Borbonese / Allier e i re Luigi di Francia (Prima parte): l’incredibile Moulins senza trittico - La Stampa

È incredibile, e non solo sull'Allier, il fiume che attraversa Moulins e che battezza il dipartimento. Anche senza il celebrato trittico quattro-cinquecentesco dell'anonimo Maestro dedicato alla Vergine dell'Apocalisse che da una cappella della cattedrale di Notre-Dame è migrato in restauro al Louvre ma che per decenni è stata la calamita del turismo locale, spesso ma ingiustamente di passaggio per quanto internazionale.

È emozionale e imbarazzante scoprire Moulins, per due secoli capitale del ducato di Borbone (1327-1523) ossia della natia terra di coloro che in seguito divennero sovrani di Francia regnando dalla fine del Cinquecento fino al 1848 sull'Esagono dei Lumi. Si torna indietro nel tempo ma non si sa da dove cominciare per raccontarla tanto ha ma tanto è riservata (a parte il venerato Centro Nazionale del Costume e della Scenografia per cui ogni sei mesi, ossia a ogni giro espositivo di boa, le folle arrivano da ogni dove Parigi inclusa: il CNSC, voluto ai tempi di Chirac dal preveggente sindaco, oggi settantenne, Robert Poujade vale un capitolo a parte).

È il cuore sincero e autentico della Francia interna e profonda, anche agreste e campagnola; muscolo sanguigno che dai vicini di Vichy è considerato bradicardico e sonnacchioso in quanto amministrativo capoluogo dipartimentale sede della Prefettura e che -"oltraggio" in Alvernia - guarda a Parigi che sta a tre ore e mezzo di treno via Nevers anziché a Clermont o Lione, l'ufficiale capitale della mega-regione Auvergne/Rhone-Alpes cui appartiene. E...: "è vero che in inverno e fuori stagione durante i weekend il centro, movimentato nei giorni feriali dalla presenza di tanti pendolari e dipendenti amministrativi provenienti da Vichy, un po' si spopola; ma rimane brillante e affollato nei suoi bar o bistrot come nelle mostre allestite sulle rive gauche e droite dell'Allier" precisa Vanessa Puravet propositiva direttrice dell'ufficio turistico di Moulins che chiude con "...Importante è che oggi anche nel tam-tam mediatico non restiamo appiccicati come in passato solo al Trittico del maestro di Moulins come falene sulle lampade che infatti così facendo baciano la propria morte". Infatti l'unico neo della calibrata promozione turistica, ma inevitabile vista la biennale emigrazione del celebre trittico, è la sua sostituzione nella cappella della cattedrale con una fotografia che grida vendetta annullando la profondità cromaticamente ricercata dal pittore. Risulta piatta come un marciapiede. Ovvio.

Querelles a parte, non è un caso se Simenon nell'"Affare Saint-Fiacre" del 1958 fa nascere i Maigret, padre e figlio, nei pressi di Moulins ossia nell'inventato villaggio di Saint-Fiacre: perché Moulins è il prototipo dell'incrocio culturale tra la vita quotidiana di una città piccola "dove si conoscono e si salutano tutti" , e che è elegantemente rinvigorita dalla sua importante Storia, e la florida e grassa campagna che la circonda elargendo pure quelle sane prelibatezze eno-gastronomiche apprezzate, masticate con voracità e annaffiate da bicchieri di pastoso Saint Poursain dal noto commissario.

Cuore generoso di 22mila anime dunque, dai ventricoli irrorati di gioielli architettonici e artistici e atrio di quella campagna pastorale che, immutata dal Medioevo al Settecento, è ancora costellata da castelli (quasi cento), micro-borghi termali, villaggi mignon e chiese di stampo cluniacense che sono brandelli di un passato importante ma che, soffuso e pacato, scivola via dalle spalle come seta sulla pietra: di bibbie modellate in capitelli geometrici, donjon e campanili che suonarono i tempi della chiesa arci-cattolica e di quella dei mercanti e dei furfanti - anche balivi o esattori regi delle tasse - di casa nei pascoli chiazzati dalla mucche charolais color panna e macchiati da puf boschivi che furono fino all'Ancienne Regime imprendibili rifugi usati poi dai maquis della Resistenza antinazista e antipétainista. Di cui Moulins, il suo ponte ferroviario sull'Allier dalle sponde incerte e selvagge e i suoi pompieri amici dei combattenti furono coraggiosi protagonisti visto che il fiume divise dal 1940 al 1943/4 la città, e la Francia, in due: quella in mano ai nazisti e quella di Vichy, libera di nome ma in mano alla milizia collaboratrice dei tedeschi. Storie di fughe per la libertà che richiamano il film "Il treno" interpretato da Burt Lancaster, Michel Simon e Jeanne Moreau diretto da John Frankenheimer nel 1964.

Moulins è uno scrigno. Un prezioso francobollo rinascimentale caro al giovanissimo Coco Chanel che fece la sua prima pratica sartoriale prima di emigrare a Deauville e poi alla ville lumière non lontano dal Grand Café, la straordinaria brasserie "nouveau" battezzata "Grand Jus" tutta specchi moltiplicatori prospettici di licenziosi soffitti affrescati, tavolini in marmo e divanetti vellutati. E' affacciata sulla place d'Allier, anima commerciale della città. Che rimane un reticolo di tortuose vie strette attorno alla cattedrale a al Municipio, dove il sole fatica gettare uno sguardo, che congiungono silenti piazzette tra cui quella dell'Ancien Palais dove si nasconde un incredibile, minuto e raccolto ma prezioso museo ricavato in una asciutta casa a traliccio, il Musée de la Visitation. Raccoglie floreali tessuti artigianali, preziose sete, lavori di orificeria (laici e liturgici), carte da parati e mobili intarsiati provenienti da oltre cento monasteri appartenenti all'ordine che segnò la storia religiosa e sociale di Moulins (le conventuali vi potevano entrare anche dopo sposate portando comunque doti di valore). Tra i tanti raffinati lavori, unici in Francia, anche alcuni vestiti ricamati indossati da Marie-Antoinette. E' stupefacente per la rarità e la qualità dei pezzi ben conservati, soprattutto degli orditi, dei tessuti ad ago arricchiti da fili d'oro e d'argento e dei paramenti. Opere fantastiche, elaborazioni più che "certosiniche". Ha un unico difetto: ricavato in una casa di stampo medioevale ha porte minuscole, per "nani" alverniati, simili a quelle occitane descritte dal grande storico degli Annales Le Roy Ladurie in "Montaillou cronaca di un massacro".

La casa-museo da le spalle ai contrafforti della cattedrale, zampe di ragno in pietra che annunciano il fortificato vieux-chateau che dialoga con le fasce bianco-nere della facciata rifatta, come a Vezelay nella confinante Borgogna, da Viollet-le-Duc. Lo slargo, da cui la vista spazia sui tetti di Moulins, sul fiume e sul rigoglioso lungoriva tracciato da una pista ciclabile, è segnato dal quadrangolare e angolare donjon de la Mal Coifée che venne abitato dei duchi-vassalli di Bourbon poi re di Francia, ossia da Enrico IV a Luigi XVIII cioé dal 1589 al 1848.

Lo storico castello, distrutto nel 1755, è ritagliato in due: dalla folle, misteriosa, fantasiosa e ottocentesca casa del ricco e fortunato borghese ebanista Louis Mantin (è uno stupefacente Vaticano del kitsch ma tra pezzi originali collezionati con passione e geniali soluzioni di arredamento per i tempi tecnicamente futuristiche la visita guidata stramerita) e, nell'elegante padiglione rinascimentale Anne de Beaujeu moglie di Pietro II di Borbone, dal Musée che ospita sia una collezione di reperti archeologici che mostre temporanee (in corso fino alla 5 gennaio 2025 quella sul barocco borbonese del Seicento con tele provenienti dalle chiese del dipartimento).

Invece la cattedrale in stile gotico-flamboyant, sperticata, di originale conserva solo alcune vetrate illustranti i Borboni e nel deambulatorio un'elegante torricella scalare oltre alla venerata Madonna Nera del XII secolo. Il resto è rifatto dal "prezzemolato" Viollet-le-Duc. Più interessante la "gemella" chiesa del Sacre-Coeur, la chiesa dei marinai dove, all'interno, cadono dal soffitto decine di modellini di velieri, barche e chiatte che ricordano i tempi della migratoria diaspora "fluviale" alverniate quando i poveri marinai, sfruttando le correnti per trasportare legna e carbone, navigavano per settimane l'Allier fino a Parigi dove poi vendevano anche le chiatte, di legno, a peso. Dalla chiesa al fiume dunque, lungo la "marinara" rue du Pont Ginguet concretata da antiche o vecchie case basse di popolare fattura, sono pochi passi. Di una memoria un po' amara. Forse l'unica nostalgia aspra per i moulinois. Che d'aspetto, a differenza delle sembianze tipiche nei volti alverniati a Clermont e dintorni - viso largo, zigomi alti e occhi scuri - presentano lineamenti più fini e dolci, vivaci e normanne pupille azzurre e verdi e bionde aureole. In leggendaria teoria.

INFO

- moulins-tourisme.com

- musee-visitation.eu

- allier-auvergne-tourisme.com

- auvergnerhonealpes-tourisme.com

- it.france.fr

- airfrance.it

ARRIVARE
In auto: da Torino e Milano sono circa 700 chilometri di autostrada via Ginevra e Lione. In treno con il TGV fino a Chambery e poi con i regionali via Lione sono circa 7 ore di viaggio. In aereo con airfrance.com al De Gaulle e poi in treno dalla Gare Paris-Bercy per ancora circa tre ore di rotaia.

DORMIRE E MANGIARE
Storico, a due passi dalla cattedrale e ricavato in un palazzo d'epoca l'Hotel de Paris (hoteldeparis-moulins.com).

È gonfia di bistrot, brasserie, bar au vin e ristoranti anche di cucina elaborata e creativa tra cui: la magnifica novecentesca e nouveau brasserie Le Grand Café in place de l'Allier 49; La Bulle d'Air nella stessa piazza al 22 (cucina di pesce e borgognona), La Petite Auberge al 7 di rue des Bouchers, creativo su basi classiche. Il mercato alimentare si svolge in rue Datas il martedì e il venerdì mattina e offre formaggi tipici campagnoli a chilometro zero sia vaccini che, soprattutto, di capra. Le mucche di razza Charolais, tipiche della Borgogna e dell'Allier, hanno una carne morbida e saporita. I vini, bianchi e rossi, sono elaborati dai vigneti di Saint Poursain.

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