta la protezione di cui la foresta godeva fu abolita e molti cacciatori penetrarono nell’area: questo evento portò al crollo della popolazione locale di bisonti, che in meno di 15 anni passò da 500 a circa 200 capi. Fortunatamente, però, dopo la legislazione del 1801 il numero di bisonti crebbe nuovamente, fino ad arrivare a 700 capi nel 1830.

Durante la Prima grande guerra e fino al febbraio 1919, quando la foresta venne riconquistata dall’esercito polacco, la popolazione di bisonti della foresta ebbe un enorme declino, con il massacro dei capi da parte di bracconieri, soldati tedeschi e predoni sovietici. L’ultimo bisonte selvatico di tutta Białowieża era stato ucciso ad un mese dalla liberazione della regione.

Fortuna volle che nel 1923 si scoprirono, sparsi in vari zoo del mondo, gli ultimi 54 bisonti europei sopravvissuti, probabilmente discendenti dai bisonti donati negli anni dagli czar. Da qui in avanti questi animali furono soggetti a protezione, ma soprattutto a diversi progetti di reintroduzione e tali progetti continuano tutt’oggi grazie al lavoro e all’impegno di diverse strutture zoologiche.

All’inizio del programma di riproduzione furono formati due gruppi di esemplari che sono sempre stati tenuti separati geneticamente per evitare problemi di consanguineità (inbreeding).

La reintroduzione in natura è cominciata nel 1951 ed ha avuto un grande successo. Al 2010 si contavano circa 4.000 esemplari discendenti dai primi due gruppi selezionati nel ’23: di questi alcuni sono presenti negli zoo, altri vivono in natura allo stato semibrado, fatta eccezione per la foresta di Białowieża dove alcuni di questi vivono allo stato selvatico.

Uno degli ultimi contributi alla popolazione locale è stato effettuato da una struttura zoologica italiana: il Parco Natura Viva, in Veneto.

Grazie ad un progetto specifico – facente parte del programma REWILDING EUROPE – infatti, il Parco, lungo il corso degli anni, è riuscito a rilasciare in natura diversi esemplari, con il primo rilascio nel 2004 di due femmine nate al Parco. L’ultima reintroduzione risale al maggio 2018 grazie al quale due giovani – Athena e Julo – sono stati rilasciati nella Riserva dei Monti Tarçu (Romania), luogo in cui nel 2014 furono rilasciati i loro fratelli insieme ad altri 15 bisonti.

Fauna e Flora locale

Oltre ai bisonti, all’interno della foresta vi è una fauna molto ricca. Sono presenti infatti lupi, cinghiali, caprioli, cervi, linci, alci, castori, cavalli e gli zubron, animali ibridi fra bovini domestici e il bisonte europeo. Inoltre, all’interno del Parco nidificano circa 120 specie di uccelli.

Tra gli animali presenti nel parco ci sono anche i Konik, una razza di pony allo stato semi-selvaggio originari della Polonia e della Bielorussia derivata da incroci con una razza attualmente estinta: il Tarpan (Equus ferus ferus), il cui ultimo esemplare morì in cattività in Ucraina tra il 1918 e il 1919.

Mandria di Konik, una razza di pony allo stato semi-selvaggio originari della Polonia e della Bielorussia

Figura 5: Una mandria di Konik

Il konik, insieme ad altre razze, viene attualmente utilizzato per “ricreare” il Tarpan e ricoprire la nicchia ecologica rimasta vacante dal momento dell’estinzione di quest’ultimo in natura.

Per quanto riguarda la flora, invece, la superficie del parco presenta boschi compatti, caratterizzati da raggruppamenti di varie specie, e molti alberi presenti all’interno dell’area presentano dimensioni notevoli, raramente riscontrabili in altri luoghi europei.

La più grande quercia (genere Quercus) della foresta ha un nome proprio: si chiama “Grande Mamamuszi” ed è alta ben 34 metri per una circonferenza di oltre 6 metri. Come lei, molti altri alberi secolari presenti nella foresta hanno dei nomi propri, ma la Grande Mamamuszi è di sicuro l’esemplare del Parco nelle condizioni migliori.

Per approfondire:

La foresta delle tre domeniche: video reportage di Pietro Del Re

Scheda UNESCO

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