L'odio riesce al cinema: intervista esclusiva a Kassovitz | Style
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1995, a Cannes esplode “L’odio” che adesso torna in sala. Il regista Kassovitz: «È ancora attuale, purtroppo»

“Fino a qui tutto bene". Vincent Cassel. La banlieu. Il bianco e nero. Quel film rivoluzione e rivelazione è di nuovo nei cinema, 30 (quasi) anni dopo. Intervista esclusiva al regista, che sta trasformandolo in musical

Di Mattia Pasquini 15 maggio 2024

Mathieu Kassovitz aveva 27 anni quando portò L'odio (La Haine) nel mondo. Sul grande schermo. Premiere il 27 maggio 1995 al Festival di Cannes: se lo tennero per l'ultimo giorno. E quello successivo diedero al giovane regista il Premio per la Miglior regia. In Italia, il film uscì il 21 settembre.

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27 maggio 1995, Festival di Cannes: col pugno chiuso Mathieu Kassovitz, circondato da Hubert Kounde, Said Taghmaoui e Vincent Cassel. Foto Getty

L'odio torna nei cinema: ecco dove vederlo

L'odio (La Haine) adesso è di nuovo nei cinema. Restaurato in 4K, come i classici. Nei cinema grazie a Rarovideo con Minerva Pictures e in collaborazione con Cat People Distribuzione. Una riscoperta delle banlieue parigine che arriva al cinema in un momento di grande tensione internazionale, confermandosi di grande attualità. L'elenco delle sale sul sito di CatPeople

Il cast e la trama di L'odio

Il film preferito (e ispiratore?) del disegnatore Zerocalcare, è interpretato da Vincent Cassel, Hubert Kounde e Saïd Taghmaoui (con cui i rapporti si sono deteriorati). Benoît Magimel e Vincent Lindon hanno ruoli secondari. Lo stesso regista appare in un cameo. Racconta una Parigi diversa, lontana dai boulevard e dalla magniloquenza haussmanniana, attraverso la giornata di tre amici dai caratteri apparentemente inconciliabili. Ma uniti dalla lotta contro una società razzista e diseguale.

L'odio

Vincent Cassel e Said Taghmaoui

Fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene. Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio

Una società che precipita, come l'uomo che cade da un palazzo di 50 piani e mano mano che cadendo passa da un piano all'altro per farsi coraggio si ripete: “Fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene. Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio". È il citatissimo incipit del film. All'indomani degli scontri tra forze dell’ordine e civili in cui un ragazzo del quartiere, Abdel, si ritrova in fin di vita a causa della violenza della polizia, Vinz, Hubert e Saïd riflettono su come avere giustizia. Sono carichi di rabbia e con una pistola tra le mani.

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Vincent Cassel

La recensione di L'odio, specchio di un eterno presente

Ieri come oggi, L'odio è davvero lo specchio (la famosa scena che vedete sopra) in cui ci riflettiamo noi e il nostro mondo. Un eterno presente che dal 1995 arriva a oggi. Pulsioni e malessere hanno cambiato motivazioni ma sono gli stessi. Un motivo in più per rivedere quell'avventura in bilico tra realtà e sogno, l'opera seconda che Kassovitz girò a colori ma presentò in bianco e nero perché fosse ancor più assoluta e universale. Il 10 ottobre a Parigi si inaugurerà uno spettacolo live immersivo ispirato al film, un musical intitolato La haine, jusqu'ici rien n'a changé al quale Kassovitz ha lavorato con un team tutto nuovo...

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Intervista a Mathieu Kassovitz su L'odio: Sono arrivato a odiarlo

Com'è rivedere oggi L'odio?

Ho guardato il film, ma non completamente, per realizzarne l'adattamento, per spiegarlo alle persone con le quali sto lavorando al musical. Il film è così parte di me che alcune cose le avevo dimenticate: le ho ritrovate e altre le ho scoperte. Quando fai un film del genere, che resiste così a lungo, finisci per odiarlo, perché tutti ne parlano in continuazione. Devi accettare che è entrato nella testa delle persone, che  non ha più niente a che fare col tuo ego, ma fa parte della cultura generale. Presentandolo in Italia mi hanno fatto delle domande alle quali non avrei voluto rispondere, dopo 30 anni che me le facevano. Ma mi sono reso conto che non tutti conoscevano le risposte. Penso che farò un video su YouTube per poter mettere in pausa il film e spiegare quello che si vede, perché anche se tutti fanno le stesse domande, io devo rispondere.

E cosa ha scoperto lei, dopo tutti questi anni?

Che se il film è ancora attuale è perché ogni cosa nel film ha un significato, come è giusto che sia in un buon film. Ogni battuta, ogni azione, ogni taglio, ogni inquadratura, ogni suono. Quando si gira un film, qualcosa ti sorprende sempre, ma una volta finito si ha un anno per montarlo. Quindi tutto nel film deve avere una ragione per essere lì, e ogni minimo dettaglio ha un significato.

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Da fin qui tutto bene a finora non è cambiato niente

Si potrebbe fare un film così oggi? Lei lo farebbe?

Penso di sì, purtroppo, perché i problemi sono gli stessi. Il "fino a qui tutto bene" di allora, nel musical è "finora non è cambiano niente" non a caso. Nel film non c'è musica perché non doveva legarsi a un momento particolare. Ed è in bianco e nero perché volevo fosse più universale. Non ho pensato al pubblico italiano, messicano o inglese, ho pensato a mio padre e agli amici che non capivano quei ragazzi... Se quando lo fai cerchi di essere il più umano possibile e non di venderlo a qualcuno, allora un film diventa senza tempo. E si può girarlo sempre.

Mai pensato a un sequel?

Ne ho parlato un po' con i miei amici, ma non era una seconda parte perché Vince era morto, Hubert probabilmente in prigione e Said tossicodipendente da qualche parte. Quello che volevo fare era un film in cui il confronto tra le persone e la polizia diventava così duro che doveva intervenire l'esercito. E quando interviene l'esercito allora diventa una guerra. Questa era l'idea, ma poi ho visto Athena di Romain Gavras (a Venezia 2020 e su Netflix). Era la versione più estrema di quello che volevo fare. Mi sono fermato.

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C'è qualcosa che cambierebbe, o che suggerirebbe di fare diversamente al Mathieu giovane, di allora?

La vera domanda mi pare sia se sono felice ora. Perché se oggi sono felice allora non c'è bisogno di cambiare nulla. So dove sono, e so che tutte le cose che ho fatto, le cose buone e le cose cattive, mi hanno portato a questo. Se sono felice, perché cambiare qualcosa?

Se il film è bello e felice, perché cambiarlo?

E quanto al film?

Per il musical stiamo lavorando sulla struttura e sulla sceneggiatura del film originale. Ci sono scene che guardo e mi chiedo perché le abbia messe dove le ho messe. Non pensavo che fossero così importanti, ma credo che abbiano assunto la loro importanza per come sono state realizzate e attraverso la visione del pubblico. Per cui no, non cambierei nulla. Se il film è bello, se il film è felice, lasciamo che lo sia.

A parte il film Frères di Olivier Casas, è su Netflix nella serie Furies: ha firmato per una seconda stagione?

No, per il motivo che sa chi l'ha vista. Se mi vorranno di nuovo, tornerò. Ne abbiamo parlato, ma vedremo, dipende da loro.

E quanto a The Way of the Wind di Terrence Malick?

Dio farà uscire quel film. Quando Dio gli dirà che è buono, lo farà uscire. Malick è completamente pazzo. Nel film io sono Jean, il fratello di Gesù: ho fatto i calcoli, sono stato con loro per un paio di settimane, ma hanno girato per sei mesi, non so quante centinaia di migliaia di ore. Sono passati quattro anni. La mia previsione è che l'anno prossimo sarà a Cannes, ma non ho contatti con Malick. Non so quante ore di film saranno, se due o sedici. Ma sicuramente ha dei finanziatori che vorranno recuperare i loro soldi. Prima o poi il film deve uscire.

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Faccio film politici e vivo in questo questo mondo

A parte tv e cinema, la si vede molto su Instagram e su Youtube, soprattutto per gli interventi sulla droga e sullo spreco alimentare...

È il mio lavoro anche quello. D'altronde la maggior parte dei miei film sono politici. Mi hanno chiamato quando un poliziotto ha sparato a un bambino per strada, e quando c'era qualcosa sui media. Faccio film politici e faccio parte della società, ma non ho un mio canale Youtube, basta cercarmi su Google. Non faccio ospitate per promuovermi, non vado ai gala o cose del genere. Ogni volta che partecipo a qualcosa, è per una buona ragione.

Le piace citare la frase di Mike Tyson: «Tutti abbiamo un piano, finché non riceviamo un pugno nei denti». Le è capitato?

Che un pugno mi facesse cambiare i piani? Oh, sì, certo! Si chiama vita. Ogni volta che prendiamo una decisione, è inutile fare troppi piani. Qualcuno preferisce dire una bugia quando succede, ma io no, ai miei figli insegno che non c'è sconfitta, che tutto è una lezione.

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Se la nostra è "la storia di un tizio che cade da un palazzo di 50 piani", il nostro mondo, la nostra società, noi, a che altezza siamo?

Non lo so, la terra è lì, e ogni volta che accendi la tv capisci che è davvero vicina. Ma è li da secoli, e ogni generazione sembra sempre l'ultima. I miei genitori pensavano che sarebbero morti per un conflitto nucleare. Mio nonno nella Seconda Guerra Mondiale. Il mio bisnonno nella Prima. È così da sempre, dal tempo delle rivoluzioni. Semmai, il problema che abbiamo noi è quello climatico. Sarà quello che farà collassare tutto. Da amante del cinema e della fantascienza, credo sia molto affascinante, ma anche molto spaventoso. Non saprei dire se ci resti un solo anno o 100.000.

 

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