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Maria Augello - Morte di un'invisibile

Una prostituta tossicodipendente nell'inferno di Porta Nuova

Maria Augello - Morte di un'invisibile

Aggredita e assassinata dal cliente

Notte.
A Torino fa freddo perché sono le 2 del 29 gennaio 1995. Intorno a Porta Nuova, in giro, sono rimasti solo gli spettri. Esseri che di sovrannaturale non hanno nulla ma fantasmi per la società borghese. Senzatetto che dormono nei cartoni, spacciatori, tossici, ubriaconi, prostitute. Umanità a cui un ipocrita senso del pudore dà il permesso di esistere soltanto quando fa buio.

Ce ne sono due che sono scesi per una rampa di un garage sotterraneo in via Urbano Rattazzi 8/A. Lui eroinomane, lei tossica e prostituta. Si appartano in fondo a sinistra, prima del cancello, dove il sudiciume, le siringhe e i preservativi usati adornano un luogo frequentato solo da invisibili.

Il luogo del delitto

Nel mezzo dei preliminari di quel disperato incontro d’amore qualcosa va storto. Lui scappa a gambe levate e lei tenta di urlare ma il grido le rimane in gola. La ragazza mette una mano proprio sotto il mento, preme per istinto di sopravvivenza e si ritrova imbrattata di sangue. Risale verso la strada lasciando dietro di sé una lunga scia di materiale ematico, gira a destra e crolla davanti all’ingresso dell’Hotel Majestic. Il suo partner per una notte l’ha sgozzata e l’ha fatta morire dissanguata.

La vittima è una ventenne che si chiama Maria Augello. Senza fissa dimora, trova ogni tanto rifugio in una pensione in via Nizza, sotto gli stessi portici dove vende il suo corpo.

Ha abbandonato la famiglia da qualche tempo e sono le testimonianze dei parenti a raccontarne la storia. La sorella annota sul suo diario: <<Ha cominciato a drogarsi da questo giorno qui. Aveva 16 anni appena compiuti. Il primo “buco” l’ha fatto con Marco, il precedente fidanzato. Tra l’altro quello si bucava poco e voleva aiutarla a smettere. Risultato: alla fine si è “infognato” più lui di lei>>.

Altri particolari li aggiunge la madre: <<Una settimana fa mio marito è andato a cercarla nelle vie intorno a Porta Nuova. L’ha supplicata di entrare in comunità ma lei ha rifiutato e anzi è corsa a denunciarlo dicendo che la minacciava>>.

Era amica di Daniela Pellissero, anch’ella uccisa nel 1993 dopo essere stata caricata da un cliente. Dopo quel delitto Maria chiamò a casa: disse che da quelle parti girava un maniaco che voleva farle fuori tutte.

Maria Augello

Gli inquirenti trovano sul luogo del delitto delle macchie di sperma e, poco lontano, l’arma del delitto, un coltello dal manico celeste lavorato con incisioni di madreperla. Sopra quest’ultimo tantissimo sangue dell’assassinata e dei capelli rimasti appiccicati.

L’autopsia parla di una morte sopraggiunta dopo diversi minuti d’agonia ma esclude percosse. Sul collo, accanto al taglio principale, una piccola ferita da punta, come se l’assassino avesse minacciato la giovane e poi avesse perso la testa. A partire da queste risultanze sono due le piste principali.

La prima, corroborata anche da alcune testimonianze, vorrebbe che l’Augello sarebbe stata uccisa poiché, qualche mese prima, avrebbe fatto arrestare un importante spacciatore tunisino.

Questi l’avrebbe sequestrata, l’avrebbe portata in quel posto e, dopo averla minacciata puntandole una lama al collo, l’avrebbe ammazzata per punizione.

L’altra è quella di un cliente che l’avrebbe “pizzicata” durante un gioco sessuale o per rapina e poi sarebbe stato posseduto da un raptus. È la seconda ipotesi a portare i risultati migliori: il 4 febbraio viene arrestato Francesco Buonanese.

Francesco Buonanese

29 anni, tossicodipendente e pregiudicato per svariati furti, Buonanese finisce sotto i riflettori a seguito di un’altra indagine relative alle lucciole di Porta Nuova.

Una di loro, intercettata telefonicamente, racconta di essere amica di Maria e di conoscere anche un suo amico, Francesco. Uno strano, violento, finito dentro per una serie di rapine e che un giorno l’aveva colpita alla testa con un paio di forbici. Ma cos’hanno i carabinieri su di lui? A casa gli trovano il berretto di lana blu della Augello, oltre a molto materiale pornografico e ritagli di giornale sul caso della povera sgozzata.

Spuntano poi fuori due informatori che lo collocano prima in un negozio di via San Donato dove avrebbe comprato il coltello e poi in compagnia della vittima il pomeriggio precedente all’assassinio. Nel suo alloggio, inoltre, viene reperito un giubbotto e una camicia sporchi di sangue e dei pantaloni dove sembrerebbe esserci del rossetto simile a quello che utilizzava la deceduta.

Dal canto suo, Buonanese ammette di aver conosciuto Maria e racconta di averla portata nella sua abitazione più volte: nell’ultima occasione la giovane avrebbe dimenticato il cappello. Riferisce di non aver avuto sue notizie da oltre 20 giorni e che, la sera della tragedia, era in casa con la madre a smaltire i postumi di un’overdose. A cavallo tra la fine delle indagini e l’inizio di un complicato processo indiziario, gli esiti di quattro perizie fanno scricchiolare la già traballante accusa.

Il DNA estratto dallo sperma trovato nel garage non corrisponde a quello di Buonanese; quello sul giubbotto verde dell’accusato non è sangue; il rossetto trovato sui pantaloni non appartiene all’Augello mentre è suo il sangue sul coltello, ma su questo non ci sono impronte digitali e i capelli appiccicati sopra non sono né dell’accusato né di Maria.

Il testimone che vide l’acquisto del coltello ritratta e anche il movente (un incidente durante un litigio, perché l’uomo, per affetto, voleva levare la ragazza dalla strada) non sembra affatto convincente.

L’accusa chiede 13 anni e mezzo per omicidio preterintenzionale ma l’8 luglio 1996 Buonanese viene assolto per non aver commesso il fatto. Le motivazioni della sentenza, contrariamente a quanto sostenuto dal PM, parlano di un omicidio volontario maturato nell’ambiente della droga e della prostituzione. L’alibi dell’imputato non sarebbe stato credibile ma le prove scientifiche lo devono necessariamente scagionare.

 

Viene nuovamente suggerita la pista degli spacciatori nordafricani che però non avrà mai sviluppi concreti. Anche perché, incredibilmente, Buonanese viene condannato in appello il 4 dicembre 1997.

I giudici stabiliscono che è colpevole ma che si trattò di una disgrazia: omicidio come conseguenza di minacce. Colpa non dolo. Per questo motivo la condanna è molto blanda: 5 anni e 2 mesi, di cui 2 per spaccio e violenza.

 

 

Una sentenza che sembra dover stabilire a tutti i costi una verità sulla quale gravano dei pesantissimi dubbi.

Ma che, evidentemente, è sufficiente per chiudere per sempre le indagini relative all’omicidio di Maria Augello, 20 anni, professione invisibile.

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