Il signore delle formiche su Rai 3: film, trama, cast, storia vera | iO Donna
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“Il signore delle formiche”, su Rai 3 il film ispirato al processo contro il poeta gay Aldo Braibanti

Diretto da Gianni Amelio, questa sera in prima tv alle 21.20 su Rai 3 va in onda Il signore delle formiche. Film con Luigi Lo Cascio ed Elio Germano che ricostruisce, liberamente, il caso giudiziario del poeta omosessuale Aldo Braibanti. Condannato nel 1968 a quattro anni di carcere per la relazione intrattenuta con un giovane studente.

Il signore delle formiche, la trama del film su Rai 3

Lo scrittore e intellettuale Aldo Braibanti (Luigi Lo Cascio), è un ex partigiano in rotta col Partito Comunista. Dopo alcuni anni a Roma, alla fine degli anni Cinquanta torna nel suo paese natale vicino a Piacenza e lì comincia a gestire una casa-laboratorio per artisti frequentata da giovani studenti universitari.

Qualche anno dopo, Braibanti incontra Ettore (Leonardo Maltese), un ragazzo bolognese di cui si innamora, ricambiato. La famiglia borghese di Ettore però non accetta la relazione e accusa Braibanti di «plagio psicologico». Ettore viene così portato con la forza dalla madre e dal fratello in una clinica psichiatrica dove viene sottoposto a sessioni di elettroshock nel tentativo di ricondurlo all’eterosessualità. Braibanti nel frattempo viene arrestato con l’accusa di plagio e portato in tribunale.

Il capo di imputazione – introdotto durante il fascismo e abolito solo nel 1981 – era un pretesto per la vera accusa, ovvero quella di omosessualità. L’unico a prendere le parti dell’intellettuale, all’interno del partito, è Ennio Scribani (Elio Germano), un giornalista de l’Unità che decide di raccontare con grande partecipazione emotiva l’intera vicenda in attesa della sentenza della Corte.

Passione civile in un melodramma a tratti freddo

Liberamente ispirato al celeberrimo “caso Braibanti”, Il signore delle formiche non è soltanto lo spaccato storico di un episodio cruciale, e dunque di cosa era l’Italia negli anni Sessanta, ma un viaggio più in profondità nel melodramma. Dal suo maestro Luchino Visconti infatti, Gianni Amelio “eredita” la tendenza a intrecciare la macrostoria con le vicissitudini personali del singolo. E, per accentuarne alcuni elementi, reinventa nella sua sceneggiatura alcuni tratti del fatto di cronaca realmente accaduto.

Come ad esempio il nome dell’amante di Braibanti (Ettore in realtà si chiamava Giovanni Sanfratello) ma soprattutto il destino del cronista de l’Unità Paolo Gambescia (nel film Ennio Scribani). Che, a differenza di quanto si vede nel film, non solo fu fortemente sostenuto dalla direzione del giornale, ma non venne allontanato dopo la chiusura del caso.

Al netto delle volute inesattezze storiche, il film è un racconto ben costruito che poggia i suoi cardini su valori fondamentali: il rispetto dei diritti del singolo e la libertà d’orientamento sessuale. Purtroppo però, Amelio riesce a toccare solo in parte le corde ideologiche ed emotive dello spettatore.

“Colpa” probabilmente dei suoi personaggi, con cui non è facile empatizzare. Inoltre, se Lo Cascio e Germano danno l’ennesima prova del loro talento, lo stesso non si può dire per il giovane co-protagonista Leonardo Maltese.

Luigi Lo Cascio in una scena di “Il signore delle formiche”. (01 Distribution)

Chi era Aldo Braibanti, la storia vera dell’intellettuale

Nato a Fiorenzuola d’Arda, vicino Piacenza, nel 1922, Aldo Braiabanti, grazie al padre medico, da bambino gira in lungo e in largo l’Italia, si appassiona allo studio della natura (e in particolare delle formiche) e si interessa di politica. E abbraccia pienamente l‘antifascismo, complice una famiglia illuminata e anticlericale.

Dopo la maturità, nel 1947, decide di troncare con la vita politica e si dedica esclusivamente alla cultura. Trasferitosi a Firenze per studiare Filosofia all’università, Braibanti diventa un intellettuale a tutto campo e nel 1962 si reca a Roma dove si dedica al teatro e fonda la rivista Quaderni Piacentini insieme ai fratelli Giorgio e a un giovanissimo Marco Bellocchio.

Tornato a Piacenza, viene imputato nel celebre processo per plagio. Nel 1968 è condannato a quattro anni di reclusione. Durante la prigionia, continua a dedicarsi alla stesura di poesie e opere teatrali e, una volta uscito, ritorna nuovamente a Roma. Vissuto per lungo tempo in gravi ristrettezze economiche, muore nel 2014 vicino Piacenza – dove nel frattempo è rientrato – all’età di 91 anni.

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