L’economia, la finanza soprattutto, sono sempre stati per me un ambito oscuro, né avevo mai cercato di penetrare quel linguaggio settoriale per iniziati fino a quando...

Fino a quando il 20 giugno del 2022, un lunedì, mentre stavo percorrendo in auto l’autostrada tra Bologna e Milano, ascolto una notizia alla radio: «È morto ieri in un incidente stradale Massimo Bochicchio, il broker che ha truffato una larga fetta della classe dirigente italiana per un miliardo e ottocento milioni di euro. Prometteva interessi tra il 10 e il 20 per cento. Oggi si sarebbe dovuto presentare in aula a Roma per un’udienza del suo processo. Si è schiantato in moto contro il muro dell’aeroporto dell’Urbe, sulla Salaria».

La mia meta era la Mondadori dove avrei dovuto firmare un contratto per un romanzo ambientato nella Sarajevo assediata. D’impulso decisi che Sarajevo poteva aspettare perché c’era qualcosa di totalmente incongruo in ciò che avevo sentito e che nascondeva una vicenda probabilmente molto interessante.

Mi dissi che se qualcuno si fosse presentato a un muratore bergamasco, mio luogo d’origine per questo lo prendo ad esempio, ventilando guadagni a due cifre sugli investimenti in un momento in cui il valore dei soldi rasentava lo zero, sarebbe stato cacciato senza troppo riguardo e bollato come un imbroglione.

Come poteva “la classe dirigente italiana”, verosimilmente formata da persone avvertite sulle questioni riguardanti il denaro, essere caduta in un tranello tanto stupido e riconoscibile a occhio nudo? La cifra era poi talmente esorbitante da far assurgere Massimo Bochicchio al rango di più grande truffatore della storia d’Italia. E infine le modalità dell’incidente alla vigilia del dibattimento in tribunale lasciava un retrogusto di mistero.

Letteratura del vero 

La cifra dei miei libri è quella della letteratura del vero, convinto come sono che la realtà ha più fantasia della finzione e spesso rappresenta in modo eloquente, più di qualunque altro strumento, la nostra contemporaneità. Scrivere “come un romanzo” una storia basata esclusivamente su fatti accaduti. Di lì a pochi giorni, a rafforzare la mia scelta, sarebbe uscito il bellissimo libro di Nicola Lagioia, La città dei vivi, quale miglior affresco della Roma del sottosuolo?

Io avevo un appuntamento con l’opposto, la Roma di Roma Nord, dei circoli, delle persone bennate, convinte di appartenere a una casta a cui erano concessi privilegi in virtù del rango, dal dieci per cento in su, per cui non valevano le regole dei comuni mortali.

Il denaro era il biglietto da visita per l’accesso, l’impunità un diritto, la povertà un delitto. Massimo Bochicchio, originario di Capua, inurbato nella capitale, era la quintessenza di quel mondo e contemporaneamente un alieno capace di sfruttarne i difetti e le debolezze. Una sorta, per prendere in prestito Maupassant, di Bel Ami sul Tevere, affetto dall’ingordigia propria e sfruttatore infaticabile dell’ingordigia degli altri.

Ingordigia è stato da subito il titolo di lavoro, affiancato da un altro più pop C’ho un amico che..., a significare come fosse stato il passaparola tra i primi beneficiati del solito schema Ponzi a favorire la riuscita degli inganni.

Sindrome di Stoccolma

Anzitutto mi sono procurato le carte, migliaia e migliaia di carte delle varie inchieste aperte a Roma, a Milano, a Londra per avere un panorama completo delle accuse. Ne è emerso, da subito, uno spaccato eloquente di un ambiente conosciuto solo in superficie a causa della ritrosia assoluta nel parlare apertamente di un tema come il denaro e il suo accumulo per il retaggio cattolico in base al quale è sterco del demonio e per la necessità assoluta di tenere celati i modi disonesti con cui lo si protegge e lo si fa fruttare.

Poi mi sono messo alla ricerca dei molti personaggi coinvolti nella vicenda, alcuni disposti a esporsi, mentre altri si sono negati soprattutto perché, per dirla proprio con Bochicchio, avevano “il tallone d’Achille”, cioè il vizio illegale d’origine delle loro fortune.

Mi è subito sembrata palese una stonatura. Diversi truffati sono affetti da una sorte di “sindrome di Stoccolma” nei confronti del nostro Bel Ami, definito senza remore un genio, una persona con qualità superiori unite a una naturale simpatia che lo aveva reso il beniamino delle serate mondane, tra i più gettonati nelle cene in terrazza.

Fino al punto da credere che non sia affatto morto nell’incidente, ma riparato in qualche luogo lontano ed ameno a godersi il malloppo, addirittura ancora intento a cercare il bottino sottratto persino a lui da elementi malefici e forse pronto un giorno, chissà, a tornare per risarcire i suoi debiti. Credo che questa postura sia anche il tentativo di emendare sé stessi dalla colpa della credulità, di dirsi che non sono stati poco accorti e non si sono sbagliati nel giudizio sul broker e anche lui è stato raggirato.

La Roma da bere 

Massimo Bochicchio è il frutto di quella Roma da bere degli anni Novanta, del tutto simile alla Milano da bere, dove la deregulation e la globalizzazione finanziaria ha indotto una vasta schiera di ragazzi che si affacciavano al mondo del lavoro a immaginare che fosse possibile l’arricchimento senza limiti per tutti, bastava allungare una mano per afferrarlo senza tenere conto delle vittime che si accumulavano sul proprio cammino.

Negli uffici lo slogan «L’avidità e buona» del film Wall Street con Michael Douglas (non a caso l’ho usato come esergo) era il grido di battaglia per andare alla conquista di investitori. L’imbonitore Massimo, il pifferaio Massimo, era il più bravo a sfruttare le circostanze.

Bello, amato dalle donne, invidiato dai colleghi, sposato con la miss Roma Arianna Jacomelli, brillante e dalla parlantina sciolta, con amicizie altolocate da spendere, prime fra tutte quelle con l’attuale presidente del Coni Giovanni Malagò e con l’imprenditore Marco Tronchetti Provera: aveva tutte le caratteristiche per emergere in quel beau monde di lustrini e pailettes. E tuttavia, rivalutata a posteriori, la sua goliardia esuberante aveva un lato oscuro se di sé era riottoso a parlare preferendo argomenti generali senza mai svelarsi nel profondo.

Roma gli era stata a un certo punto stretta. E allora Milano, allora Londra, la piazza prestigiosa della City, prima in Hsbc, la seconda banca per importanza nel mondo, da cui è uscito per mettersi in proprio. Il lusso sfrenato esibito nel bulimico acquisto di case a Cortina, a Miami, nella capitale inglese, il buen retiro di Capalbio, nel tour perfetto dove i ricchi si ritrovano a santificare le feste e le vacanze. Un lusso funzionale anche ad attrarre gli allocchi meglio disposti verso un loro pari.

E mano a mano il perfezionamento dell’arte del raggiro, la capacità da psicologo senza laurea ma con la scuola della strada di dire a ciascun interlocutore cioè che vuole sentirsi dire per essere rassicurato. Come quando ha convinto l’allenatore Antonio Conte a impegnare oltre 30 milioni di euro, assumendogli il fratello Daniele a Londra. O come quando, appena comperata l’abitazione di Cortina, ha indotto i venditori ad affidargli parte del denaro appena speso.

La parabola 

Vent’anni, dal 1999 al 2019, è durata la parabola ascendente prima della caduta, lo svelamento della grande truffa perpetrata nei confronti di imprenditori, professionisti, ambasciatori, procuratori sportivi, allenatori (anche Lippi oltre a Conte), calciatori, ma anche parenti e compagni di strada fin dalla giovinezza. Un totale di circa 600 milioni svaniti nel nulla: il miliardo e ottocento milioni delle prime notizie era il conto generale del denaro smosso dal broker durante la sua esistenza.

Per Bel Ami un declino repentino di fughe all’estero, difese sconclusionate, promesse di risarcimenti mai avvenuti mentre si accumulavano le denunce. La rovina sua e della famiglia. La moglie Arianna che, finita la festa finita la sbornia della ricchezza, vede assottigliarsi bruscamente il numero delle amiche e amici o sedicenti tali inseguita dal sospetto di essere stata non a sua volta vittima, come reclama di essere, ma complice. Arianna che ora fa la barista vicino al Colosseo.

Sullo sfondo, le storture della finanza di rapina di cui il mio libro Ingordigia, Mondadori Strade blu, vuole essere un implacabile j’accuse. Con la consapevolezza che ci saranno nel futuro altri Massimo Bochicchio, in un circuito perverso e inscalfibile: perché non conosce memoria l’ingordigia umana.


Ingordigia. Vita, morte e truffe del broker dei vip (Mondadori Strade Blu, pp. 204, euro 19) è il nuovo libro di Gigi Riva

© Riproduzione riservata