Abituati con un click a collegarci con i luoghi più remoti del mondo, spesso dimentichiamo che l’interconnessione globale in cui viviamo è un fenomeno recente. E in buona parte è dovuta al genio e all’intraprendenza di un italiano: Guglielmo Marconi. Poco più di un secolo fa, grazie a una combinazione di abilità, tenacia, lungimiranza e tempismo, Marconi sperimentò, rese popolare – e soprattutto brevettò – un sistema radio che cambiò profondamente e irrevocabilmente il modo di comunicare del mondo. Quella dell’inventore bolognese fu una lunga cavalcata tra scoperte, intuizioni, brevetti e corse contro il tempo per precedere altri studiosi e scienziati. Una cavalcata che Marco Raboy, professore emerito di Comunicazione e New Media della McGill University di Montreal, ricostruisce in maniera avvincente nella poderosa biografia “Marconi. L’uomo che ha connesso il mondo” (Hoepli editore, 2024, Euro 29,90, pp. 640. Anche Ebook).

Basato su materiali d’archivio inediti, il libro di Raboy è il primo a scandagliare in maniera meticolosa e a mettere in collegamento i tanti momenti significativi della biografia di Marconi: dagli esordi in Italia, ai suoi esperimenti rivoluzionari di comunicazione transatlantica, al suo ruolo negli affari mondiali. Fino alla sua morte, avvenuta nel 1937, Marconi fu al centro di tutte le principali innovazioni nel campo delle comunicazioni elettroniche, corteggiato da potenti interessi scientifici, politici e finanziari, e seguito dai media, che lo trattarono come una vera e propria star. L’inventore fu decorato dallo zar di Russia, nominato senatore italiano e cavaliere dal re Giorgio V d’Inghilterra, insignito del Premio Nobel per la fisica, il tutto prima dei 40 anni. Negli ultimi dieci anni di vita divenne infine una figura di spicco nell’Italia dominata da Mussolini.

Una vita straordinaria, ad altissima velocità ed estremamente moderna. Una vita che Raboy restituisce facendo emergere l’uomo Marconi, oltre a raccontare l’epoca in cui visse, un’epoca contrassegnata dalle grandi speranze della Belle Époque, dalla tragedia della Prima guerra mondiale e dai grandi disordini del Dopoguerra, che aprirono la strada alle dittature in Italia e Germania. In questo turbinio di eventi Marconi fu colui che seppe vedere più lontano di altri. Per capirlo, basta ripercorrere la nascita di quello che oggi chiamiamo wireless, la comunicazione senza fili. Prima di Marconi, infatti, si poteva comunicare solo con il telegrafo, una delle grandi invenzioni dell’Ottocento. Era un mezzo straordinario per l’epoca ma con alcuni limiti. Le trasmissioni a grande distanza erano lentissime e vi erano poche linee a disposizione perché le infrastrutture (pali, migliaia di chilometri di fili) erano costose. Gli scienziati si lanciarono quindi in una grande sfida per realizzare un telegrafo senza fili, cioè wireless. La gara tra le menti più brillanti dell’epoca venne vinta da Guglielmo Marconi, all’epoca fisico dilettante e autodidatta che fece i suoi primi esperimenti nella soffitta di casa a Bologna, città dove era nato il 25 aprile 1874. Assistendo presso l’università della sua città alle lezioni del professor Augusto Righi (1850-1920), la massima autorità italiana in materia di onde, Marconi si convinse della possibilità di usarle per stabilire comunicazioni a distanza senza collegamenti con fili. Trascorse l’inverno del 1894-1895 a fare prove ed esperimenti; finalmente, nella primavera 1895, riuscì a ricevere segnali telegrafici intelligibili sino a 2.400 metri di distanza.

Lo scienziato bolognese, dopo aver invano offerto il risultato delle sue ricerche in esclusiva al governo italiano, su consiglio della madre si recò in Inghilterra, dove attirò l’interesse del direttore generale delle poste. Il primo brevetto, quello decisivo, per il sistema di telegrafia senza fili lo ottenne il 2 giugno 1896 a Londra e due anni dopo fondò nella capitale una delle prime startup, la Marconi’s Wireless Telegraph and Signal Company. Era nata la radiotelegrafia, o più semplicemente la radio.

I progressi del nuovo telegrafo furono rapidissimi. Nel 1898 Marconi riuscì a risolvere il problema dell’interferenza tra più stazioni emittenti, per poi estendere la portata delle comunicazioni a qualche centinaio di chilometri: il 6 dicembre 1901 fu realizzato il primo collegamento intercontinentale da Poldhu in Cornovaglia a Cap Cod in America. Sei anni dopo, nell’ottobre 1907, la Marconi Corporation inaugurava il primo servizio pubblico di radiotelegrafia attraverso l’Atlantico con la nascita di una nuova figura professionale, quella del “marconista”, detto anche radiotelegrafista, l’operatore addetto alle comunicazioni radio sulle navi o sugli aeromobili così chiamato in onore proprio di Marconi. L’utilità del servizio fu sperimentata il 23 gennaio 1909, quando l’SOS lanciato dal transatlantico americano Republic consentì il salvataggio di più di 1.700 persone; anche i 705 superstiti del Titanic nel 1912 devono la vita al radiosoccorso. Per tutti questi meriti, nel novembre 1909, gli fu conferito il premio Nobel per la fisica. Il sistema messo a punto da Marconi all’inizio non era in grado di trasmettere la voce umana o suoni prolungati ma solo i segnali del Codice Morse già in uso nel telegrafo. Il 30 maggio 1924 Marconi realizzò anche la prima trasmissione della voce umana intercontinentale fra Poldhu e Sydney, in Australia. Il grande inventore morì il 20 luglio 1937, mentre lavorava sulla tecnica delle radiocomunicazioni a microonde, sviluppatasi negli anni della Seconda guerra mondiale per eseguire rilevamenti e radiolocalizzazioni con il radar e sistemi simili.

Insomma, dire che Marconi abbia inventato la radio è semplicemente riduttivo. È stato soprattutto l’inventore del wireless, il profeta dell’era digitale. Dai telefoni cellulari agli smartphone, dai tablet alla TV satellitare, dal Gps alle microonde captate dal Big Bang, non c’è oggetto del nostro multiforme mondo tecnologico che non risalga alla sua invenzione. Fu quindi più di ogni altro scienziato del XX secolo un antesignano dei moderni Steve Jobs e Bill Gates.

La copertina
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