Sophia Loren, la Lollo e le altre: quando al potere c'erano le maggiorate: «A scegliere erano loro» | Corriere.it

Sophia Loren, la Lollo e le altre: quando al potere c'erano le maggiorate: «A scegliere erano loro»

diMarco Luceri

Il libro di Federico Vitella porta nuova luce sull’epoca del divismo del dopoguerra: «Si fecero valere in un cinema maschilista»

L’anno in cui Sophia Loren compie 90 anni (il 20 settembre) è anche quello in cui a Genova (il 28 e 29 maggio) si terrà un’asta di 410 cimeli che un tempo appartenevano a Gina Lollobrigida, tra cui un orologio che le regalò Fidel Castro e la statua di sé stessa. E così, a decenni di distanza, si rinnova ancora una volta quella «rivalità» tra dive che segnò l’epoca più fortunata del nostro cinema. Proprio a quegli anni guarda il nuovo preziosissimo libro di Federico Vitella, Maggiorate. Divismo e celebrità nella Nuova Italia (Marsilio), che lo studioso (fiorentino d’adozione e docente all’Università di Messina) presenterà il 21 maggio al Gabinetto Vieusseux. Esplorando il divismo di Loren e Lollobrigida, ma anche di Silvana Pampanini, Silvana Mangano e molte altre, il libro getta una nuova luce su un’intera epoca. Perché le cosiddette «maggiorate» (così sono entrate nell’immaginario collettivo) incarnavano il volto rassicurante dell’Italia repubblicana e di quella fase in cui il Paese si rimetteva in moto dopo il trauma del fascismo e della guerra, prendendo la strada che porterà al miracolo economico e alla modernizzazione della società.

Sophia Loren, la Lollo e le altre: quando al potere c'erano le maggiorate

Chi erano le maggiorate?
«Erano innanzitutto donne di grande potere, che si facevano valere in un’industria cinematografica fortemente maschile e maschilista, tanto da incidere nelle scelte creative e manageriali dei film di cui sono protagoniste. Le maggiorate sceglievano partner e altri professionisti con cui lavorare, approvavano sceneggiature e titoli di film, aggiustavano i personaggi che interpretavano su di loro. Per non parlare delle paghe straordinarie strappate ai produttori: prendevano decine di milioni per film, pesando fino al 50% delle spese di produzione. Del resto, la loro presenza in un film poteva da sola garantire incassi straordinari, in città come in periferia. Essere una diva, per i produttori significava proprio questo: essere determinanti al botteghino».

Le maggiorate veicolavano per la prima volta nella società italiana immagini dalla carica erotica fortissima…
«Oggi fatichiamo a capire l’importanza di questo fatto, perché abituati alla pornografia di massa. Sono loro ad aver inaugurato la “sessualizzazione” dell’industria culturale, facendo sognare la generazione di uomini nati tra le due guerre. Racconti di sala, recensioni e perfino i galatei ci raccontano che le proiezioni dei film delle maggiorate scatenavano episodi di delirio collettivo. Del resto, sceneggiatori compiacenti si inventavano gli espedienti più improbabili per togliere loro i vestiti a favore della cinepresa e lasciarle in deshabillé: sono gli pseudo-spogliarelli. La semplice necessità di lavarsi o di cambiarsi d’abito diventava mezzo strategico per mettere in evidenza fisici opulenti in modo naturale, evitando così di incorrere nella censura».

Quali modelli di femminilità introdussero le maggiorate?
«Le storie di vita delle maggiorate, diffuse dai principali settimanali illustrati, veicolano modelli di femminilità assai avanzati, che fecero da esempio per le donne migrate dalla campagna alla città, all’insegna di una cultura che si declinava in più ambiti: la cura e l’igiene personale, il matrimonio d’amore, l’abitare in una casa moderna, il lavoro urbano femminile. È l’altra faccia della medaglia del divismo: se l’immagine filmica strizzava l’occhio alle dinamiche del desiderio maschile, le storie di vita raccontate dal gossip della stampa a grande diffusione facevano circolare nello spazio pubblico tipi di donne inediti per la società patriarcale del dopoguerra. Pensiamo solo al matrimonio d’amore. In Italia era ancora privilegio delle classi agiate, come si vede ad esempio in Due soldi di speranza di Renato Castellani, mentre loro stavano con chi amavano. Lollo sposò l’aitante sloveno Milko Skofic e rimase peraltro Lollobrigida, non Lollobrigida-Skofic. È lui che è passato alla storia come “il marito di Gina Lollobrigida”».

Le maggiorate erano anche dive da esportazione. All’estero divennero ambasciatrici dell’immagine che si voleva dare del nostro Paese…
«La diplomazia culturale delle maggiorate, fatta di eventi mondani, festival, mostre-mercato, ma anche di incontri con capi di stato del calibro di Eisenhower ed Elisabetta II, cancellò l’immagine virilista dell’Italia fascista, via via che l’amissione all’Unesco (1948), alla Nato (1949) e all’Onu (1955) sancivano la progressiva riabilitazione del Paese nel consesso internazionale. Le maggiorate venivano spedite al seguito delle delegazioni ufficiali delle “Settimana del cinema italiano”: rassegne di film nazionali organizzate nelle più grandi città del mondo per promuovere il cinema, ma anche il made in Italy e più generalmente la Nuova Italia repubblicana. In queste clamorose “ambascerie della bellezza”, le maggiorate servivano all’estero la res publica. Erano laiche e moderne icone di italianità, diciamo così, prêt-à-porter, di cui si approfittava cioè alla bisogna, non senza suscitare apprensioni e perplessità negli ambienti più conservatori. Con la piena complicità dell’industria culturale, ovviamente».

La newsletter

Se vuoi restare aggiornato sulle notizie di Firenze iscriviti gratis alla newsletter del Corriere Fiorentino. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui

17 maggio 2024 ( modifica il 17 maggio 2024 | 12:32)